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Equo compenso, Consiglio di Stato: la PA può affidare incarichi professionali gratis. Ecco quando

Un ente pubblico può legittimamente affidare un incarico professionale a titolo gratuito, derogando al criterio dell'equo compenso, in quanto la normativa sta a significare soltanto che, laddove il compenso sia previsto, lo stesso debba necessariamente essere equo, mentre non può ricavarsi dalla disposizione che lo stesso debba essere sempre previsto.

Le pubbliche amministrazioni possono affidare ai professionisti incarichi professionali gratis.

In realtà, stando alle regole generali e al DDL equo compenso 'rafforzato' appena approvato dal Senato (tornato alla Camera per il varo definitivo) parrebbe di no, ma il Consiglio di Stato con una sentenza che farà sicuramente discutere afferma che un ente pubblico può legittimamente affidare un incarico professionale a titolo gratuito, derogando al criterio dell'equo compenso, laddove il compenso per la prestazione non sia previsto.

Il tutto all'interno di una sentenza, va precisato, che alla fine accoglie un ricorso contro il 'modus operandi' del comune che aveva dato esclusivo peso al criterio del prezzo (più basso) e non a quello del prezzo-qualità, per scegliere di affidare un incarico a un avvocato.

La sentenza, quindi, da un lato conferma il dovere, da parte della pubblica amministrazione, di procedere in base a precisi principi di imparzialità e buon andamento, con l'effetto che i criteri di selezione devono rispondere ai requisiti di adeguatezza, conoscibilità, oggettività e imparzialità. 

Equo compenso: la scelta del comune sulla base dei preventivi dei professionisti

L'oggetto del contendere è il ricorso di un avvocato contro un comune che aveva affidato ad un altro professionista l’incarico per il patrocinio e l’assistenza legale dell’amministrazione comunale in un giudizio.

Il Comune ha chiesto a tre professionisti di formulare un’offerta economica per una prestazione professionale, il cui oggetto è stato dettagliatamente individuato mediante l'invio del ricorso e di tutte le informazioni relative al suo oggetto, in tal modo fornendo a ciascuno di essi gli elementi necessari (e sufficienti) all’individuazione del compenso professionale.

I professionisti formulavano quindi liberamente il proprio preventivo, senza essere vincolati a criteri predeterminati o predisposti unilateralmente dall’amministrazione richiedente, e quindi senza subire condizionamenti, limitazioni o imposizioni da parte della stessa.

Dal canto suo, l'Amministrazione si è limitata a valutare i tre preventivi e a prescegliere quello ritenuto più conveniente (cioè quello col compenso più basso), senza imporre modifiche di sorta e senza neppure stimolare rilanci competitivi tra gli offerenti.

Il comune deve scegliere in base al rapporto qualità-prezzo o può farlo in base al prezzo più basso?

Secondo l'appellante, in particolare, alla luce del comma 3 dell'art. 19 quattordecies del DL 148/2017, il Comune non avrebbe potuto scegliere il professionista cui affidare l’incarico sulla base del solo criterio del prezzo più basso, essendo principio immanente nel sistema il criterio di aggiudicazione fondato sul rapporto qualità/prezzo.

L’appellante lamenta inoltre che il Comune neppure aveva palesato ai professionisti interpellati che la determinazione sull’incarico sarebbe stata condotta alla sola stregua del prezzo offerto, fra l'altro esageratemente basso e non in linea col criterio dell'equo compenso, circostanza questa in grado di concretare altresì una violazione dei generali principi di correttezza e buona fede.

Secondo il TAR competente, non trattandosi di una gara, il Comune non era tenuto "ad esternare preventivamente il criterio in base al quale avrebbe operato la scelta tra i professionisti interpellati".

Tale affermazione, secondo l'appellante, sarebbe errata in quanto in deroga ai principi generali dell'ordinamento, i servizi esclusi dall'ambito oggettivo di applicazione del d.lgs. 50/2016, quale quello in esame, sono infatti comunque soggetti ai “principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell'ambiente ed efficienza energetica" ex art. 4 Codice.

Prezzo troppo basso ed equo compenso: cosa dice la legge?

Il 'problema' da risolvere è quindi il 'modus operandi' della PA nella scelta del libero professionista, ancorata al mero criterio del prezzo più basso e non rispettosa del principio delineato claris verbis dall’art. 19 comma 3 quattordecies, del DL 148/2017.

