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Giustizia climatica: una nuova e urgente area di confronto tra diritto e scienza

Gli effetti sempre più devastanti e preoccupanti dei cambiamenti climatici rendono la questione delle emissioni di gas a effetto serra sempre più attuale e al centro delle politiche internazionali con forte crescita di contenzioni climatici.

Ma cosa è la giustizia climatica? Quali sono i principi e i limiti su cui si muove? Come può la scienza aiutare il sistema giustizia nei contenziosi climatici?


Cambiamenti climatici: ancora troppo pochi gli sforzi per ridurre la tendenza

Johan Rockström, uno dei più importanti scienziati del clima del mondo e direttore del Potsdam Institute for Climate Impact Research, ha denunciato: "Un aumento di 1,5°C non è un numero arbitrario, non è un numero politico. È un limite a scala planetaria e ogni frazione di grado in più è pericolosa per l’ecosistema". 

Che il fenomeno dell’innalzamento della temperatura sia causato dalle attività umane è un fatto oramai condiviso dalla comunità scientifica: la rivista “Environmental Research Letters” di ottobre 2021 ha pubblicato un articolo della Cornell University (Lynas et al., 2021) che ha analizzato un database di circa 90.000 articoli “peer-reviewed” pubblicati dopo il 2012, verificando che il 99,8% converge sulle cause antropiche. Pertanto, negare queste evidenze scientifiche non è un’opinione costituzionalmente accettabile all’interno del dibattito politico per l’individuazione delle misure da adottare.

Vastissima è, inoltre, la letteratura scientifica inerente gli studi sugli effetti ambientali, economici e sociali del cambiamento climatico che nel corso del tempo sono stati progressivamente qualificati come “gravi”, “preoccupanti” e “catastrofici”. Nel 2021 la Federazione degli Ordini Ingegneri del Veneto (FOIV) ha pubblicato un “position paper” riportando in modo sintetico ed organico uno stato dell’arte sulla attuale conoscenza di questo aspetto.

Tuttavia alla COP26 di Glasgow di novembre 2021, ultima conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, i governi mondiali hanno preso impegni di riduzione delle emissioni, fino alla neutralità ipotizzata da IPCC per il 2050, al di sotto delle aspettative. 

Pure la recente risoluzione dell’ONU del 28 luglio 2022 - basata su un testo simile adottato l'anno scorso dall’”Human Rights Council”, che ha invitato gli Stati, le organizzazioni internazionali e le imprese a intensificare gli sforzi per garantire un ambiente sano per tutti, è passata inosservata in Italia dove l’attenzione è rivolta prevalentemente alla crisi economica dovuta alla guerra tra Russia e Ucraina e alle imminenti elezioni nazionali.

 

La giustizia climatica

In questo articolato panorama, a partire dalla fine degli anni ’90 si inizia a parlare di giustizia climatica (climate justice). Una delle prime fonti è attribuibile alla “Corporate Watch Group”, la quale nel 1999 pubblica un rapporto dal titolo “Gangsters vs. Climate Justice” (Bruno et al., 1999) sugli affari illeciti delle società petrolifere. In questo documento il termine di giustizia climatica è associato, in modo generico, alla rimozione delle cause dei cambiamenti climatici.

Oggi giorno il termine assume ancora una formula politica che racchiude al suo interno molteplici questioni tra loro strettamente connesse tra cui aspetti sociali (climate equity), finanziari (climate finance), tecnici (climate neutrality), etici (climate ethics) e giuridici (climate change litigation). La presente memoria cerca di rivolgersi prevalentemente a quest’ultimo aspetto.

La debolezza delle risposte da parte della politica ha spinto alcune formazioni sociali organizzate (soprattutto ambientaliste) ad agire in giudizio, per far dichiarare la responsabilità dello Stato, o dell’impresa, che non ha – stando all’ipotesi – intrapreso una credibile azione di contrasto alle emissioni di gas a effetto serra. 

Secondo osservatori internazionali come il “Climate Change Litigation Data Base” del “Sabin Centre for Climate Change Law” sono centinaia a livello internazionale i contenziosi climatici. In Italia è da ricordare, quanto meno per l’altisonante nome, la causa contro lo stato italiano denominata “Giudizio universale”, pendente dinanzi al Tribunale civile di Roma. 

Il crescente protagonismo delle Corti (nazionali e internazionali) nel settore del cambiamento climatico solleva naturalmente una questione di rilievo costituzionale rispetto al principio della separazione dei poteri. Dovrebbe, infatti, in linea di principio essere il potere legislativo a definire le politiche ambientali, dunque anche climatiche, di ogni paese.

Ciò peraltro deve avvenire nel quadro e nel rispetto dei Trattati internazionali e dei principi generali del diritto internazionale e costituzionale, la cui violazione può essere oggetto di intervento da parte delle Corti.

Come è stato sottolineato in un recente volume sul “diritto del clima” (Butti e Nespor, 2022) “la letteratura costituzionale più recente ritiene in prevalenza che, nella maggior parte delle situazioni, i casi ‘climatici’ proposti alle Corti non comportino invadenze nella sfera riservata alla politica, in quanto gli standard invocati di fronte alle Corti e da queste decisi discendono direttamente dalle evidenze scientifiche nel loro collegamento con i principi fondamentali del diritto costituzionale e internazionale”.

