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"Gli ingegneri per lo sviluppo sostenibile di Napoli Città Metropolitana": abstract dal seminario del 31 gennaio

L’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Napoli - presieduto da Edoardo Cosenza - ha organizzato venerdì 31 gennaio 2020 un seminario multidisciplinare su un tema di rilevante attualità: “Gli ingegneri per lo sviluppo sostenibile di Napoli Città Metropolitana”.
SSede dei lavori: l'aula del Consiglio Regionale della Campania.
A portare i saluti del Presidente e dell'intero Consiglio, l'Ingegner Sergio Burattini, Coordinatore del Dipartimento "Costruzioni-Energia-Ambiente" dell'Ordine degli ingegneri di Napoli. Ingenio Napoli pubblica alcuni abstract delle relazioni presentate.

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L’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Napoli - presieduto da Edoardo Cosenza - ha organizzato venerdì 31 gennaio 2020 un seminario multidisciplinare su un tema di rilevante attualità: “Gli ingegneri per lo sviluppo sostenibile di Napoli Città Metropolitana” (vedere programma qui in alto).
Sede dei lavori: la sala del Consiglio Regionale della Campania.
A portare i saluti del Presidente e dell'intero Consiglio, l'Ingegner Sergio Burattini, Coordinatore del Dipartimento "Costruzioni-Energia-Ambiente" dell'Ordine degli ingegneri di Napoli, nella foto qui in basso, durante il suo intervento.

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Il Seminario di venerdì 31 gennaio è stato il primo evento pubblico promosso dall’associazione Osservatorio regionale per lo studio dell'Economia Civile (presieduto dalla Consigliera regionale Maria Antonietta Ciaramella). Ai lavori dell’Osservatorio prende parte, su delega del Presidente Edoardo Cosenza, l’Ingegner Domenico Salierno, Vice Coordinatore della Commissione Trasporti dell’Ordine.
Ed ecco il servizio dedicato all'incontro dal TgR Campania, messo in onda mercoledì 5 febbraio.



Di seguito Ingenio Napoli pubblica alcuni abstract delle relazioni presentate.

Prof. Ing. Andrea PROTA (Consigliere Segretario dell’Ordine degli ingegneri della Provincia di Napoli) - Ing. Stefano IAQUINTA (Coordinatore della Commissione Strutture dell’Ordine degli Ingegneri di Napoli), Tecniche tradizionali ed innovative per la riduzione della vulnerabilità sismica del patrimonio edilizio