Palazzo Spada afferma che, come evidenziato da Cons. Stato Sez. IV, 29/09/2021, n. 7442 la disposizione dell'art. 13-bis comma 3, della legge 247/212, inserito dall'art. 19-quaterdecies, comma 1, DL 148/2017, convertito, con modificazioni, dalla legge 172/2017 non esclude il (e nemmeno implica la rinuncia al) potere di disposizione dell'interessato, che resta libero di rinunciare al compenso - qualunque esso sia, anche indipendentemente dalla equità dello stesso - allo scopo di perseguire od ottenere vantaggi indiretti o addirittura senza vantaggio alcuno, nemmeno indiretto.

La normativa sull'equo compenso - continua il Consiglio di Stato - sta a significare soltanto che, laddove il compenso sia previsto, lo stesso debba necessariamente essere equo, mentre non può ricavarsi dalla disposizione (l'ulteriore e assai diverso corollario) che lo stesso debba essere sempre previsto.

Pertanto la disciplina sull'equo compenso ha completato e colmato quello scarto negativo che, nel tempo e a causa di svariati fattori, ha provocato nel settore delle libere professioni una deminutio di tutela per coloro che prestano attività professionale al di fuori degli schemi tipici del rapporto dipendente e della tutela costituzionale salariale e retributiva.

Equo compenso: dipende se è previsto...

Quindi, traducendo: se un compenso è previsto, lo stesso deve essere equo. Se però il compenso manca del tutto e la prestazione è resa a titolo gratuito, non c'è violazione di legge.

I criteri di scelta

In ogni caso la scelta del professionista cui affidare l'incarico deve essere fondata su criteri predeterminati e preventivamente resi noti agli offerenti. 

La pubblica amministrazione deve infatti prevedere un meccanismo procedimentale che dia idonee garanzie circa il fatto che la concreta azione amministrativa sia ispirata a criteri, canoni e regole di assoluta imparzialità nella selezione e nella scelta dei professionisti, di modo che in questo “nuovo mercato” delle libere professioni nessuno abbia ad avvantaggiarsi a discapito di altri.

In considerazione di tali rilievi, l’appello è meritevole di accoglimento, in primo luogo in quanto la scelta del professionista non è stata ancorata alla predeterminazione di alcun criterio ne preceduta da alcuna procedimentalizzazione in grado di assicurare nel contempo l’imparzialità ed il buon andamento, ex art. 97 Cost, oltre che la trasparenza dell’agere amministrativo ed il rispetto del principio di buona fede, ed in secondo luogo in quanto, pur essendo stata prevista la corresponsione di un compenso, la scelta del professionista è avvenuta avuto riguardo al criterio del prezzo più basso, senza previo accertamento del rispetto dell’equo compenso, atto a tutelare non sola la categoria forense da fenomeni anticoncorrenziali, ma anche ad assicurare la qualità della prestazione, come dedotto da parte appellante.

Tariffe minime

In fondo alla sentenza c'è anche un chiarimento sulle cd. tariffe minime professionali.

Palazzo Spada ricorda che la sentenza della Corte di Giustizia 23/11/2017, C-427/2016 e C-428/2016 (che il primo giudice richiama a sproposito a sostegno della propria interpretazione dell’art. 19-quattordecies, comma 3) - letta in maniera sistematica - evidenzia come la Corte non abbia escluso a priori la possibilità di introduzione dei minimi tariffari, sottolineando il rischio che la concorrenza nell’offerta di prestazioni al ribasso escluda dal mercato coloro che offrono prestazioni di qualità, per concludere che “l’imposizione di tariffe minime può essere idonea a limitare tale
rischio
”.

Con la sentenza sez. IV, 04/07/2019, n.377 nella causa C377/17, la medesima Corte di Giustizia, con riferimento alle tariffe minime di progettazione, ha inoltre affermato che "non si può escludere a priori che la fissazione di una tariffa minima consenta di evitare che i prestatori di servizi non siano indotti, in un contesto come quello di un mercato
caratterizzato dalla presenza di un numero estremamente elevato di prestatori, a svolgere una concorrenza che possa tradursi nell’offerta di prestazioni al ribasso
, con il rischio di un peggioramento della qualità dei servizi forniti
".

Lo stesso comma 3 dell’art. 19 quaterdecies D.L. 148/2017, invocato da parte appellante, a stabilire che la corresponsione di tariffe corrispondenti all'equo compenso costituisca “attuazione dei principi di trasparenza, buon andamento ed efficacia” dell'azione amministrativa, tenuto conto anche del rilievo per cui se è vero che le prestazioni professionali degli avvocati devono essere espletate con professionalità anche indipendentemente dalla misura dell'onorario, non può tuttavia negarsi che l'interesse ad assumere incarichi per l'Amministrazione da parte dei professionisti più qualificati dipenda largamente anche dall'adeguatezza del corrispettivo offerto e dal rispetto della dignità professionale della classe forense.


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