Gli oceani sono in fiamme: il 90% del calore finisce nei nostri mari
L'articolo discute l'impatto devastante del riscaldamento globale sugli oceani, sottolineando che oltre il 90% del calore in eccesso intrappolato nell'atmosfera finisce nei mari. Questo fenomeno ha portato alla riduzione drastica della biodiversità marina e all'espansione termica degli oceani, contribuendo all'innalzamento del livello del mare. L'articolo evidenzia anche i rischi di un possibile collasso della Circolazione Meridionale Atlantica (AMOC), con conseguenze drammatiche per il clima europeo e globale.
Il riscaldamento globale non risparmia nessun angolo del nostro pianeta, neanche le profondità degli oceani. L’articolo di David Wallace-Wells “The vast, invisible effects of ocean warming“ pubblicato sul New York Times offre un’analisi cruda e dettagliata degli effetti devastanti che l’aumento delle temperature oceaniche sta avendo sugli ecosistemi marini e, di riflesso, su tutta la vita terrestre.
Un articolo molto interessante, che ci aiuta a riflettere sul pericolo a cui stiamo andando incontro.
David riprende la storia del “Greenland shark”, un antico abitante degli oceani che può vivere fino a 300 anni grazie alle fredde acque del Nord Atlantico, e ci ricorda quanto gli oceani siano stati un rifugio stabile per millenni.
Tuttavia, oggi la situazione è ben diversa: “più del 90% di tutto il calore in eccesso intrappolato nell’atmosfera dall’effetto serra finisce negli oceani”. Questo fenomeno non solo ha assorbito nove volte il riscaldamento globale rispetto alla terraferma, ma ha anche portato a conseguenze inimmaginabili per la vita marina.
Quanto si sono riscaldati i mari: i numeri
Il riscaldamento degli oceani è un fenomeno globale con variazioni regionali significative. Dal 1971, gli oceani hanno assorbito oltre il 90% del calore in eccesso dovuto ai gas serra. La temperatura superficiale media è aumentata di circa 0,6°C nell'ultimo secolo, con un incremento di 0,11°C ogni decennio dal 1970.
Nel Mediterraneo, l'aumento della temperatura è stato di 0,026°C all'anno, ma dal 2011 la crescita è stata di 0,034°C all'anno. In particolare, tra i 150 e i 450 metri di profondità, si è registrato un riscaldamento di circa 0,6°C.
A livello globale, nel 2022, il contenuto di calore dell'oceano tra la superficie e i 2.000 metri di profondità è aumentato di circa 10 Zetta Joule (ZJ), equivalente a circa 100 volte la produzione mondiale di elettricità del 2021.
Gli effetti visibili sono numerosi e preoccupanti.
Come sottolineato da Wallace-Wells, “il 90% delle riserve mondiali di pesce marino è stato completamente sfruttato o sovrapescato”. Questo ha ridotto drasticamente la biodiversità marina e ha avuto un impatto devastante sulle comunità che dipendono dalla pesca per la loro sopravvivenza. Inoltre, il riscaldamento degli oceani ha portato a un’espansione termica che, insieme allo scioglimento dei ghiacci artici e antartici, sta contribuendo all’innalzamento del livello del mare.
Le conseguenze di questi cambiamenti sono già evidenti.
Nel gennaio scorso, oltre il 40% degli oceani del pianeta ha vissuto ondate di calore marine, fenomeni che potrebbero diventare permanenti entro la fine del secolo se il riscaldamento globale continua al ritmo attuale. Questo scenario minaccia direttamente la sopravvivenza delle barriere coralline, già messe a dura prova da temperature assimilabili a quelle delle vasche idromassaggio.
Questi delicati ecosistemi marini, che ospitano il 25% della vita marina e forniscono cibo e mezzi di sussistenza a un miliardo di persone, rischiano di essere completamente distrutti entro pochi decenni.
