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Fiscalizzazione dell'abuso edilizio: quando è possibile passare da demolizione ad ammenda?

L'impossibilità a demolire i manufatti abusivi, che consente di accedere alla fiscalizzazione dell'illecito edilizio, deve avere natura oggettiva, e non deve manifestarsi come semplice difficoltà che possa essere superata con l'adozione di particolari accorgimenti, per quanto costosi.

La fiscalizzazione dell'abuso edilizio si 'sorregge' su determinati requisiti che devono sussistere per potersi procedere con un ammenda in sostituzione della sanzione demolitoria: il motivo cardine è quello dell'impossibilità di demolire l'abuso, a determinate e precise condizioni però.

Se ne 'parla' nella sentenza 7506/2024 del Tar Lazio, relativa all'ordinanza di demolizione impartita da un comune a una società telefonica per alcune opere abusive (impianto).

 

Interventi eseguiti in totale difformità dal permesso di costruire: esistono spiragli per la fiscalizzazione?

Prima di tutto, il TAR ricorda che con riferimento alle ipotesi di interventi eseguiti in totale difformità dal permesso di costruire o “con variazioni essenziali, come nel caso di specie, la sanzione della demolizione e della riduzione in pristino rimane l'unica applicabile, quale strumento per garantire l'equilibrio urbanistico violato, con conseguente esclusione dell'applicabilità dell'art. 34 del dpr 380/2001 (Consiglio di Stato sez. VI, 28/03/2022, n. 2273), che regolamenta gli interventi eseguiti in parziale difformità.

Peraltro, si è ripetutamente precisato (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 12/12/2019, n. 8458 e 23/11/2018 n. 6658) che la possibilità di sostituire la sanzione demolitoria con quella pecuniaria deve essere valutata dall'amministrazione nella fase esecutiva del procedimento, che è successiva ed autonoma rispetto a quella che sfocia nell'ordine di demolizione: è in sede esecutiva, dunque, che la parte interessata può far valere la situazione di pericolo eventualmente derivante dall'esecuzione della demolizione delle parti abusive di un immobile.

Ne consegue che l’omessa disamina della questione relativa alla possibilità di accedere alla "fiscalizzazione" dell'abuso comunque non inficia la legittimità dell'ordinanza di demolizione, trattandosi di aspetto che può, se del caso, essere esaminato in un momento successivo (Consiglio di Stato, sez. VI, 4.1.2023, n. 136).

Inoltre, i citati precedenti hanno già chiarito che l'impossibilità a demolire i manufatti abusivi, che consente di accedere alla c.d. fiscalizzazione, deve avere natura oggettiva, e non deve manifestarsi come semplice difficoltà che possa essere superata con l'adozione di particolari accorgimenti, per quanto costosi.

Circostanze, queste, che non sembrano ricorrere nel caso di specie, considerato che, secondo le deduzioni del Comune , non contestate dalla ricorrente, l’opera allo stato realizzata consisterebbe soltanto nel basamento in cemento armato e nel palo, mentre non sarebbero state posizionate antenne né apparati radio-elettrici.

 

Fiscalizzazione dell'abuso: quali sono le condizioni del Testo Unico Edilizia?

L'applicazione della sanzione pecuniaria prevista dall'art.33 comma 2, del D.P.R. 380/2001 in deroga alla regola generale della demolizione, oltre a riguardare gli interventi di mera ristrutturazione edilizia, presuppone la dimostrazione della oggettiva impossibilità di procedere alla demolizione delle parti difformi senza incidere, sul piano delle conseguenze materiali, sulla stabilità dell'intero edificio.


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Titolo edilizio successivamente annullato dall'amministrazione: quando scatta la fiscalizzazione?

Nel caso di specie devono ritenersi peraltro inapplicabili le regole dell'art.38 del Testo Unico Edilizia, che disciplina l'ipotesi in cui le opere siano state realizzare in presenza di un titolo edilizio successivamente annullato dall'amministrazione - come nella fattispecie in oggetto - o in sede giurisdizionale, e prevede la possibilità di evitare la demolizione dell’immobile irrogando una sanzione pecuniaria (cd. fiscalizzazione dell’abuso) in due distinti casi:

  • qualora non sia possibile la rimozione dei vizi delle procedure amministrative;
  • qualora non risulti possibile la restituzione in pristino.

