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Equo compenso, Tar Lazio: la PA non deve rispettare rigidi parametri. Ok a compensi esigui

Tar Lazio: la disposizione per garantire ai professionisti una tutela sull'entità dei compensi, nelle PA, deve essere applicata con una maggiore flessibilità che può sfociare anche in compensi esigui

L'equo compenso continua a far parlare di se - e a far discutere - dopo la recente pronuncia n.9404/2021 del Tar Roma (27 agosto), che si riferisce a un Avviso pubblico INPS per la selezione di avvocati, ma, inevitabilmente, va a trattare argomenti quali parametri e compensi minimi dei professionisti che, gioco forza, possono interessare tutti i professionisti.

Il Tar, nello specifico, sottolinea che la disposizione che tutela i professionisti sull’entità dei compensi percepiti per un incarico specifico deve essere applicata “ancorandosi” a parametri flessibili, che possono portare anche a pagare parcelle piuttosto esigue.

 

L'Avviso INPS

L'Avviso pubblico dell'INPS tratta la disponibilità di 77 professionisti avvocati per svolgere incarichi di domiciliazione e/o sostituzione in udienza presso gli Uffici giudiziari del circondario del Tribunale di Roma.

L'Ordine degli Avvocati di Roma impugnavava quindi l'Avviso, che indica i compensi di 250 euro per le domiciliazioni e 80 euro per le sostituzioni e contiene i requisiti per superare la selezione suddetta (voto di laurea, voti conseguiti in alcune particolari materie, anzianità di iscrizione all’ordine sino ad un massimo di 5 anni).

Tra i vari motivi del ricorso, si segnalano:

  • la violazione dell’art. 13 comma 6 della legge 247/2012 (e dunque del DM 55/2014 poi adottato in sua stretta applicazione - decreto minimi tariffari avvocati) nella parte in cui non sarebbero stati rispettati, nel fissare i compensi per le suddette attività di sostituzione e domiciliazione, i tariffari minimi ivi previsti;
  • la violazione in ogni caso del principio dell’equo compenso fissato dalla legge 247/2012 e della legge Regione Lazio n. 6/2019.

Equo compenso, Tar Lazio: la PA non deve rispettare rigidi parametri. Ok a compensi esigui

Equo compenso: la PA può applicare parametri sono flessibili

Nella sentenza - che riguarda gli Avvocati, ma che evidentemente si presta a considerazioni generali sull'equo compenso - si evidenzia che:

  • a) la disposizione di cui all’art. 13-bis comma 2 della legge 247/2012 secondo cui si deve fare comunque riferimento alle tariffe di cui al DM 55 del 2014, trova unicamente applicazione per taluni soggetti imprenditoriali (es. imprese assicurative e bancarie) che notoriamente godono di una certa forza contrattuale, non anche per le pubbliche amministrazioni le quali non sono espressamente contemplate tra i soggetti di cui al riportato art. 13-bis, comma 1;
  • b) del resto, l’estensione automatica ed inequivoca delle disposizioni di cui all’art. 13-bis (equo compenso sulla base dei minimi tariffari) è stata operata dal legislatore soltanto in riferimento ad una particolare categoria di liberi professionisti (quelli di cui all’art. 1 della legge 81/2017) e non anche nei riguardi della pubblica amministrazione (cfr. art. 19-quaterdecies del DL 148/2017: si veda al riguardo quanto previsto, rispettivamente, dai commi 2 e 3);
  • c) ne consegue, da quanto descritto, che per la pubblica amministrazione trova sì applicazione il concetto di “equo compenso” me non entro i rigidi e ristretti parametri di cui al DM contemplato dall’art. 13 comma 6 della legge 247/2012 (ora, il DM 55 del 2014).

 

L'equo compenso per la PA è diverso?

Il concetto di “equo compenso”, per quanto riguarda la PA, deve dunque ancorarsi a parametri di maggiore flessibilità legati:

  • da un lato, ad esigenze di contenimento della spesa pubblica;
  • dall’altro lato, alla natura ed alla complessità delle attività defensionali da svolgere in concreto.

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