Calcestruzzo Armato
Data Pubblicazione:

Gli IMPASTI CEMENTIZI in ITALIA nel primo novecento

Un percorso di conoscenza per la definizione di prassi conservative.

SOMMARIO
Lo studio è parte di una più ampia ricerca incentrata sulla conoscenza dei materiali che caratterizzano il patrimonio architettonico italiano della prima parte del XX secolo. Negli ultimi anni si sta diffondendo, infatti, una crescente attenzione verso tali architetture che racchiudono, nell'innovazione tipologica e tecnologica, il proprio significato culturale, ma che presentano rilevanti problematiche conservative proprio a causa dell'elevato livello di sperimentazione dei materiali utilizzati. In particolare, lo studio approfondisce gli aspetti riguardanti l'impiego degli impasti cementizi entro la Prima Guerra Mondiale e le patologie di degrado che li interessano, individuando suggerimenti procedurali che conducano verso scelte conservative rispettose dei valori culturali sottesi. L'ingente numero di architetture realizzate con impasti cementizi, che in un futuro non lontano potrebbero essere identificate come beni culturali, impone infatti di definire al più presto coerenti pratiche di restauro, fornendo uno strumento utile a progettisti e imprese per operare coerentemente sulle opere moderne.

1. INTRODUZIONE

1.1 Materiali innovativi nel primo Novecento

L’ampia ricerca è incentrata sulla conoscenza dei materiali che caratterizzano il patrimonio architettonico italiano realizzato nella prima parte del XX secolo [1], epoca che ha segnato le tappe fondamentali del processo di trasformazione socio-economica del Paese, soprattutto per lo sviluppo di nuove tecnologie e l’avvento di nuovi materiali per l'edilizia, tra cui gli impasti cementizi. Queste costruzioni risultano essere, infatti, una combinazione di influssi della cultura costruttiva tradizionale e della sperimentazione moderna, quest'ultima conseguente alla rivoluzione industriale e rivolta con fiducia ai materiali innovativi, alle loro possibilità di utilizzo e alla loro durabilità nel tempo.

In particolare, il conglomerato cementizio, accostato o meno al ferro, manifesta un'incredibile plasmabilità e facilità di lavorazione, peculiarità che ne garantiranno il successo e spingeranno sempre più verso la sperimentazione di questo materiale 'durevole', principalmente per la realizzazione di strutture ardite, in grado di superare le logiche costruttive possibili fino a quel momento.
Tuttavia, l’esaltata durabilità e resistenza dell'impasto cementizio, sia esso confluito in prodotti conglomeratici con funzione strutturale oppure in raffinati elementi decorativi, rivela attualmente i propri limiti.

Figura 1 – Immagini tratte dalla rivista “Il cemento” del 1904, raffiguranti un apparecchio brevettato dall'Harmon S. Palmer per la realizzazione in serie di blocchi in conglomerato cementizio, lavorati in superficie ad imitazione della pietra naturale
Figura 1 – Immagini tratte dalla rivista “Il cemento” del 1904, raffiguranti un apparecchio brevettato dall'Harmon S. Palmer per la realizzazione in serie di blocchi in conglomerato cementizio, lavorati in superficie ad imitazione della pietra naturale

1.2 L'obsolescenza delle architetture del XX secolo

Il tempo ha mostrato che gli edifici risalenti al XX secolo sono soggetti ad un processo di obsolescenza riconducibile da un lato ad un degrado materico e tecnologico, dall’altro ad una obsolescenza funzionale, laddove le tipologie di costruzioni erano strettamente connesse con funzioni d’uso rapidamente superate (come avvenuto, a puro titolo di esempio, per gli edifici dei bagni pubblici di inizio secolo, i sanatori antitubercolari e le colonie marine di epoca fascista o, più recentemente, le sale da cinema). Il degrado tecnologico è accresciuto dal fatto che molti di questi edifici, progettati ad inizio secolo, hanno subìto nel tempo un continuo adeguamento alle nuove esigenze, espresse sia sotto il profilo tecnico, che dei dettati normativi. Tali adeguamenti spesso sono stati eseguiti senza particolari cautele, poiché molti di questi fabbricati novecenteschi non erano (e talvolta neppure oggi sono) considerati beni da tutelare: troppo vicini sul piano temporale, solo recentemente cominciano ad essere oggetto di attenzione e si riconosce loro l’espressione di significati e valori rappresentativi di una stagione architettonica e culturale, meritevole di tutela per la trasmissione al futuro. In tale ottica, il cui fine è quello di garantire la conservazione nel tempo di questo patrimonio architettonico, si rende necessario individuare soluzioni appropriate (di restauro) da opporre alla ‘obsolescenza tecnologica’, che si manifesta con problemi legati ai materiali e alle tecniche costruttive: negli ultimi anni si registra una crescente attenzione verso tali architetture, che racchiudono, specificamente nei propri caratteri innovativi, un peculiare valore culturale, ma che scontano rilevanti problematiche conservative proprio in ragione dell'elevato livello di sperimentazione perseguito.
Obiettivo della ricerca è perciò quello di definire alcuni indirizzi procedurali per la manutenzione del patrimonio costruito del Novecento, individuando proposte operative per gli interventi e ponendo l'attenzione proprio sull'importanza che riveste la conoscenza dei materiali all'interno del progetto di restauro dell’ultimo secolo. Preme sottolineare che, in tale ambito, la metodologia del restauro deve affrontare, nella maggioranza dei casi, materiali e componenti costruttivi scaturiti da filiere produttive rapidamente rinnovate o soppiantate, per ragioni economiche, per il progresso tecnologico e normativo o per lo sviluppo di nuovi prodotti: questo rapidissimo e ininterrotto rinnovamento rende difficile ricondurre ogni materiale/prodotto ad un determinato processo produttivo e, inoltre, ci mette in difficoltà nella ‘riproduzione’ di materiali analoghi.