I danni rilevanti osservati dopo i recenti terremoti hanno confermato la necessità di intervenire per migliorare la risposta sismica degli edifici, specie nei centri storici evidentemente caratterizzati da manufatti più vulnerabili alle azioni orizzontali. Le tremende immagini sono ancora vivide nei nostri ricordi, rappresentazioni di numerosi paesi, spesso piccoli capolavori di architettura ed urbanistica dei secoli passati, gravemente lesionati e a volte completamente devastati. Se, però, da un lato la importanza nella conservazione del carattere tipologico dei centri storici italiani, diventa un aspetto di fondamentale rilievo, in quanto testimonianza di civiltà del passato e documento di cultura urbana, tuttavia a volte tale aspetto può introdurre significative complessità nella definizione di adeguati interventi da mettere in atto per la salvaguardia di tali strutture.
Partendo da queste premesse, al fine di orientare nella scelta di tecniche di intervento atte a ridurre la vulnerabilità dello straordinario patrimonio edilizio che rappresenta la bellezza di tanti borghi e città italiane, si mostreranno dapprima le criticità tipiche degli edifici sia storici che moderni che caratterizzano il costruito urbano e nello specifico della città metropolitana di Napoli e si mostreranno poi i criteri e metodi sia tradizionali che innovativi atti a sanarle, dando indicazioni per la prevenzione, pianificando gli interventi al fine di limitarne gli effetti distruttivi dei futuri eventi sismici.
Dopo un breve excursus sulla classificazione tipologica strutturale definita dal comportamento sismico rilevato di alcune tipologie costruttive tipo, si mostreranno le tecniche d’intervento, più idonee per il consolidamento, differenziandole per quelli in muratura ed in c.a., individuate con riferimento alla tipologia della costruzione e ai dissesti, con la priorità di salvaguardarne gli aspetti che ne conferiscano l’unicità; pertanto, in accordo con le prescrizioni imposte dalle normative vigenti in materia di adeguamenti strutturali, sarà posta attenzione a quelle tecniche più consone che aumentino la capacità strutturale non stravolgendone l’organismo, al punto di perderne l’originale conformazione. Si mostrerà, per gli edifici in muratura, come sia fondamentale per una corretta valutazione del comportamento sismico globale della struttura, ad esempio, l’osservazione della qualità dei collegamenti, in particolar modo degli incroci murari, siano essi cantonali che martelli murari, e della struttura portante con gli orizzontamenti, sia intermedi che di copertura. Interventi mirati che migliorino il comportamento locale ed evitino l’innesco di cinematismi “di primo modo”, piuttosto che interventi globali invasivi, saranno da favorire poiché non stravolgono gli aspetti costruttivi dell’apparato murario originario e poiché facilmente riconoscibili e distinguibili dai manufatti originari, assicurando una loro eventuale reversibilità e una più agevole rimozione.
Un approccio della sicurezza strutturale intesa, quindi, come identificazione e rivalutazione in senso strutturale delle caratteristiche costruttive originarie delle costruzioni, ricorrendo ove possibile a interventi di minima entità e di minimo impatto.
Per le strutture in c.a., si mostrerà come l’inadeguato livello di sicurezza offerto nei confronti delle azioni sismiche sia riconducibile a molteplici aspetti quali: armatura trasversale carente; mancanza di cura nei dettagli costruttivi; e progettazione per soli carichi verticali o con riferimento a prescrizioni sismiche di vecchia concezione. La quasi totalità delle strutture esistenti intelaiate in c.a., infatti, è stata, progettata in assenza di criteri di gerarchia delle resistenze ed esibiscono, perciò, un comportamento sismico caratterizzato dall'innesco prematuro di meccanismi di crisi di tipo fragile che ne limitano la sicurezza sismica strutturale. Di qui la necessità di proporre tecniche di rinforzo strutturale di tipo locale e/o globale, attesa l'influenza di meccanismi di crisi di tipo fragile sulla capacità sismica globale degli edifici esistenti.
Particolare risalto sarà dato a tecniche tradizionali, lato capacità, sia in acciaio che con materiali innovativi per il miglioramento di strutture in muratura che cemento armato, con eventuale raffronto con “sistemi” di rinforzo tipo CAM, oppure, lato domanda, utilizzando tecniche di protezione passiva quali l’isolamento sismico alla base o intermedio con masse accordate (TMD) e la dissipazione energetica.
In estrema sintesi si mostrerà come, con una regolare manutenzione strutturale, (individuazione dei punti deboli delle strutture) e appropriati interventi mirati, anche tarati su opportuni modelli di calcolo, si potrebbe mettere in atto un processo virtuoso che, nell’ambito di normali competenze istituzionali e senza richiedere risorse umane e finanziarie speciali, ma puntando ad una ottimizzazione dell’impiego delle risorse disponili, consenta di raggiungere reali e concreti risultati in termini di mitigazione del rischio, salvaguardando il patrimonio edilizio che caratterizza il nostro tessuto urbano, sfruttando, gli strumenti previsti dal Sisma Bonus e pianificando nel modo opportuno le operazioni da realizzare su scala cittadina, regionale e nazionale al fine di poter ridurre il rischio in modo diffuso, evitando così di concentrare gli sforzi solo ed inutilmente su pochi edifici. 



