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Emergenza idrica: intervenire attraverso la digitalizzazione e l'innovazione tecnologica

Il cambiamento climatico provocherà inondazioni più invasive, violente, purtroppo mortali, e siccità profonde che andranno a distruggere l'equilibrio idrogeologico di tante aree del pianeta. La soluzione ingegneristica non sono più solo dighe e argini, ma occorre un nuovo approccio, che utilizzi anche i nuovi strumenti della digitalizzazione. Un esempio lo abbiamo descritto in un recente articolo "Interventi per la difesa idraulica di Olbia". Di seguito qualche ulteriore riflessione.

Emergenza idrica: un crescente problema globale

Nel 2018 pubblicammo un articolo sul problema idrogeologico in cui si evidenziava che in Italia, dal 1969 a quell'anno, si contavano 1132 persone morte per frane, 581 per inondazioni, 320.117 senza tetto e oltre 3500 eventi naturali di carattere disastrosi, che hanno interessato 3629 località in ben 2068 Comuni italiani.

Si tratta di una situazione purtroppo in via di peggioramento, a causa dei fenomeni di antropizzazione dei territori così come del cambiamento climatico. Scioglimento dei ghiacci, innalzamento livello marino, fenomeni meorici violenti, siccità, dissesto idrogeologico ... sono alcuni degli effetti che stanno rapidamente aumentando.

Pensiamo al problema dello scioglimento dei ghiacci: nel 2017 siamo arrivati a 1,3 miliardi di miliardi di tonnellate/anno di ghiaccio sciolto a livello globale (studio condotto da un gruppo di ricercatori guidato dall'Università di Leeds del Regno Unito, utilizzando dati ottenuti dai satelliti ERS, Envisat e CryoSat dell'ESA, oltre che dalle missioni Copernicus Sentinel-1 e Sentinel-2). Per avere un'idea di quanto sia un miliardo di miliardo di tonnellate si pensi ad un cubo di ghiaccio da 10 chilometri di lato. Solo questo dato ci porta a pensare agli effetti sull'innalzamento dei livelli del mare, cui lo scioglimento dei ghiacciai contribuisce in larga misura. Secondo gli scenari calcolati nel 2021 e visibili sulla mappa della Nasa pubblicata sul Sea Level Portal, si prevede un aumento degli oceani di oltre mezzo metro fino al 2100. 

Se prendiamo a riferimento il 2021, possiamo osservare come parti dell'Europa occidentale siano state sconvolte da inondazioni con conseguenze mortali,  in cui il livello dei fiumi è cresciuto come non si vedeva da 500 a 1.000 anni.

Inondazioni distruttive hanno colpito anche la Cina centrale, allontanando dalle proprie case più di un quarto di milione di persone. Nel frattempo, un'ampia fascia degli Stati Uniti sudoccidentali è rimasta bloccata in una mega siccità, il secondo periodo di 20 anni più secco in 1.200 anni.

 

Emergenza idrica: siamo preparati ? no

Il riscaldamento del pianeta sta fondamentalmente alterando il ciclo dell'acqua e la maggior parte del mondo è impreparata alle conseguenze.

La cosa che più ci sorprende è che malgrado gli innovativi strumenti di modellazione territoriale, gli strumenti di previsione meteorica, l'evoluzione della geotecnica, dell'idraulica, della geologia i nostri Paesi, anche quelli più evoluti, non siano ancora in grado di fornire al territorio quel livello di resilienza tale da evitare eventi catastrofici. E questo malgrado che, a livello globale, circa 60.000 grandi dighe ora catturano e immagazzinano l'acqua, consentendo agli ingegneri di "accendere e spegnere" i fiumi come le opere idrauliche, che sono stati realizzati migliaia di chilometri di argini artificiali per proteggere strade, infrastrutture, città dalle inondazioni dei fiumi.

E non ci sono solo problemi riguardanti la sicurezza idrogeologica. L'acqua è un bene fondamentale per le persone, per l'agricoltura, per l'industria. 

Uno dei campanelli d'allarme più allarmanti è arrivato nel 2018, quando la città di Cape Town, in Sud Africa, è stata quasi costretta a chiudere i rubinetti dell'acqua potabile di 4 milioni di residenti. Tre anni consecutivi di siccità avevano prosciugato i suoi serbatoi. Conseguenza: la città ha iniziato ad annunciare pubblicamente il "Day Zero", la data in cui l'acqua non sarebbe più fluita nei rubinetti domestici. Gli scienziati in seguito hanno stabilito che il cambiamento climatico aveva reso l'estrema siccità di Città del Capo da cinque a sei volte più probabile.


Che cosa è la siccità

Per siccità si intende una temporanea riduzione delle disponibilità idriche, ad esempio in assenza di piogge per un lungo periodo. La carenza idrica si verifica invece quando la domanda di acqua supera la disponibilità di risorse idriche sostenibili.