Figura 2 – Immagine tratta dal manuale 'La pratica del fabbricare: Parte I' di Carlo Formenti (1893), Milano U. Hoepli, tav. XLII, illustra gli ancoraggi della pietra artificiale alle strutture portanti.
Figura 2 – Immagine tratta dal manuale "La pratica del fabbricare: Parte I" di Carlo Formenti (1893), Milano U. Hoepli, tav. XLII, illustra gli ancoraggi della pietra artificiale alle strutture portanti.


La conoscenza di questi nuovi materiali, e quello che si potrebbe descrivere come una loro corretta ‘definizione’, costituisce pertanto uno dei primi problemi da affrontare, sia perché dalla natura di essi (e ciò vale in modo particolare per gli impasti cementizi) dipende il comportamento nel tempo ed il degrado, sia perché gli strumenti per giungere a tale conoscenza sono molteplici e disparati, difficili da scandagliare in mancanza di studi sistematici ed esaustivi [2].
Al fine di condurre un intervento duraturo e coerente con il materiale in opera, occorre, dunque, affrontare uno studio che ne permetta una conoscenza profonda: solo in questo modo si potranno fare operazioni rispettose dei valori racchiusi nel fabbricato, garantendo il prolungamento della sua esistenza. Gli studi che hanno già affrontato con sistematicità e ampiezza l'impiego del cemento negli interventi di restauro [3] e il degrado di questo materiale [4] costituiscono un solido riferimento e la testimonianza dell’interesse che questa tematica riveste.
Sulla base di queste premesse, è stata avviata una ricerca specificamente rivolta ad uno dei materiali ‘simbolo’ del rinnovamento architettonico del XX secolo, studiandolo in modo particolare sotto il profilo degli impasti, che hanno avuto forti variazioni in ordine agli scopi per cui dovevano essere impiegati. Entro il quadro più generale dell'evoluzione storica, tecnica e costruttiva del patrimonio architettonico nel primo Novecento, si ritiene che l'analisi dei processi di obsolescenza dei materiali e delle soluzioni tecnologiche novecentesche, unitamente al riconoscimento dei degradi maggiormente diffusi, possa fornire un utile contributo per la precisazione del quadro conoscitivo entro cui ci muoviamo.
Per quanto riguarda gli orientamenti progettuali relativi alla conservazione degli impasti cementizi novecenteschi, ad oggi la normativa non fornisce indirizzi utili al progettista (e peraltro la codifica normativa, o comunque di indirizzo, non può che essere la conseguenza di conquiste già maturate sotto il profilo culturale e delle possibilità operative): la conservazione dei materiali novecenteschi resta dunque affidata alla sensibilità del professionista e del committente, che spesso sono obbligati a dare soluzione a situazioni di forte degrado, anche in condizioni di urgenza. Ad essi, sollecitando comunque la consapevolezza che in diversi casi è necessario operare secondo criteri metodologici del vero e proprio restauro, si cercherà di fornire suggerimenti procedurali per affrontare le problematiche rilevanti che affliggono le parti cementizie negli edifici risalenti al primo Novecento.

NELL'ARTICOLO COMPLETO:

2. IL PERCORSO DI CONOSCENZA DEGLI IMPASTI CEMENTIZI
2.1 L'indagine storica
2.2 L'analisi dei casi studio


3. PROSPETTIVE DI RICERCA
 

Memoria tratta dagli atti delle GIORNATE AICAP 2014, Bergamo 22-24 maggio 2014

Articolo integrale in PDF

L’articolo nella sua forma integrale è disponibile attraverso il LINK riportato di seguito.
Il file PDF è salvabile e stampabile.

Per scaricare l’articolo devi essere iscritto.

Iscriviti Accedi

Calcestruzzo Armato

Aggiornamenti e approfondimenti sull'evoluzione dei materiali a base cementizia, normative pertinenti, utilizzi innovativi, sviluppi tecnici e opinioni di esperti.

Scopri di più