IL TERRITORIO, TRA CARATTERI FISICI, INFRASTRUTTURE E BENI CULTURALI (A SCALA METROPOLITANA)

Prof. Ing. Francesco PIROZZI, Lo stato ambientale dei suoli e delle acque nell’area metropolitana di Napoli: implicazioni sullo sviluppo del territorio

Lo stato dei suoli e delle acque di falda nell’area metropolitana di Napoli è stato, negli ultimi anni, uno dei temi che ha maggiormente interessato e coinvolto l’opinione pubblica locale, preoccupata dei possibili effetti sulla salute determinati dai numerosi ritrovamenti di rifiuti smaltiti in modo illegale o, comunque, inappropriato.
Tali preoccupazioni, seppur comprensibili alla luce delle cattive esperienze vissute direttamente dai cittadini (si pensi ai drammatici periodi della cosiddetta emergenza rifiuti), non sono giustificabili alla luce né dei dati inizialmente utilizzati per l’analisi della situazione, dal valore scientifico non conclamato, né tantomeno delle informazioni raccolte in prima battuta, in maniera tutt’altro che sistematica. Tuttavia la diffusione di tali dati e informazioni ha avuto la conseguenza di: esaltare l’allarme tra la popolazione; dare luogo a chiavi di lettura molto preoccupanti dei fenomeni di contaminazione; deprimere le attività economiche; compromettere le possibilità di sviluppo del territorio.
Le indagini specificamente avviate negli ultimi anni, con il coinvolgimento dei principali Enti deputati al controllo del territorio e delle Istituzioni di ricerca, cominciano a delineare un quadro più oggettivo della situazione, che consentono di cominciare a distinguere quelle che sono le aree maggiormente compromesse, bisognevoli di interventi urgenti ed improcrastinabili, da quelle che sono le zone in cui può ritenersi che siano state poco significative, o addirittura nulle, le alterazioni delle caratteristiche originarie delle componenti ambientali acqua e suolo.

Ing. Domenico SALIERNO, LA LINEA 10 DELLA METROPOLITANA DI NAPOLI CERNIERA DEL SISTEMA INTERMODALE PER LA MOBILITA’ SOSTENIBILE NELL’HINTERLAND DI NAPOLI

L’ intervento oggetto della presente trattazione è :
    •    collegamento in sede propria tra la stazione “Napoli Afragola” dell’alta velocità e la rete metropolitana di Napoli (definito anche intervento Linea 10);
La pianificazione della Regione Campania nel settore dei trasporti è contenuta nel “Piano Direttore della mobilità regionale” che individua come prioritari i seguenti obiettivi:
    -    perseguire il riequilibrio modale puntando soprattutto sul completamento del Sistema di Metropolitana Regionale “SMR”;
    -    realizzare e migliorare l’interconnessione delle reti a livello locale, elevando la qualità dei servizi.
L’ infrastruttura in questione rientra proprio nel piano di completamento del Sistema di Metropolitana Regionale in quanto finalizzato ad offrire nuove opportunità di trasporto per il soddisfacimento della domanda di mobilità.
L’Area di Progetto relativa all’intervento è costituita dai seguenti Comuni (i dati di popolazione riportati sono riferiti ai residenti al 1 Gennaio 2017, fonte ISTAT):
    •    Napoli, 970.085 abitanti;
    •    Casoria, 77.319 abitanti;
    •    Casavatore, 18.737 abitanti;
    •    Afragola, 64.558 abitanti.
L’intervento prevede la realizzazione di un collegamento ferroviario di tipo metropolitano tra la stazione dell’alta velocità di Afragola e la rete metropolitana di Napoli.
A partire dalla stazione di testa di Afragola si sta valutando il tracciato che connetterà quest’ultima sia con la linea RFI Villa Literno-Aversa-Napoli che con le linee 1 e 2 della rete metropolitana di Napoli.
Inoltre una valutazione economico-trasportistica, nell’ambito del Progetto di fattibilità, consente di definire il tipo di tracciato, il sistema di trasporto da utilizzare (metropolitana pesante o leggera), le connessioni con le altre linee, le stazioni, i servizi e gli eventuali stralci funzionali prioritari

Obiettivi del progetto sono:
    •    aumento dell’estensione della rete ferroviaria metropolitana regionale,
    •    aumento delle fermate e delle stazioni ferroviarie;
    •    aumento dell’offerta di servizi ferroviari metropolitani per il collegamento di alcuni comuni dell’hinterland a nord con i servizi ferroviari di Alta  velocità;
    •    aumento di viaggiatori sui servizi di trasporto pubblico [passeggeri/anno]
    •    riduzione del traffico veicolare privato [veic. Eq x km /anno].