Wallace-Wells evidenzia anche il rischio di cambiamenti catastrofici nei grandi sistemi di circolazione oceanica, come il sistema di Circolazione Meridionale Atlantica (AMOC). Questo sistema, che trasferisce calore dai tropici verso l'Europa e la Groenlandia, è cruciale per mantenere stabili le temperature in queste regioni. Un suo collasso, previsto da alcuni studi tra il 2025 e il 2095, potrebbe abbassare le temperature medie in alcune parti dell'Europa di ben 15 gradi Celsius, con conseguenze disastrose per l'agricoltura e la vita quotidiana.
Nonostante gli sforzi per rassicurare l'opinione pubblica sulla stabilità di questi sistemi, il rischio di un loro collasso è aumentato notevolmente negli ultimi anni. Come sottolineato dal climatologo Stefan Rahmstorf, "non si tratta di essere sicuri al 100% o anche solo al 50% che l'AMOC supererà il suo punto di non ritorno in questo secolo. Il problema è che vorremmo essere sicuri al 100% che non lo farà". Purtroppo, la nuova ricerca ha elevato notevolmente questa stima di rischio, rendendo il futuro ancora più incerto.
Che cosa è la Circolazione Meridionale Atlantica (AMOC)
La Circolazione Meridionale Atlantica (AMOC) è un sistema di correnti oceaniche che trasporta acqua calda dai tropici verso il Nord Atlantico e acqua fredda dalle regioni polari verso sud. Questo sistema è essenziale per il clima globale e in particolare per quello dell'Europa occidentale. Le correnti di superficie, come la Corrente del Golfo, trasportano acqua calda dai Caraibi verso il Nord Atlantico, riscaldando l'aria sovrastante e contribuendo a un clima più mite in Europa.
Quando l'acqua calda raggiunge il Nord Atlantico, si raffredda e diventa più densa, affondando verso le profondità oceaniche in un processo chiamato "convezione profonda". L'acqua fredda e densa si sposta poi verso sud lungo i fondali oceanici, completando il ciclo di circolazione. Questo processo è fondamentale per mantenere stabile il clima terrestre, distribuendo calore e regolando le temperature globali.
Recenti studi indicano che l'AMOC potrebbe rallentare o collassare a causa del riscaldamento globale. L'aumento delle temperature superficiali e l'incremento del flusso di acqua dolce dai ghiacciai in fusione riducono la salinità e la densità dell'acqua, impedendo il normale affondamento nel Nord Atlantico. Questo scenario potrebbe avere conseguenze drammatiche: un rallentamento dell'AMOC potrebbe abbassare significativamente le temperature in Europa e destabilizzare i modelli meteorologici globali, provocando eventi climatici estremi.
In sintesi, l'AMOC è vitale per il nostro clima attuale. La sua possibile destabilizzazione rappresenta una delle minacce ambientali più gravi del nostro tempo, richiedendo azioni immediate per mitigare i cambiamenti climatici e proteggere questo delicato sistema.
Il problema, come evidenziato da Olive Heffernan, è che "per la maggior parte delle persone, gli alti mari sono un regno remoto, lontano dalla costa, che non abbiamo né la possibilità né il desiderio di visitare".
Questo atteggiamento di indifferenza verso ciò che accade lontano dalla nostra vista ha permesso di trascurare le gravi conseguenze del nostro impatto sugli oceani.
Anche con il trattato ONU firmato lo scorso anno, che mira a proteggere il 30% degli oceani entro il 2030, solo l'1% delle acque mondiali è attualmente protetto.
Di fronte a questi dati allarmanti, l'Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile dell'ONU ci offre una guida per affrontare queste sfide. Gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs), in particolare l'Obiettivo 14 "La vita sott'acqua", ci invitano a conservare e utilizzare in modo sostenibile gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile. Tuttavia, i progressi sono lenti e le sfide sono immense.
L’obiettivo 14 dello sviluppo sostenibile
Goal 14: Conservare e utilizzare in modo sostenibile gli oceani, i mari e le risorse marine per lo sviluppo sostenibile
1. Ridurre l'inquinamento marino: Entro il 2025, prevenire e ridurre in modo significativo l'inquinamento marino di tutti i tipi, in particolare proveniente dalle attività terrestri, inclusi i detriti marini e l'inquinamento da nutrienti.
