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EPD: SOSTENIBILITÀ come variabile competitiva

EPD: SOSTENIBILITÀ come variabile competitiva Da un’analisi diretta sull’82% della produzione ceramica italiana emergono i valori relativi alle emissioni = BAT a livello mondiale L’EPD (Environmental Product Declaration) è uno schema di certificazione volontaria di prodotto, di valenza internazionale

Da un’analisi diretta sull’82% della produzione ceramica italiana emergono i valori relativi alle emissioni = BAT a livello mondiale

L’EPD (Environmental Product Declaration) è uno schema di certificazione volontaria di prodotto, di valenza internazionale, sviluppato in applicazione della UNI ISO 14025:2006 - Etichettatura Ambientale di Tipo III. Si tratta di un documento che permette di comunicare informazioni relative alla prestazione ambientale di prodotti e servizi, che hanno carattere esclusivamente informativo e basato su specifiche regole che definiscono la metodologia secondo cui l’EPD di un specifico prodotto da costruzione deve essere formulata: Product Category Rules (PCR). 

Uno studio di EPD è basato sull’analisi di dati ambientali che vengono elaborati secondo una metodologia del ciclo di vita (LCA = life cycle assessment), che permette di determinare fattori d’ingresso (materie prime, uso di risorse, energia, ecc.) e d’uscita (scarichi idrici, produzione di rifiuti, emissioni inquinanti) lungo l’intero ciclo di vita del prodotto valutandone i conseguenti impatti ambientali, comprendendo l’estrazione ed il trasporto delle materie prime, la fabbricazione, il trasporto, la distribuzione, l’uso, il riuso, il riciclo e/o lo smaltimento. 

Sempre di più il tema della sostenibilità nel green building si sta concentrando sulla quantificazione delle prestazioni ambientali degli edifici visti in una logica d’insieme dove i diversi componenti non solo danno un contributo performante nella loro fase d’istallazione, ma racchiudono intrinseche caratteristiche di sostenibilità e impatto che comprendono l’intero ciclo di vita del prodotto.

In alcuni casi può anche diventare un requisito di accesso, ad esempio all’interno dello schema di rating di edificio LEED, la presenza almeno di una LCA che accompagna i prodotti da costruzione impiegati è considerata come requisito opzionale. Nella versione LEED 4 l’edificio acquisisce un punto se almeno 20 prodotti impiegati sono dotati di EPD. Per raggiungere questa soglia un prodotto con LCA verificata è valutato come ¼ di prodotto, un prodotto con EPD media di settore vale ½ prodotto, un prodotto con EPD specifica vale come 1 prodotto. Altri sistemi di rating di edificio, come BREEAM (inglese), DGNB (tedesco), HQE (francese) si orientano verso la obbligatorietà delle LCA di prodotto. 

A livello italiano il “Piano Nazionale d’Azione sul Green Public Procurement - PAN GPP” indica che «le dichiarazioni di Tipo III sono strumenti ope¬rativi estremamente efficaci per il GPP poiché consentono di conoscere e confrontare le performance ambientali dei prodotti che ne sono oggetto e di dimostrare quelli che possono essere dati rilevanti per una stazione appaltante che introduca criteri ambientali». 

È evidente quindi la potenzialità competitiva che viene offerta alla produzione ceramica nazionale che può ora presentarsi sui mercati mondiali con la dotazione di una EPD sector-wide (media di settore) e con un sintema di riferimento organico per la creazione di singole EPD aziendali o di specifiche EPD di prodotto. 

L’ EPD della ceramica italiana 

Il prodotto analizzato nello studio di EPD media settoriale delle piastrelle di ceramica italiane rappresenta una piastrella media di ceramica (grès, monoporosa etc..) e rappresentativo della produzione industriale di tutte le aziende associate a Confindustria Ceramica. Tale risultato è stato reso possibile grazie all’utilizzo dei dati primari di processo (ricavati da analisi puntuali presso gli stabilimenti) di 84 stabilimenti che realizzano l’82,6% della produzione italiana. Lo studio EPD realizzato da Confindustria Ceramica, è per rappresentatività il più partecipato a livello globale all’interno della filiera dei prodotti da costruzione a riprova dell’elevatissimo grado di rappresentatività e affidabilità raggiunto. 

L’impiego di una quantità così elevata di dati primari rappresenta quindi un unicum nel panorama complessivo delle EPD sector-wide finora esistenti. Ciò è stato possibile grazie ad un accordo intercorso nel 2012 tra la Regione Emilia-Romagna e Confindustria Ceramica che ha permesso di valorizzare, in termini di conoscenza ed accesso alle informazioni ambientali, l’enorme mole di dati che si sta consolidando grazie ai report AIA che le imprese ceramiche annualmente inviano alle autorità competenti. 

L’elaborazione di queste informazio¬ni ha permesso di creare un rapporto ambientale settoriale, curato dal Centro Ceramico (www.cencerbo.it) che, registrando l’andamento di 35 indicatori specifici, fornisce una fotografia evolutiva delle prestazioni ambientali del comparto ceramico regionale. Tali dati hanno quindi permesso di coprire i dati relativi alle produzioni (massa esuperficie di piastrelle prodotte) consumi energetici, idrici, atomizzato, smalti, emissioni gassose. 