La vicinanza fisica dello scalo aereoportuale di Capodichino, sito sul confine nord di Napoli, e la detta stazione ferroviaria, posta nel cuore dell’hinterland, induce a fare alcune riflessioni sulle possibili ricadute positive derivanti dal collegamento di tipo ‘metropolitana’ tra le due stazioni e lo sviluppo dell’area nord della Città Metropolitana.
In altri termini la realizzazione di tale linea appare ad oggi l’unica strada per la programmazione più concreta con cui un’area dallo sviluppo urbanistico caotico, vittima di un crescente degrado nel corso degli ultimi 60 anni e della mancata riconversione industriale degli opifici realizzati nell’immediato 2° dopoguerra, possa trovare delle opportunità di ripresa e di riqualificazione sia urbanistica e sia del tessuto commerciale e sociale.

Ing. Vincenzo CALVANESE, Tutela, messa in sicurezza e restauro del patrimonio archeologico dell’area metropolitana e vesuviana: un volano di crescita per il territorio

Nella relazione in oggetto si cercherà di dimostrare come un intervento di per sé a carattere straordinario e preordinato alla tutela e conservazione di un sito archeologico patrimonio dell’Unesco, l’antica città di Pompei, interessata dal finanziamento europeo per la salvaguardia ed il rilancio del sito comunemente denominato Grande Progetto Pompei, possa costituire non solo una buona pratica di restauro e di impegno di fondi pubblici, ma che le conseguenze di un tale intervento, per la prima volta a carattere estensivo sull’intera porzione già scavata dell’antica città vesuviana, possano riguardare anche un sistema di integrazione e sviluppo con il territorio circostante, costituendo volano di crescita e di sviluppo, in termini di turismo sostenibile e crescita consapevole dell’economia del circondario.
Pur partendo da un istanza di tutela e di salvaguardia dell’inestimabile patrimonio di Pompei, il Grande Progetto ha interessato, in maniera integrata e multidisciplinare, poliedrici aspetti relativi al sito archeologico: dalla conoscenza (con un piano ad hoc di rilievo, documentazione ed archiviazione informatizzata dell’enorme mole di dati raccolti), alla gestione (consentendo di implementare personale specializzato e maestranze altamente formate per gli interventi di pulizia, decoro e manutenzione ordinaria, oltre al personale per la gestione, custodia delle singole domus), alla messa in sicurezza e restauro (con il piano delle opere, che ha interessato, per la prima volta, l’intera superficie del sito archeologico, consentendo interventi estensivi di manutenzione e restauro strutturale, volti alla salvaguardia della materia archeologica ed alla conservazione delle superfici decorate, oltre alla realizzazione di progetti di restauro mirato e completo di singole domus ritenute meritevoli di attenzioni dirette), alla sicurezza (con un progetto integrato di revisione e completamento delle recinzioni perimetrali, di nuova illuminazione e di videosorveglianza e wi-fi estesi all’intero sito), ed infine alla fruizione (con un sistema integrato di opere, azioni ed interventi finalizzati alla modernizzazione dell’offerta ai turisti, all’accessibilità per i disabili ed i non vedenti, a ricostruzioni con realtà virtuale e plastico tridimensionale per garantire al visitatore una conoscenza più consapevole del sito archeologico).
Nell’ambito di tale articolato e complesso insieme di azioni ed interventi, la figura degli ingegneri si inserisce in maniera sinergica e complementare, indispensabile al pari di molte altre professionalità, in tutti quegli aspetti specifici della relativa competenza: aspetti principalmente strutturali e di consolidamento, ma anche aspetti geotecnici, impiantistici, gestionali, di sicurezza solo per citare i principali.
Il riconosciuto successo del Grande Progetto Pompei è stato acclarato anche in conseguenza dell’identificazione di un lavoro di team, superbamente guidato dall’attuale Direttore Generale del Parco archeologico di Pompei, Prof. Massimo Osanna e dai diversi Direttori Generali del Grande Progetto, a partire dal Gen.cc. Giovanni Nistri, attuale Comandante Generale dell’arma dei Carabinieri: la multidiciplinarità della “squadra di lavoro” composta da archeologi, architetti, ingegneri, restauratori, archeozoologi, vulcanologi, esperti di diagnostica e delle diverse discipline di volta in volta interessate, ha fatto sì che le valutazioni e le scelte – dalla fase progettuale, a quella determinante della realizzazione in cantiere – fossero, caso per caso, sottoposte alle considerazioni dei singoli e poi comparate dai diversi esperti con specifiche competenze, ognuno per la propria specializzazione, fino all’individuazione delle soluzioni migliori, volta per volta, e visti i dati di partenza.