2. Proteggere gli ecosistemi marini e costieri: Entro il 2020, gestire e proteggere in modo sostenibile gli ecosistemi marini e costieri per evitare impatti negativi significativi, anche rafforzando la loro resilienza, e agire per il loro ripristino al fine di avere oceani sani e produttivi.
3. Ridurre l'acidificazione degli oceani: Minimizzare e affrontare gli impatti dell'acidificazione degli oceani, anche attraverso una maggiore cooperazione scientifica a tutti i livelli.
4. Sostenere la pesca sostenibile: Entro il 2020, regolamentare efficacemente la raccolta e porre fine alla pesca eccessiva, alla pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata e alle pratiche di pesca distruttive, e attuare piani di gestione basati sulla scienza, al fine di ripristinare le popolazioni ittiche in tempi brevi almeno ai livelli che possano produrre il rendimento massimo sostenibile.
5. Conservare almeno il 10% delle aree marine e costiere: Entro il 2020, conservare almeno il 10% delle aree costiere e marine, in conformità con le leggi nazionali e internazionali e basate sulle migliori informazioni scientifiche disponibili.
6. Proibire le sovvenzioni alla pesca dannose: Entro il 2020, proibire alcune forme di sovvenzioni alla pesca che contribuiscono alla pesca eccessiva, eliminare le sovvenzioni che contribuiscono alla pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata e astenersi dall'introdurre nuove sovvenzioni di questo tipo, riconoscendo che un trattamento speciale e differenziato appropriato ed efficace per i paesi in via di sviluppo e i paesi meno sviluppati deve essere parte integrante del negoziato per le sovvenzioni alla pesca dell'Organizzazione Mondiale del Commercio.
7. Aumentare i benefici economici dei piccoli Stati insulari in via di sviluppo: Entro il 2030, aumentare i benefici economici per i piccoli Stati insulari in via di sviluppo e i paesi meno sviluppati dall'uso sostenibile delle risorse marine, inclusa la gestione sostenibile della pesca, dell'acquacoltura e del turismo.
8.Rafforzare la scienza, la tecnologia e l'innovazione marina: Aumentare le conoscenze scientifiche, sviluppare la capacità di ricerca e trasferire la tecnologia marina, tenendo conto dei criteri e delle linee guida della Commissione Oceanografica Intergovernativa per il trasferimento della tecnologia marina, al fine di migliorare la salute degli oceani e di aumentare il contributo della biodiversità marina per lo sviluppo dei paesi in via di sviluppo, in particolare dei piccoli Stati insulari in via di sviluppo e dei paesi meno sviluppati.
9. Accedere alle risorse marine e ai mercati per i pescatori artigianali: Fornire l'accesso dei piccoli pescatori artigianali alle risorse marine e ai mercati.
10. Implementare il diritto internazionale del mare: Rafforzare la conservazione e l'uso sostenibile degli oceani e delle loro risorse implementando il diritto internazionale, come riflesso nella Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare, che fornisce la base legale per la conservazione e l'uso sostenibile degli oceani e delle loro risorse, come richiamato nel paragrafo 158 del "Futuro che vogliamo".
La situazione attuale richiede un cambiamento radicale nel nostro approccio alla gestione degli oceani.
È necessario implementare misure più rigorose per ridurre l'inquinamento marino, combattere la pesca eccessiva e proteggere gli ecosistemi marini vitali. Dobbiamo anche intensificare gli sforzi per ridurre le emissioni di gas serra e limitare il riscaldamento globale per evitare il punto di non ritorno per molti dei nostri sistemi climatici vitali.
In conclusione, il riscaldamento degli oceani rappresenta una delle sfide più grandi e invisibili del nostro tempo. Le sue conseguenze sono vastissime e minacciano non solo la vita marina, ma l'intero equilibrio climatico del pianeta e, di riflesso, la nostra stessa sopravvivenza. È essenziale che la comunità internazionale prenda coscienza di questa realtà e agisca con decisione per proteggere i nostri oceani e garantire un futuro sostenibile per tutte le forme di vita sulla Terra.
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