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Energy transition manager? Ce l’abbiamo già

L’Energy Transition Manager è al centro della transizione energetica, ma una figura simile esiste già: l’Energy Manager. Dal 1991, grazie alla legge 10, e con la certificazione UNI CEI 11339, questa figura guida imprese e PMI verso decarbonizzazione e sostenibilità.

Chi è l’Energy Transition Manager e perché è importante per la transizione energetica

Di recente Federmanager ha proposto la figura dell’energy transition manager. Nel comunicato stampa dell’evento collegato si legge: «Come Federmanager, stiamo lavorando alla formazione e alla certificazione di quelle competenze manageriali innovative che oggi il mercato richiede e che possono costituire la chiave per l’attuazione degli scenari descritti nel PNIEC (Piano nazionale integrato energia e clima, NDR). È importante – aggiunge il Presidente Federmanager – che le imprese, in particolare le PMI, così come la Pubblica Amministrazione, si dotino di figure qualificate come quella dell’Energy Transition Manager, per guidare la transizione nei settori industriali».

Forse vale la pena fare qualche considerazione al riguardo, anche perché è evidente che siano necessari per le imprese dirigenti e quadri capaci di traghettarle nell’affrontare le sfide energetiche dei prossimi anni e, d’altra parte, diverse analisi ed esperienze personali portano a pensare che siano ancora pochi quelli in grado di farlo. Ben venga dunque lo stimolo dell’associazione dei dirigenti dell’industria.

 

L’Energy Manager: una figura già presente e certificata dal 1991

Cominciamo con una buona notizia. L’Energy Transition Manager ce l’abbiamo già, sia come ruolo che come percorso di certificazione.

Per il ruolo, è dal 1991 che esiste l’obbligo di nomina dell’Energy Manager per i consumatori medi e grandi, grazie alla legge 10.

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Figura che si occupa di gestione dell’energia all’interno delle imprese e che negli ultimi venti anni ha ovviamente raccolto le sfide legate alla transizione energetica, in genere in collaborazione con chi segue la sostenibilità.

Fra queste la decarbonizzazione, che risulta un’attività di solito legata in larga parte proprio all’energy management, se escludiamo le attività di compensazione.

   

La norma UNI CEI 11339: competenze richieste agli esperti in gestione dell’energia

In quanto alla certificazione, dal 2009 è disponibile la norma UNI CEI 11339 sull’esperto in gestione dell’energia (EGE).

Come tutte le norme UNI, è figlia di un lungo processo di dialogo e condivisione con tutti gli stakeholder di riferimento, atto a garantire l’ascolto delle varie parti e a rispondere al meglio alle esigenze del mercato.

La norma è stata aggiornata nel 2023 proprio per assicurare che gli energy manager e gli altri manager e professionisti certificati siano in grado di accompagnare al meglio le imprese in questa fase di transizione energetica.

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La norma UNI CEI 11339:2023, aggiornata dopo 13 anni tratta compiti e competenze dell'EGE. Introduce novità sulla qualificazione di attività professionali non regolamentate e riflette le nuove opportunità nel mercato dell'energia, come la sostenibilità. La conformità dell'EGE alla norma UNI CEI 11339:2023 consente di effettuare diagnosi energetiche in conformità alle norme UNI CEI EN 16247 parti 1-4.

La norma tecnica sugli EGE, infatti, richiede di avere maturato esperienza sul campo e la conoscenza e la capacità di implementazione:

  • dei sistemi di gestione dell’energia e delle diagnosi energetiche;
  • delle principali soluzioni per l’efficienza energetica;
  • della generazione di energia e delle fonti rinnovabili;
  • degli approvvigionamenti energetici;
  • delle valutazioni economiche e tecniche dei progetti;
  • della contrattualistica per la fornitura di beni e servizi;
  • degli aspetti legati alla decarbonizzazione, alla sostenibilità e alla digitalizzazione.

Questo ovviamente non toglie che possa esserci lo spazio per altre certificazioni legate ai manager della transizione energetica, ma occorre tenere presente quanto già abbiamo disponibile per evitare sovrapposizioni, confusione e costi aggiuntivi per le imprese e i professionisti.

C’è inoltre l’esigenza sia di estendere il numero degli Energy Manager e di altri manager dotati delle competenze di base sulle tematiche energetiche, anche nelle PMI, sia di formare quanti intendano operare in questo ambito.

Vale infatti la pena di evidenziare che non tutti possono certificarsi EGE, o per la mancanza di esperienza, o per la saltuarietà nella realizzazione di alcune delle attività obbligatorie, o per lo scarso interesse dell’impresa ad affrontare i costi della certificazione e dei rinnovi, o ancora perché interessati solo a una competenza di base sui temi coperti dalla norma UNI CEI 11339.

  

Evoluzione e collaborazione fra le figure aziendali nella sostenibilità

Qualche parola sul legame fra l’Energy Manager e le altre figure coinvolte nella sostenibilità e nella transizione energetica, visto che di tanto in tanto riaffiorano proposte per green manager o altre figure dal nome differente, ma che dovrebbero occuparsi di tutto ciò che riguarda l’energia, la sostenibilità, le risorse, etc.

La trasformazione che stiamo vivendo, fondata sui pilastri della sostenibilità e di un’economia più giusta e inclusiva, richiede evidentemente un’azione coordinata fra le varie funzioni aziendali.

In sostanza, servono specialisti per le attività legate alle varie dimensioni della sostenibilità che siano coordinati dall’alta direzione, per garantire un’evoluzione sostenibile, decarbonizzata e digitalizzata del core business. I manager tuttologi, invocati da alcuni in passato, risulterebbero del tutto inefficaci, a meno che non si voglia ridurre tutto a chiacchiere e green washing. Così come i manager specializzati, se non inseriti in una strategia aziendale volta a integrare le tematiche da loro seguite con il core business, e se non messi nella condizione di coinvolgere efficacemente le altre aree dell’impresa, finiscono per rimanere ai margini delle attività e per dare un contributo ridotto alle loro organizzazioni, come l’esperienza insegna.

  

Modelli organizzativi flessibili per un futuro sostenibile

Un’ultima considerazione, visto che si parla di management: se voglio fare evolvere in senso sostenibile un’impresa – agendo su voci come la povertà, la fame, la salute, le uguaglianze, la parità di genere, l’uso delle risorse, la pace e la giustizia, l’innovazione, la crescita e l’occupazione e così via – è chiaro che devo fare collaborare fra loro chi si occupa di persone, sicurezza, processi, prodotti, acquisti, risorse, ricerca e sviluppo, finanza, etc.

E per farlo mi serve un’organizzazione flessibile e, idealmente, orizzontale. Purtroppo la maggior parte delle imprese è rimasta indietro, ancorata a vecchi schemi organizzativi, e questo è un motivo in più per formare i manager affinché possano introdurre e gestire modelli aziendali adatti a questi tempi.

Articolo integrale in PDF

L’articolo nella sua forma integrale è disponibile attraverso il LINK riportato di seguito.
Il file PDF è salvabile e stampabile.

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