Prof. Ing. Marco DI LUDOVICO (Coordinatore commissione speciale Sicurezza delle Facciate dell'Ordine degli ingegneri di Napoli), La cultura della sicurezza per il costruito storico tra teoria e prassi

Diversi e, purtroppo sempre più frequenti, incidenti, correlati alla scarsa manutenzione e sicurezza del costruito, hanno riproposto all’attenzione dell’opinione pubblica la necessità di tenere sotto controllo lo stato di conservazione del patrimonio edilizio esistente. È noto che gran parte del costruito esistente in Italia ha ormai raggiunto un’età superiore ai 50 anni e che le facciate degli edifici, costantemente sottoposte nel tempo a diversi fattori di degrado, necessitino in molti casi di urgenti interventi di manutenzione. La città di Napoli è inoltre caratterizzata da un consistente patrimonio edilizio storico, che contraddistingue gran parte del centro abitato e che spesso si presenta degradato e più vulnerabile.
Al fine di prevenire ed inibire imminenti processi di dissesto (distacco/crollo di porzioni strutturali e/o non strutturali), garantire protezione nei confronti delle azioni del tempo e preservare l’aspetto esteriore delle facciate degli edifici urge, pertanto, innescare un processo virtuoso di messa in sicurezza del costruito fondato sulla conoscenza del patrimonio storico-architettonico e sulla definizione di un accurato piano di manutenzione programmata. In tale contesto, l’innovazione tecnologica può rappresentare la chiave di volta per coniugare in maniera efficace sempre più imprescindibili requisiti di sicurezza e di conservazione del costruito esistente.


PROBLEMI AMBIENTALI, INFRASTRUTTURE DI TRASPORTO E PATRIMONIO ARCHITETTONICO (LA SCALA URBANA)

Prof. Ing. Massimo RAMONDINI, Il recupero del sottosuolo di Napoli: messa in sicurezza e funzioni sostenibili

L’articolata conformazione morfologica e geologica del contesto urbano della città di Napoli ha comportato, sin dall’antichità, uno sviluppo urbanistico che ha interessato parallelamente il sovrassuolo ed il sottosuolo. Quest’ultimo, caratterizzato dalla formazione del Tufo Giallo è stato progressivamente utilizzato sia come cava di prestito per la realizzazione di manufatti sia per la realizzazione di infrastrutture di varia natura (acquedotti, cisterne, parcheggi, gallerie stradali e ferroviarie), che nel tempo hanno anche mutato la destinazione d’uso. Purtroppo nel tempo la manutenzione del sistema caveale è andato via via riducendosi e solo a partire dalla fine degli anni ‘90 l’Amministrazione Comunale ha cercato aggiornare lo stato delle conoscenze sul sottosuolo, fermo in precedenza alle ricerche eseguite dalla comunità Geotecnica Napoletana nel 1967. I dati raccolti hanno restituito in molti casi un quadro abbastanza critico dello stato delle cavità censite, che, peraltro, copre solo in parte il reale sviluppo ipogeo cittadino.
Le conseguenze di tale situazione è sotto gli occhi di tutti: voragini e sprofondamenti sono quasi all’ordine del giorno, trasformando quello che potrebbe essere un immenso patrimonio urbanistico e culturale in un problema sociale di dimensioni significative.
La realizzazione di una banca sui dati geotecnici del sottosuolo, unitamente ad un censimento organico dello “stato di salute” delle cavità presenti nel sottosuolo urbano e la definizione di un protocollo di monitoraggio nel tempo delle loro condizioni potrebbe rappresentare un percorso virtuoso per una gestione moderna del patrimonio ipogeo della città di Napoli