Il primo di tali requisiti (l’impossibilità di rimuovere i vizi delle procedure amministrative) è stato oggetto di una pronuncia dell’Adunanza Plenaria, che ha chiarito che: “I vizi cui fa riferimento l'art. 38, t.u. edilizia, approvato con d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 sono esclusivamente quelli che riguardano forma e procedura che, alla luce di una valutazione in concreto operata dall'amministrazione, risultino di impossibile rimozione” (Consiglio di Stato, Ad. plen., 07/09/2020, n.17).

La norma, dunque, intende fare riferimento all’ipotesi in cui il titolo edilizio sia stato annullato per vizi formali o procedurali non emendabili ai sensi dell’art 21 nonies co. 2 l. 241/90; in tal caso, stante la sostanziale legittimità dell’opera, l’amministrazione deve procedere alla fiscalizzazione dell’abuso evitando la demolizione.

La tutela dell’affidamento del privato circa la legittimità del titolo edilizio, pertanto, costituisce un limite rispetto al potere di riduzione in pristino dell’amministrazione solo nel caso in cui l’opera non presenti profili di abusività dal punto di vista sostanziale: “La tutela dell'affidamento attraverso l'eccezionale potere di sanatoria contemplato dall'art. 38 non può infatti giungere sino a consentire una sorta di condono amministrativo affidato alla valutazione dell'amministrazione, in deroga a qualsivoglia previsione urbanistica, ambientale o paesaggistica, pena l'inammissibile elusione del principio di programmazione e l'irreversibile compromissione del territorio, ma è piuttosto ragionevolmente limitata a vizi che attengono esclusivamente al procedimento autorizzativo, i quali non possono ridondare in danno del privato che legittimamente ha confidato sulla presunzione di legittimità di quanto assentito ”.

Qualora, invece, il permesso di costruire sia stato annullato per vizi sostanziali, la fiscalizzazione dell’abuso è consentita solo nel caso in cui la restituzione in pristino risulti impossibile.

Relativamente all’individuazione delle ipotesi che rendono impossibile la riduzione in pristino, la giurisprudenza ha chiarito che “Nell'ambito delle conseguenze agli illeciti edilizi, deve rilevarsi come l'impossibilità di riduzione in pristino non possa che essere di ordine squisitamente tecnico costruttivo; diversamente opinando, l'art. 38 d.P.R. 380/2001 si presterebbe a letture strumentali, consentendo sanatorie 'ex officio' di abusi attraverso lo strumento dell'annullamento in autotutela del titolo edilizio originario.” (Consiglio di Stato sez. IV, 19/04/2022, n.2919). La riduzione in pristino, pertanto, deve risultare impraticabile alla luce di una valutazione tecnica e non di una ponderazione dei vari interessi in gioco, fra cui l’affidamento del privato nella legittimità delle opere.

 

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Il caso

Nel caso di specie non ricorre alcuna delle ipotesi contemplate dall'art. 38 dpr 380/2001, in quanto non risulta che il permesso di costruire in possesso dei ricorrenti sia stato annullato per vizi formali o procedurali; l’annullamento, al contrario, è dipeso dai plurimi vizi di carattere sostanziale relativi alla violazione della normativa edilizia e all’ubicazione dell’opera in una particella altrui non indicata nell’istanza di rilascio del titolo autorizzatorio e, dunque, non rientrante nella disponibilità della società istante. Inoltre, la riduzione in pristino risulta concretamente possibile sulla base di quanto in precedenza già precisato.

In ultima analisi, “in presenza di un annullamento del permesso di costruire per vizi sostanziali non può trovare applicazione l’art. 38 del D.P.R. n. 380/2001, sicché l’amministrazione non dispone di alcun margine di discrezionalità, essendo tenuta ad ordinare la demolizione dell’immobile” (Consiglio di Stato, n. 136/2023 cit.).


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Allegati

Abuso Edilizio

L'abuso edilizio rappresenta la realizzazione di opere senza permessi o in contrasto con le concessioni esistenti, spaziando da costruzioni non autorizzate ad ampliamenti e modifiche illegali. Questo comporta rischi di sanzioni e demolizioni, oltre a compromettere la sicurezza e l’ordine urbano. Regolarizzare tali abusi richiede conformità alle normative urbanistiche, essenziale per la legalità e il valore immobiliare.

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