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Fuga di cervelli per creare cervelli!

Fuga di cervelli: viaggio nella Silicon Valley del machine learning

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     Alberto Tono with Holodeck at GTC2018 Deeplearning and AI conference

Alberto Tono, classe 1991, è uno dei tanti cervelli in fuga dal nostro paese, ma è anche un esempio di come l’italianità possa realmente rappresentare una carta vincente all’estero.
Alberto è parte del team di ricerca e sviluppo per Studio HOK, una società di progettazione integrata con circa duemila dipendenti in 23 città.
Di seguito una breve intervista.

Quali sono i temi di maggior interesse nella Silicon Valley e cosa la differenzia dall’Italia?

C’è una sorta di alone mistico che ricopre questa città. Devo ammettere che San Francisco più che una “city” è uno “state of mind”, qui le persone sono più propense alla condivisione, divulgazione e a ritmi a dir poco frenetici. Si è soliti organizzare numerosi eventi ogni giorno per gli argomenti più disparati: dall’intelligenza artificiale alla realtà aumentata passando per blockchain e interfacce neurali. Ma tutti hanno un denominatore comune: l’aspetto tecnologico.
Non voglio esprimermi per quanto riguarda la differenza con il nostro paese, ma vorrei porre in evidenza gli sforzi che persone meravigliose stanno sostenendo contribuendo alla condivisione e divulgazione di questi topics in Italia. Ne sono un esempio due realtà importanti come deeplearningitalia e machine learning meetup aiutati entrambi da strutture consolidate con LuissEnlabs e Codemotion. 

Facci capire Alberto, tu sei laureato in Ingegneria Edile-Architettura, come mai ti occupi di intelligenza artificiale?

Mi sono innamorato di questa materia dopo aver conosciuto un gruppo di persone fantastico presente nella nostra capitale: Simone Scardapane, Gabriele Nocco,(mlia.it) Francesco Pugliese, Matteo Testi (deeplearningitalia) e Gianluca Mauro(AIAcademy) tutte persone meravigliose che come me hanno l’obiettivo di divulgare il loro knowhow e con le quali condivido una grande passione per questa materia.

Dal mio punto di vista ho deciso di approcciare questo topic su due strade parallele: da una parte tecnica confrontandomi con tecnici di diversi settori, medico, chimico, informatico, bioinformatico ed economico e dall’altra con un taglio più umanistico, sociologico e filosofico con esperti del settore. Entrambi gli approcci hanno una cosa in comune: l’utente finale.
Nondimeno, per tutto il percorso universitario i miei professori hanno da sempre cercato di porre al centro le esigenze dell’essere umano come chiave per una buona progettazione architettonica.

Ecco che diventa fondamentale approcciare queste nuove tecnologie con occhio critico andando ad minimizzare la presenza di bias all’interno dell’apprendimento di queste macchine. I bias in generale sono molto pericolosi perchè possono portare a gravi conseguenze di iniquità.

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Alberto Tono, Design Morphine Workshop.

Personalmente dopo un lungo periodo volto allo studio autonomo di questa materia, ho preso il volo verso Dubai. Proprio qui si tenne uno dei primi workshop su machine learning e progettazione urbanistica. Durante il workshop abbiamo addestrato il nostro computer a progettare della sedute urbane parametriche. I parametri di partenza erano legati al numero di foto su google Maps e alla valutazione delle località più gettonate dai turisti. In base a queste metriche abbiamo lasciato alla macchina lo sforzo “creativo” di progettare la  soluzione ottimale. Per chi fosse interessato a maggiori dettagli di seguito il link al mio intervento presso Domus e Arper a Milano lo scorso anno. vai all'intervento - digital driven design

Secondo te, il machine learning e il computational design possono avere una particolare influenza sulla società?

Ci tengo a ringraziarti per questa domanda in quanto è un quesito che ci poniamo spesso.
Per farti capire, una volta ultimato il workshop, presentai il progetto a esperti del settore come Claudio Benghi e Chiara Rizzarda che mi hanno indirizzato verso l’approfondimento di queste tematiche cercando di legarle il più possibile a principi democratici e di equità. Un affascinante libro in materia è quello di Cathy O’Neil “Weapons of Math Destruction

O'Neil afferma che nelle assicurazioni, pubblicità, istruzione e nella polizia, i big data e gli algoritmi possono portare a decisioni che danneggiano i meno fortunati, rafforzando il razzismo e amplificando le disuguaglianze. Inoltre sostiene che questi strumenti siano opachi, scalabili e ingiusti.

Partendo da queste considerazioni i nostri esperti italiani sono riusciti a redigere un libro bianco (in allegato a fine articolo). L’articolo 5 del GDPR mostra come questi principi siano una chiave importante da tenere sempre in considerazione.
Ci sono, inoltre, principi di equità, come quello procedurale (non arbitrarietà delle procedure), formale (uguale trattamento per individui o gruppi uguali) e sostanziale (rimozione effettiva degli ostacoli di natura economico-sociale), così come il soddisfacimento di alcuni bisogni di base universali tra cui il rispetto delle libertà e dei diritti degli individui e della collettività. Questi e molti altri aspetti connessi all’esigenza di porre in ogni contesto l’IA al servizio delle persone sono approfonditi nelle successive sfide.

Mentre noi cerchiamo di porre al primo posto l’essere umano, altri paesi come la Cina agiscono in senso nettamente contrario. 
La Cina sta creando un modello per segnare i suoi cittadini analizzando una vasta gamma di dati da banche, tasse, record professionali e di prestazioni, a smartphone, e-commerce e social media. Si pensa l’obiettivo sia quello di "utilizzare i dati per imporre un'autorità morale come progettato dal Partito Comunista". Se i governi agiscono su punteggi calcolati utilizzando i dati incompleti e storicamente parziali come possono costituire modelli che abbracciano il principio di "equità"? 
(Per approfondire il tema scarica il secondo allegato How to Prevent Discriminatory Outcomes in Machine Learning)

D’altro canto nella Silicon Valley si assiste ad una corsa frenetica verso lo sviluppo di intelligenze artificiali capaci di qualsiasi cosa. Le aziende sono alla ricerca disperata di talenti intraprendenti e volenterosi a cimentarsi in questa ardua impresa volta alla produzione dii disruptive product. Le potenzialità sono davvero infinite. Uno dei settori che al momento stenta invece ad integrarsi con queste nuove tecnologie è proprio l’industria AEC (Architecture, Engineering, Construction).

Alla fine di questo mese Cesar Escalante ed io, insieme ad altri esperti, discuteremo di come il principiò di equità sia sempre in prima fila nella progettazione, il tutto avverrà presso la AIA NEXT Conference 

Allora alla prossima chiaccherata!