Prof. Ing. Fabio MURENA, Inquinamento atmosferico a Napoli: osservazioni per uno sviluppo sostenibile

La qualità dell’aria costituisce una delle principali problematiche ambientali dell’area urbana di Napoli. I dati forniti dalle centraline ARPAC ci dicono di alcuni superamenti dei limiti di legge. In realtà la situazione è più complessa e probabilmente più critica perché il tessuto urbano di Napoli è costituito in larga parte da arterie caratterizzate da un rapporto altezza degli edifici/ larghezza della sede stradale molto elevato, che determina un accumulo degli inquinanti e che non è monitorato dalle stazioni fisse. Inoltre, già da diversi anni la città ha visto un notevole sviluppo turistico che ha modificato le principali forzanti antropiche: traffico veicolare, attività commerciali, emissioni navali e aeroportuali con un impatto anche sulla qualità dell’aria. Vengono riportati i risultati di alcune indagini sperimentali e modellistiche relative all’impatto delle emissioni veicolari, delle attività di ristorazione e delle emissioni navali che forniscono indicazioni utili per uno sviluppo sostenibile della città.

Prof. Ing. Maurizio GIUGNI, La vulnerabilità idraulica del territorio: gestione sostenibile delle flash floods urbane

Negli ultimi anni la progressiva espansione delle aree urbanizzate e il conseguente aumento delle superfici impermeabili, unitamente alle variazioni climatiche  - land use e climate change - hanno causato un significativo incremento del rischio d'inondazione in area urbana, sia per la maggiore frequenza e intensità degli eventi estremi che per il loro rapido accadimento (urban flash floods).
Tali fenomeni andrebbero affrontati, secondo la strategia idraulica tradizionale, realizzando sistemi di drenaggio urbano di sempre maggiori dimensioni. Oltre agli oneri finanziari, risulta, però, difficile oggi determinare standard progettuali adeguati in condizioni di incertezza legate all'impatto climatico e ai modelli di urbanizzazione. Vanno, quindi, privilegiati approcci innovativi per incrementare la resilienza delle aree urbane al rischio idraulico, mediante sistemi di drenaggio urbano sostenibili (Sustainable Urban Drainage Systems, SUDS) basati sui concetti di invarianza idrologica e idraulica, da conseguirsi per mezzo di una efficace combinazione di sistemi di intercettazione, infiltrazione e laminazione diffusi sul territorio urbano. Tali interventi possono assicurare, inoltre, interessanti benefici in termini di ecosystem services, con riferimento, ad esempio, alla regolazione del clima, alla conservazione ambientale dei corpi idrici, ai valori ricreativi.