Nel contenzioso climatico vi sono, tuttavia, particolarità giuridiche e tecnico/scientifico rispetto ad altre fattispecie ambientali, tra cui si segnalano:

  • L’idea che le modificazioni del clima costituiscano un «fatto distruttivo» di portata eccezionale tali da giustificare l’“emancipazione” della questione climatica dalla questione ambientale;

  • La legittimazione ad agire di organizzazioni non governative e di persone fisiche (anche giovani o giovanissimi);

  • L’“obbligazione climatica”, una tesi secondo cui la convergenza di opinioni scientifiche sul problema del clima, unita all’emergenza, costituisca la base per cui la scienza, quasi come fosse un legislatore parallelo, possa deliberare su aspetti come la programmazione delle cadenze temporali e dei valori-obiettivo funzionali al raggiungimento della neutralità climatica;

  • Gli orizzonti spaziali e temporali del problema considerato che il fenomeno dei cambiamenti climatici sia globale e già in atto. È quindi irrilevante dove e quando le emissioni di gas serra sono prodotte: tutti ne subiscono e ne subiranno le conseguenze negative, indipendentemente dal contributo offerto.

  • La dimensione “intergenerazionale” del problema secondo cui vi è un evidente salto generazionale fra i responsabili del fenomeno e le vittime delle sue conseguenze più gravi. Infatti, i principi del diritto internazionale impongono una visione sostenibile dello sviluppo e in questo senso risulta doveroso citare la recente modifica all’art.9 della costituzione Italiana la quale recita che la Repubblica “tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”.

  • La cessazione del principio di stazionarietà delle condizioni climatiche per la pianificazione e gestione del rischio di eventi naturali (soprattutto legati al ciclo delle acque) secondo cui gli eventi avversi (forte precipitazioni, inondazioni, etc.) seguiranno un andamento mutevole nel prossimo futuro.

  • La dimensione quantitativa del problema. Gli interventi da adottare devono essere orientati: sia a ridurre le nuove emissioni stimate pari a circa 51 Gt (miliardi di tonnellate) di CO2,eq l’anno, provenienti da tutti i processi legati all’uso di combustibili fossili (carbone, petrolio e gas naturale); sia a ridurre  la concentrazioni di CO2 presente in atmosfera (con valori che superano i 400 ppm) dovute alle emissioni del passato e che rimangono persistenti in atmosfera per lunghissimi periodi.

  • Diversamente ad altri fenomeni di inquinamento come il cosiddetto “buco dell’ozono”, non esiste un settore produttivo significativamente responsabile (i.e. oltre il 95%) per l’emissione globale di CO2,eq (vedi Figura 1). Questo è molto importante in quanto rende complesso la definizione di una politica di priorità delle misure da adottare.

 Contributi all’emissione di CO2,eq per settore economico nel 2017 (elaborazione da Breakthrough Energy (2021)

Figura 1. Contributi all’emissione di CO2,eq per settore economico nel 2017 (elaborazione da Breakthrough Energy (2021)

 

Come può la scienza aiutare la giustizia climatica?

Concludendo, a parere degli scriventi i contributi che la scienza e la tecnica può offrire al sistema giustizia nei contenziosi climatici è quello da un alto della definizione della questione oggetto del contendere e dall’altro della quantificazione, in modo rigoroso e certificato, delle misure collettive e/o individuali intraprese o che si intendono intraprendere.

È purtroppo ancora molto poco conosciuta la reale entità in termini di CO2,eq delle molteplici misure che si possono adottare.

A titolo di esempio per far capire l’entità di misure tra di loro molto diverse (naturali o tecnologiche, collettive o individuali, etc.) si riportano le seguenti casistiche atte, tutte, ad ottenere l’equivalente riduzione di 1000 kg di CO2,eq in un anno:

a) l’eliminazione di 3-10 kg di carne rossa nella dieta individuale per un anno;

b) l’eliminazione di un tragitto di circa 25.000 km/anno per una macchina con una persona;

c) il sequestro di CO2 in circa 60 alberi per un anno;

d) l’eliminazione della produzione di circa 1400 kg di cemento in un anno.

Una quantificazione che necessariamente permetterà di valutare maggiormente le nostre reali responsabilità verso il clima che sono comuni, ma differenziate. “Sono comuni, perché nessuno può sottrarsi all’azione per la salvaguardia del pianeta. Ma sono differenziate perché l’azione per ciascuno doverosa è proporzionata alle condizioni particolari” in cui si trova (Butti e Nespor, 2022).

Riferimenti

  • Breakthrough Energy, 2021. Sectoral Analysis. [Online]. Available: https://www.breakthroughenergy.org/go-deeper/sectoral-analysis. [Accessed: 17-May-2021].
  • Bruno, K., Karliner, J., Brotsky, C., 1999. Greenhouse Gangsters vs. Climate Justice. CorpWatch 32.
  • Butti L. e Nespor S., Il diritto del clima, Mimesis, 2022.
  • Federazione Ordini Ingegneri Veneto (FOIV), 2021. Gli Ingegneri Veneti per il Cambiamento Climatico.
  • Lynas, M., Houlton, B.Z., Perry, S., 2021. Greater than 99% consensus on human caused climate change in the peer-reviewed scientific literature. Environ. Res. Lett. 16, 114005. doi:10.1088/1748-9326/ac2966
  • Magri, M., 2021. Il 2021 e’ stato l’anno della “giustizia climatica”?. Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XXI - Fascicolo n. 4/2021

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