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FAC-1, Social Housing, Off Site Manufacturing & BIM: Connubî Vincenti?

Off Site Manufacturing, Information Modeling & Management e FAC-1

È molto significativo il fatto che, nel Regno Unito, una parte considerevole dei grandi programmi di nuova costruzione per l’affordable e per il social housing, tanto a livello locale quanto a livello governativo, per cui anche grandi istituzioni finanziarie hanno recentemente offerto ingente supporto all’Offerta (il riferimento obbligato è a Goldman Sachs con TopHat), sia incentrata su tre elementi cruciali: l’Off Site Manufacturing, l’Information Modeling & Management e il FAC-1, il Framework dell’Accordo Collaborativo, vale a dire il principale modello internazionale di accordo collaborativo, promosso, in Italia, dal CCLM nell’ambito del TAG, la comunità internazionale al tema dedicata.

l’Off Site Manufacturing, l’Information Modeling & Management e il FAC-1, il Framework dell’Accordo CollaborativoDi conseguenza, l’essenza industriale è proposta al settore delle costruzioni, nel contesto dell’edilizia residenziale a fini sociali, sotto queste principali fattispecie: il che non può lasciare indifferente la tradizione recente, innovativa, inaugurata proprio nella capitale lombarda.

Si tratta, infatti, di riconoscere come il grande ritorno dei principî tecnologici e organizzativi basilari dell’antica Industrializzazione Edilizia sub specie della digitalizzazione debbano essere coniugati, stante il carattere «sociale» delle iniziative immobiliari, in una rete di relazioni contrattuali tipiche dell’Alliancing e del FAC-1.

Ancora una volta, peraltro, l’«emergenza abitativa» britannica e tedesca presiede ai corsi e ai ricorsi storici, anche se studiosi come Jennifer Whyte, sembrano sostenere che questa volta il tentativo possa funzionare.

Certo è che assistere a un così grande sforzo comunicativo, oltre che politico, da parte del governo britannico appare totalmente in linea con una equazione che, ad esempio, a opera di Autodesk, allinea perfettamente Industrializzazione, Automazione, Intelligenza Artificiale, nel senso dello sfruttamento ottimale dei dati numerici e strutturati, ma stupisce, pensando a quanto, in altri tempi, siano stati altri i Paesi che hanno stimolato, tra gli altri, i programmi di Prefabbricazione.

Naturalmente, nell’ottica della System Engineering, per riconfigurare la Supply Chain relativa a questo segmento, occorre assicurare elevati volumi produttivi di natura anelastica, oltre che disporre di green field o, almeno, di brown field, su cui praticare prevalentemente l’edilizia di sostituzione. 

Ciò dimostra che le presunte virtù della Industrializzazione, qui enunciate attraverso la Prefabbricazione, non siano intrinseche, bensì affatto condizionate da fattori esogeni, come accadde, ovviamente, anche in passato.

Di conseguenza, tutto il racconto persuasivo che è stato proposto al mercato, sotto la minaccia della mancata sopravvivenza nel caso di rifiuto della «modernizzazione», è stato assolutamente pregiudiziale per dimostrare la validità, appunto, dei «moderni» (in realtà, essendo datati agli Anni Cinquanta, non più così contemporanei) metodi costruttivi.

Ciò che, pertanto, farebbe la differenza rispetto alle esperienze pregresse, e storicizzate, sarebbe, dunque, il valore delle Data Analytics e, in definitiva, degli ecosistemi digitali entro cui i processi ideativi e produttivi avverrebbero.

Se fosse vero che, per questa ragione, l’Ambiente di Condivisione dei Dati e i Modelli Informativi, intesi quali Strutture di Dati, apparirebbero determinanti per supportare la condivisione non solo di intenti, ma, soprattutto, di conoscenza tra diverse tipologie di contraenti coinvolti nel Programme Management, non solo nei singoli Project, cosicché i primi di fatto svolgerebbero due distinte funzioni.

Nel primo caso, secondo gli assunti del Design for Manufacturing & Assembly, l’integrazione tra ragioni della ideazione e della realizzazione dovrebbe essere stretta, oltre che finalizzata alla gestione dei cespiti.

In ogni caso, poiché la gestione del bene immobiliare è sempre più legata non solo alla Maintenance, ma anche alle Operations, nonché dato che il nuovo prodotto immobiliare diverrà sempre più sensorizzato e interconnesso, non conta semplicemente la generazione di soluzioni progettuali digitalizzate uniche o diversificate, ottimizzate per la loro edificazione (consegna e assemblaggio).

Stante il fatto che l’accordo collaborativo si proponga di favorire incentivi di natura commerciale e sociale, avendo l’ambizione non solo di salvaguardare la totalità degli obiettivi contrattualmente negoziati, ma, addirittura, di crearvi valore aggiunto, le implicazioni «cibernetiche» dell’Alliance Management riguardano, in primo luogo, le parti (non più antagoniste), sotto il profilo dei comportamenti che i partecipanti adottano per valorizzare il fine comune, traendone, anzitutto, benefici economici.

