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Gestione amministrativa BIM: verifica e validazione digitale dei progetti, a che punto siamo?

In che modo la digitalizzazione può contribuire ad accelerare i processi di verifica e, di conseguenza, a ridurre i tempi con cui si concedono autorizzazioni o permessi, o si valida un progetto ritenendolo corrispondente a una serie di regole/norme? Ne abbiamo parlato con Riccardo Perego, presidente di One Team.

Questa è una riflessione importante che, se portasse a concrete deliberazioni, potrebbe velocizzare molte decisioni producendo effetti molto positivi soprattutto di carattere economico.

Su questa questione sta lavorando un gruppo di lavoro nell’ambito della Commissione UNI dedicata alla "Gestione amministrativa BIM” (CT 033/SC 05/GL 08).

Anche Riccardo Perego, presidente di One Team, fa parte di questo importante gruppo, svolgendo un ruolo da protagonista, forte non soltanto della propria esperienza di imprenditore da molto tempo attivo nel settore informatico e della digitalizzazione, ma anche in quanto coordinatore di un gruppo di lavoro espressamente dedicato all’e-permit nell’ambito di AIS, l’Associazione italiana per la Sostenibilità delle infrastrutture.

A lui abbiamo chiesto di illustrarci a che punto siamo e in quale modo questa esperienza abbia contribuito ad arrivare a una svolta in grado di orientare decisori e pubblica amministrazione.

 

Riccardo Perego, presidente di One Team.
(© One Team)

 

Cosa si intende con il termine "e-permit" o "digital permit"

"Innanzitutto, dobbiamo condividere che cosa si intende per e-permit, ovvero un approccio diverso da quello tradizionale, - dichiara Riccardo Perego - dove ad una concezione delle norme basata su un modello analogico si sostituisce un modello digitale attraverso cui le norme possano essere lette e interpretate in modalità computabile. In realtà, questo è possibile già ora se si tratta di informazioni quantitative, misurabili ed oggettivabili. È da qui che si deve partire, così come sta avvenendo all’interno del gruppo di lavoro UNI."

 

Migliorare i processi di verifica e autorizzazione grazie alla digitalizzazione

Parliamo quindi di un percorso che ha l’obiettivo finale di fornire delle linee guida per migliorare i processi di verifica e di autorizzazione?

Si esatto. A questo fine, all'interno del gruppo di lavoro UNI, abbiamo individuato cinque fasi:

  1. Adeguamento e stesura di leggi e norme tecniche in chiave digitale.
  2. Progettazione.
  3. Fase istruttoria sul progetto.
  4. Ciclo autorizzativo.
  5. Archiviazione della pratica per usi futuri.

La prima di queste fasi ha proprio a che fare con l’argomento centrale del position paper predisposto da AIS, che a riguardo assume un posto di rilievo non solo in quanto fa chiarezza su cosa si possa fare e come si debba farlo, ma anche grazie a una serie di esempi pratici molto concreti riferiti a norme oggi in vigore.

Questi esempi possono fornire elementi quanto mai utili per impostare una metodologia e fornire indicazioni precise su come operare in futuro in una logica volta a far sì che tutto ciò che possa essere computabile trovi un’applicazione normativa corrispondente.

 

Nel position paper di AIS dedicato alla digitalizzazione delle norme venivano esemplificati alcuni casi in cui di fronte a un’indicazione generica del tipo “meno alto o più lungo”, si proponeva di tradurla in termini di valori misurati, rendendo così immediatamente verificabile per un software il rispetto del vincolo, eliminando ogni dubbio. È quindi partendo da qui che poi si intende dare dei nuovi orientamenti?

Esattamente. È il primo passo da fare e su cui stiamo lavorando. Tuttavia, parallelamente si sta procedendo anche ad affrontare alcune delle fasi successive, ad esempio dando indicazioni puntuali sulla necessità che la progettazione (intesa ormai come modellazione BIM) segua standard predefiniti in una logica anch’essa computabile, per permetterne poi la verifica automatica. Ciò deve riguardare la modulistica, così come le librerie digitali, al fine di facilitare al massimo il compito del normatore e allo stesso tempo del progettista. In sintesi, si tratta di allineare i processi ad un unico e comune linguaggio digitale. Questo allineamento sta già prendendo corpo in modo significativo nell’ambito della progettazione delle infrastrutture, molto meno se si guarda al mercato dell’edilizia.

 

Cosa riguardano invece le altre fasi?

Con lo stesso approccio si intendono fornire indicazioni ed individuare strumenti in grado di facilitare, attraverso la computabilità delle informazioni, le verifiche istruttorie delle amministrazioni e delle stazioni appaltanti (terza fase) fino ad arrivare a rendere più automatiche possibili le autorizzazioni. Ciò attraverso un miglioramento e una sempre maggiore standardizzazione e codificazione delle diverse categorie di riferimento.

Abbiamo poi inserito anche una quinta fase dedicata all’archiviazione, con l’obiettivo di orientare nel futuro la PA in una logica di metadata, ovvero volta a sistematizzare e a codificare tutta una serie di elementi progettuali, così da creare una banca dati computabile e confrontabile, e una memoria storica utile a chi dovrà progettare in futuro.

 

Quali sono, secondo lei, le maggiori difficoltà che si possono riscontrare nel processo di affermazione di un approccio di questo tipo?

Sono convinto che sia necessario soprattutto trovare un nuovo equilibrio tra le diverse esigenze, in particolare nell’ambito del mondo della progettazione. Mi spiego meglio: va riconsiderato il principio, per molti aspetti giusto, che si debba perseguire una logica prestazionale, adeguandolo alle necessità dell’e-permit che richiede invece di seguire un metodo prescrittivo, di misurabilità del dato. Va favorito un confronto e soprattutto vanno trovate delle soluzioni. È quello che stiamo facendo all’interno del gruppo di lavoro UNI, a cui partecipano diversi soggetti attivi nel processo progettuale e costruttivo.

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