Prof. Ing. Mario CALABRESE, Circolazione litoranea e trasporto solido nella baia di Bagnoli
con Margherita Ciccaglione, Mohammad Daliri, Mariano Buccino
L’area marina di Bagnoli Coroglio, ubicata nella parte occidentale della città di Napoli all’estremità orientale del Golfo di Pozzuoli, è antistante ad un sito post industriale di rilevante interesse nazionale e regionale per i livelli di rischio ambientale. Nei primi del ‘900 l’area venne identificata come sito chiave per l’industrializzazione del paese e nei decenni successivi vide la nascita di grandi impianti industriali con attività diversificate dal siderurgico, alla produzione del cemento a quella dell’amianto (Italsider poi ILVA, Cementir, Eternit). Nel 1930, l’aumento della produttività dell’impianto siderurgico e la crescente necessità di approvvigionamento di materie prime hanno portato alla costruzione di due lunghi pontili per consentire l’attracco di imbarcazioni di grosso tonnellaggio e nel periodo tra il 1962 e il 1964 parte del tratto compreso tra i due pontili è stato colmato dalla ITALSIDER SpA, in regime di concessione demaniale, alterando la naturale linea di costa. Tutti i suddetti impianti hanno cessato completamente le proprie attività negli anni Novanta del secolo scorso lasciando un pesante carico di inquinamento delle matrici ambientali della zona sia a terra sia a mare. Con la legge 388/00, il sito di Napoli Bagnoli-Coroglio è stato inserito tra i siti di interesse nazionale (SIN), successivamente perimetrato con Dm 31 agosto 200, e rappresenta ancora oggi uno dei siti europei dove risultano più urgenti interventi di bonifica e rigenerazione. Nel 2016, la Stazione Zoologica “Anton Dohrn” (SZN), attraverso il progetto di ricerca dal titolo: Sperimentazioni Pilota Finalizzata al “Restauro Ambientale e Balneabilità del SIN Bagnoli-Coroglio” (acronimo ABBaCo), finanziato dal MIUR con delibera CIPE n.71/2016, ha avviato, anche allo scopo di identificare possibili soluzioni scientifiche per il recupero ambientale delle zone degradate, una serie di indagini e studi pilota sull’intera area. I risultati di ABBaCo sono anche di riferimento per la formazione del programma di risanamento ambientale e riqualificazione urbana dell’area (PRARU) di cui INVITALIA è soggetto attuatore.
Nelle attività previste in ABBACO, la SZN ha coinvolto alcune delle Università e dei Centri di ricerca più attivi in ambito locale e nazionale nel campo della ricerca ambientale e della valutazione del rischio.
Il restauro ambientale della linea di costa - con la demolizione della colmata e di tre dei quattro pontili esistenti, la bonifica e il ripascimento dell’arenile con la ricostituzione della spiaggia di Bagnoli – e dei fondali della baia sono alcuni degli obiettivi principali del progetto. In tale ottica nel maggio 2017 la SZN ha stipulato una convenzione di ricerca con il Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale (DICEA) dell’Università Federico II di Napoli. Entrambe le strutture si prefiggono di integrare le proprie conoscenze al fine di rendere più efficienti e complete le ricerche volte alla caratterizzazione della baia marina del SIN Bagnoli-Coroglio, con particolare riferimento agli aspetti idro-ambientali e idro-morfodinamici dell’area costiera.
In particolare la convenzione suddivide le attività in tre punti principali: i) modellazione numerica dell’idrodinamica costiera e del trasporto sedimentario che caratterizzano il litorale nella sua configurazione attuale; ii) analisi numerica sulla diffusione e dispersione dei sedimenti marini (inquinati) a seguito di rimozione della cassa di colmata. iii) studio delle modifiche ai regimi di circolazione idrodinamica e di trasporto solido indotte da nuovi assetti della costa (rimozione della colmata, rimozione dei pontili/pennelli; realizzazione di un ripascimento). I risultati di tali attività sono riportati sinteticamente nell’articolo.


Prof. Ing. Renato LAMBERTI, Stato dell’arte sulle Linee metropolitane su ferro di Napoli