Al contempo, tuttavia, all’interno del social housing, nell’ottica del ciclo di vita utile di servizio degli insediamenti, ma anche entro la dimensione dell’abitare del ciclo delle vite, la «modularità» dei subsistemi edilizi e impiantistici, computazionalmente «messa a sistema», non concerne esclusivamente la razionalizzazione degli impianti produttivi, sia pure versatili, mass customizable, flying, e la relativa logistica, grazie alla progettazione integrata (diremmo collaborativa per antonomasia).

Sussiste, infatti, anche una istanza «sociale» che riguarda di primo acchito la comunità degli esponenti della Domanda e dell’Offerta inseriti nel Programme (di edilizia residenziale), ma che investe inevitabilmente la comunità abitativa destinale, oltreché i servizi alla persona erogabili nel corso della gestione dei cespiti.

Si potrebbe immaginare anche una «modularità combinatoria» degli stili di vita, progettabili in termini edilizi come già ora si inizia fare negli Stati Uniti?

Entro un certo contesto regolamentare (il riferimento è a UpCodes AI) relativo un certo flusso comportamentale (potenziali stili di vita e Occupancy Mode) corrispondono «generativamente», infatti, determinate distribuzioni spaziali, definiti posti macchina, e così via cantando: come suggerisce Test Fit).

In verità, si riscontra anche una diversa forma di socializzazione, assai più contrattuale, che induce i diversi attori coinvolti in programmi di investimento miliardari a condividere, a rendere accessibili reciprocamente, alcuni dati sensibili.

Ovviamente, sin dalle fasi di ottimizzazione economica (e sociale) nella progettazione e nella realizzazione, la modalità attuale di sfruttamento e, soprattutto, di valorizzazione dei dati numerici e strutturati veicolati dall’Ambiente di Condivisione dei Dati e dai Modelli Informativi sarà più «colloquiale», nel senso che i tratti dialogici su cui fa leva l’Alliance Manager sono coadiuvati dalla disponibilità, per così dire «analogica»di tali dati.

Nel medio e nel lungo termine, allorché l’edificio residenziale, già oggi soggetto spesso a rivisitazione in termini di co-housing (e persino di co-working), divenisse dispositivo connesso in cloud, già a partire dalle fasi progettuali e realizzative, i modelli e le strutture dei dati, «leggibili dalle macchine», assumerebbero una altra pregnanza per dirimere le eventuali tensioni insorte, per trasformare le dispute in incentive.

Non vi ha dubbio che il FAC-1 e, più in generale, tutti i quadri giuridici mirati agli accordi collaborativi, posseggano una carica eversiva, rivoluzionaria, non certo in virtù di una intonazione idealistica, bensì a causa del fatto che essi cerchino di evidenziare le diseconomie ingenerate dai conflitti, che, a loro volta, dipendono da posizioni rigide delle (contro)parti, che si muovono abitualmente entro quadri, strutture e logiche contrattuali poco flessibili.

Da questo punto di vista, la prova provata è offerta dallo scomodo, o almeno impegnativo, ruolo dell’Alliance Manager, la cui ragion d’essere, in un primo momento, inquieta i rappresentanti delle parti, poiché tende a incrinare rapporti negoziali consolidati secondo cui la contrapposizione non può che essere l’unica soluzione alla controversia che, in ultima analisi, non è che la manifestazione superficiale dell’aleatorietà residua che connota l’esecuzione dei contratti: quella che si vorrebbe cancellare digitalmente grazie alle Predictive Analytics.

In questo senso, se, in primo luogo, il FAC-1 costituisce l’infrastruttura immateriale che potenzia il legame tra Modern Methods of Construction e Information Modeling & Data Management, o meglio Data-Driven Process, esso prospetticamente agirebbe da presupposto per rendere il bene immobiliare come entità as a Service.

Da questo punto di vista, paradossalmente, la evoluzione del Federated Record Information Model nell’Asset Information Model non consentirebbe solo la gestione manutentiva degli edifici, ma pure la messa a disposizione del gestore immobiliare delle strutture di dati che, entro un cespite sensorizzato e interconnesso, «socialmente connesso», si intersecano con il più vasto ecosistema digitale, gestito dalle Technology Company, in cui i dati rivelano i pensieri e i comportamenti degli abitanti/utenti.

Si tratta della vera e propria scommessa che FAC-1, Social Housing, Off Site Manufacturing & BIM sono chiamati ad accettare, perché la sensazione è che essi possano essere ancora concepiti secondo un immaginario tradizionale, del tutto «tangibile», del sistema costruttivo da ottimizzare, della contestazione da evitare, della contrazione temporale da conseguire, della economicità da perseguire: Modern Methods, giust’appunto.

Ma, se si osserva con appena un poco più di attenzione il racconto che le Technology Company fanno della dimensione urbana e territoriale, della città, in particolare (qui è d’uopo pensare a Italia, Milano 2030-2050) tutte le strutture di dati e l’interezza delle piattaforme settoriali e verticali sono «assorbite» in un contesto digitale, numerico e interconnesso, enormemente più dilatato, in cui la Hyperpersonalized User Experience rappresenta l’unico e totalizzante business.

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