I pochi dati primari non ricavabili direttamente dai report AIA sono stati raccolti direttamente da un campione rappresentativo di 18 stabilimenti che hanno fornito ulteriori dati come le composizioni degli impasti, dei coloranti e di tutte le materie prime utilizzate per la formulazione e correzione degli smalti (fritte, engobbi, puntinanti etc..), le distanze ed i mezzi di traspor¬to utilizzati per il conferimento delle materie prime in stabilimento, la produzione di rifiuti solidi ed il consumo di materie prime utilizzate per il packaging. Tali consumi sono stati opportunamente scalati e mediati per potere essere utilizzati all’interno dello studio e rappresentare la produzione di tutti gli stabilimenti. 

Lo studio di EPD media settoriale così ottenuto “copre” le produzioni di tutte le aziende produttrici di piastrelle di ceramica associate a Confindustria Ceramica, elencate all’interno dell’EPD, che potranno ora beneficiare dello studio per la valorizzazione dei propri prodotti.

Cosa emerge dall’analisi EPD 

Lo studio dell’EPD analizza i dati elaborando dei risultati numerici suddi¬videndoli secondo sette macro aree di impatti secondo gli indicatori di seguito riportati: 

1. Effetto serra (GWP). 

2. Depauperamento dello strato di ozono atmosferico (ODP). 

3. Acidificazione (AP). 

4. Eutrofizzazione (EP). 

5. Smog fotochimico (POCP). 

6. Depauperamento delle risorse abiotiche elementari (ADPe). 

7. Depauperamento delle risorse abiotiche fossili (ADPf). 

Si sottolinea come i valori numerici espressi dagli indicatori rappresentano l’intero ciclo di vita del prodotto e quindi ad esempio la produzione di energia termica utilizzata per l’essiccamento non considera solamente la combustione del metano all’interno dello stabilimento (con conseguenti emissioni di CO2, CO, NOx etc), ma anche tutte le operazioni di estrazione del gas naturale, la sua desolforazione etc.

Dai risultasti riportati si evidenzia che se consideriamo l’indicatore del Global Warming Potential (GWP), ovvero l’incremento dell’effetto serra, l’EPD media settoriale ha messo in evidenza come il solo consumo di energia (termica ed elettrica) rappresenta il 70% dell’intero effetto serra generato. Il dato comprende tutti i consumi energetici legati alla preparazione dell’impasto, l’atomizzazione, la fase di cottura e l’essiccamento. Nello specifico la fase di cottura rappresenta il maggior contributo (consumo e combustione di gas naturale). Anche la fase di atomizzazione contribuisce in modo significativo per questo indicatore: il 40% dell’effetto serra è imputabile alla sola fase di atomizzazione considerando in essa comprese anche le fasi di estrazione delle materie prime per l’impasto (argilla, feldspati etc), il consumo di energia elettrica, la combustione di gas naturale per la produzione di energia termica. Di questo 40%, il 18% è legato alla produzione ed estrazione delle materie prime. 

Un altro indicatore di rilievo è l’eutrofizzazione, ovvero l’Eutrophication Potential (EP), indicatore di un eccessivo accrescimento degli organismi vegetali ad opera dell’elevato apporto si sostanze nutritive come azoto, fosforo o zolfo, provenienti da fonti naturali o antropiche. 

Tale indicatore è influenzato oltre che dai consumi energetici (20%) e materie prime (13%) anche dai trasporti (14%), in particolare a causa della pro¬duzione del carburante per l’autotra¬zione. Si nota come l’emissione diretta degli stabilimenti di produzione della ceramica concorra per l’8% a causa delle emissioni di ossidi di azoto legate alla combustione del metano per scopi energetici. 

Anche l’acidificazione, Acidification Potential, responsabile della diminuzione del pH delle piogge, viene creata per il 13% direttamente da emissioni di stabilimento legate agli ossidi di azoto ed in parte di zolfo. Il 22% è generato della produzione di energia ed il 19% dalla produzione delle materie prime. 

Infine il consumo di risorse abiotiche, categoria che quantifica la riduzione di materie prime non rinnovabili ovvero con un tempo di rigenerazione superiore ai 500 anni, è dominato dalla produzione e correzione degli smalti e coloranti (95%), molti di essi infatti sono prodotti utilizzando ossidi di elementi naturali come l’alluminio, zinco e spesso piombo. 

Complessivamente si può concludere che la maggior parte delle categorie di impatto risultano dominate dai processi energetici e dal consumo di materie prime per gli impasti ceramici. Di seguito viene riportata anche una nota di approfondimento per i restanti tre indicatori: 

- il consumo energetico impatta anche per circa il 61% nell’indicatore di impoverimento abiotico per risorse fossili (ADPEf); 

- l’indicatore di assottigliamento della fascia di ozono stratosferico (ODP) è invece condizionato dagli impatti legati all’estrazione delle materie prime per il 37% e per il 33% da quelli dell’energia consumata (principalmente elettrica); gli impatti legati agli e smalti incidono per il 16%; 

- gli impieghi energetici sono importanti (46%) anche per il potenziale di formazione di ozono fotochimico (POCP) cioè la formazione di ozono troposferico in presenza di radiazione solare (photo-smog). 

La figura seguente mostra come sono distribuiti gli impatti nelle diverse fasi considerate nello studio. 


 

Articolo tratto da: CER il giornale della ceramica n. 361, gennaio febbraio 2017 

www.confindustriaceramica.it

 

 

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