L’area metropolitana di Napoli primeggia in Italia per le preesistenze di infrastrutture ferroviarie di antica concezione ed in esercizio fin dai primi decenni del ‘900:
    Å|    Passante ferroviario Pozzuoli – Gianturco, con prolungamenti a Salerno e Villa Literno
    Å|    N° 3 linee Circumvesuviana (Sorrento, Nola – Baiano, Ottaviano – Sarno)
    Å|    N° 2 linee SEPSA per Torregaveta (Cumana, Circumflegrea)
    Å|    N° 4 funicolari (Chiaia, Centrale, Montesanto, Posillipo).
Per la prima volta, in applicazione del PRG del 1972, il “Piano Comprensoriale dei Trasporti” (giugno 1976) s’impegnò nel porre a sistema dette linee, inserendone di nuove e sviluppando i nodi di interconnessione. Sulla base di questa programmazione, oltre che l’ammodernamento/raddoppio delle linee esistenti, fu avviata la realizzazione delle nuove linee Vanvitelli – Garibaldi (Metropolitana Collinare), successivamente prolungata da Vanvitelli a Piscinola, Municipio – Mostra (LTR), nonché Casalnuovo – Poggioreale e San Giorgio a Cremano – Volla (integrazione della rete Circumvesuviana).
La problematica del sistema urbano su ferro in sede propria fu ripresa ed ulteriormente sviluppata con l’approvazione del “Piano comunale dei Trasporti” (marzo 1997), in supporto del nuovo PRG presentato nel 1994; questo Piano previde di perseguire una rete fortemente interconnessa composta dalle seguenti tratte metropolitane urbane:
    Å|    Linea 1 (già Collinare), prolungata a Piscinola per la chiusura di un anello di supporto dell’intero sistema
    Å|    Linea 2 (già passante ferroviario), con prolungamento del servizio a S. Giovanni a Teduccio (nuovo polo universitario)
    Å|    Linea 3, penetrazione urbana della Circumvesuviana a partire dall’area di Stadera/Poggioreale
    Å|    Linea 4, penetrazione urbana della Circumvesuviana a partire dall’area di Ponticelli/Barra
    Å|    Linea 5, penetrazione urbana della Circumflegrea a partire dall’area di Pianura/Soccavo
    Å|    Linea 6 (già LTR), con prolungamento ad ovest verso un nuovo deposito, posizionato a Campegna nell’area del vecchio “Arsenale” dell’esercito recentemente dismesso
    Å|    Linea 7, di nuova realizzazione per la connessione fra Cumana e Circumflegrea, attraverso Parco San Paolo e Monte Sant’Angelo
    Å|    Linea 8, al servizio dell’area di Bagnoli, che attraverso un nuovo tracciato interno a questa, a partire dalla stazione Bagnoli della Cumana si reinnesta a Mostra nella penetrazione urbana della stessa linea e la utilizza fino a Montesanto
    Å|    Linea 9, di collegamento fra le stazioni della linea 1 del Museo e dei Colli Aminei, passando per Capodimonte.
Allo stato attuale risultano completati i programmi relativi alle linee 2, 3, 4 e 5 (con lo stralcio della nuova stazione in galleria prevista in corrispondenza della a stazione “Quattro giornate” della Linea 1 ed in collegamento con la stessa), mentre sono interamente approvati e finanziati i progetti di completamento delle linee 1 e 6, per la quale si sono prefigurati prolungamenti, oltre il deposito di Campegna, per Coroglio – Bagnoli (in sostituzione della linea 8) e per Posillipo (Piazza San Luigi) e per la linea 7 (fino a parco San Paolo)
Di questi lavori in corso si darà più specifico conto nel seguito dell’intervento.


Prof. Ing. Aldo AVETA, Riqualificazione edilizia e restauro del patrimonio monumentale: motori di sviluppo economico e sociale di Napoli

Il tema del costruito storico, comprendente sia la riqualificazione dell’edilizia, in generale, che il restauro del patrimonio monumentale, nelle sue diverse connotazioni(architettura, archeologia, paesaggio storico urbano) è da qualche decennio oggetto di studi e ricerche, i cui esiti per la verità sono rimasti disattesi. Ciò si registra nonostante le straordinarie potenzialità, specificamente nell’ambito territoriale della città metropolitana di Napoli, che presenta caratteri, criticità e possibili soluzioni che renderebbero concreto lo sviluppo sostenibile delle comunità locali.
L’obiettivo del contributo consiste nell’evidenziare l’importanza di un approccio innovativo a tali problematiche, che riesca a mettere in rete le eccellenze del territorio, coniugando al contempo Conservazione e Sviluppo. Un approccio consapevole, che riesca ad esaltare le risorse culturali e fisiche, superando la logica del congelamento dello status quo ispirata da una politica  che non resti improntata ad anacronistici e passivi concetti vincolistici, ma esalti la valorizzazione del patrimonio di beni immobiliari, monumentali e non, che caratterizza realtà urbane e paesaggio nel territorio della Città metropolitana, considerandoli parte integrante ed irrinunciabile dei processi storici che hanno determinato le attuali realtà, e conseguentemente fattore strategico dello sviluppo economico, sociale e culturale delle comunità locali. Dunque, un fattore essenziale di tale sviluppo, ma anche elemento che potrà svolgere una funzione trainante solo se le strategie e le azioni per il miglioramento del contesto territoriale (attrezzature, infrastrutture, ecc.) saranno contestualmente affrontate.