 

Una persona su tre, secondo i dati dell'Onu diffusi nella Giornata mondiale dell'acqua del 2019, non ha accesso all'acqua pulita. Quattro miliardi di persone vivono in aree che soffrono di grave carenza d'acqua almeno un mese all'anno. Circa 1,6 miliardi di persone hanno a che fare con una scarsità d'acqua "economica": l'acqua sarebbe fisicamente disponibile, ma mancano le infrastrutture per farla arrivare alle persone. E la situazione peggiorerà, senza interventi efficaci, tanto che si stima che entro il 2050 saranno 5,7 miliardi a vivere in zone con carenza idrica per almeno un mese all'anno.

D'altronde la capacità di stoccaggio dell'acqua negli invasi si riduce dell'1% ogni anno, per l'aumento della popolazione e i sedimenti nei depositi. L'utilizzo di acqua potabile continua a crescere dell'1% l'anno dal 1980. L'agricoltura impiega in media il 69% dell'acqua dolce per usi umani (in alcuni paesi questa percentuale sale al 95%). L'industria assorbe il 19%, le città il 12%.

Nel periodo fra il 2009 e il 2019, la siccità ha colpito 100 milioni di persone al mondo, uccidendone 2000 e causando 100 miliardi di dollari di perdite. La Banca Mondiale stima che le regioni affette da carenza d'acqua possano vedere calare il loro Pil del 6% al 2050. Dare l'accesso all'acqua potabile a 140 stati a medio e basso reddito entro il 2030 (l'obiettivo 6 dell'Agenda 2030 dell'Onu sulla sostenibilità) costerebbe 114 miliardi di dollari all'anno nei prossimi dieci anni.

 

Più dighe ? non basta

Per quanto allettante possa essere, la soluzione non può essere quella di interventire ulteriormente sulla natura costruendo versioni più grandi, più alte e più lunghe di infrastrutture di ingegneria idrica.

E occorre intervenire perchè siccità, inondazioni e altri disastri legati al clima hanno costi molto elevati. Nel 2017, tre grandi uragani negli Stati Uniti sono stati la causa principale di un record di 306 miliardi di dollari di danni, più di sei volte la media annuale dal 1980. Sebbene il 2017 sembri essere un valore anomalo, gli scienziati del clima prevedono che i costi annuali dei disastri di tale entità saranno comune alla fine del secolo.

Occorre intervenire rispettando il ciclo dell'acqua.

Man mano che le inondazioni peggiorano, ad esempio, invece di aumentare l'altezza degli argini, cosa che spesso intensifica le inondazioni a valle, possiamo considerare modi per ricollocare e ricollegare strategicamente i fiumi alle loro pianure alluvionali naturali. In questo modo, possiamo mitigare le inondazioni, catturare più carbonio, ricaricare le acque sotterranee e costruire habitat critici per pesci, uccelli e fauna selvatica.

In un recente articolo ho riportato il dato sulla cattura del carbonio degli habitat naturali (Gli Ecosistemi terrestri e marini e la loro azione per la cattura del carbonio). La zona umida sequestra infatti anche carbonio e funge anche da riserva naturale, offrendo preziosi benefici per il clima e la fauna selvatica, nonché opportunità ricreative. Attraverso il suo programma "Room for the River", gli olandesi stanno implementando questi progetti di controllo delle inondazioni basati sulla natura in 30 località del paese.

E gli stessi Paesi Bassi, un paese rinomato per la sua ingegneria idrica avanzata, hanno evitato gravi danni causati dalle inondazioni storiche del luglio 2021 grazie al suo nuovo approccio al controllo delle inondazioni, che offre ai fiumi spazio per espandersi durante gli eventi alluvionali. Il fiume Maas, che scorre dal Belgio (dove è chiamato Mosa), ha battuto il record di alta portata del 1993 lo scorso luglio, ma ha causato meno danni di quella precedente alluvione. Uno dei motivi è stato un progetto completato di recente che ha deviato le acque alluvionali in una zona umida di 1.300 acri. 

La contea di Napa, in California, ha adottato un approccio simile durante la riprogettazione del suo sistema di controllo delle inondazioni per il fiume Napa. All'inizio del 1900, gli ingegneri raddrizzarono e approfondirono il canale di Napa e ne riempirono le zone umide e le paludi di marea. Dopo che l'area ha subito 11 gravi inondazioni tra il 1962 e il 1997, i funzionari locali hanno chiesto al Corpo degli ingegneri dell'esercito degli Stati Uniti di collaborare a una strategia del "fiume vivente" che avrebbe ricollegato il Napa con la sua storica pianura alluvionale, spostato case e attività commerciali al riparo dai pericoli, rivitalizzato zone umide e paludose e costruire argini e bypassare canali in posizioni strategiche. I residenti hanno votato per aumentare la loro imposta locale sulle vendite di mezzo centesimo per pagare la loro quota dello sforzo di $ 366 milioni. Oltre ad acquisire nuovi sentieri per il birdwatching e l'escursionismo, la città di Napa ha beneficiato di oltre 1 miliardo di dollari di investimenti privati ​​che hanno rivitalizzato il centro.

 


Che cosa è la resilienza 

Il termine resilienza deriva dal latino re-silio, ovvero “risalire, tornare indietro”. Si tratta di un termine ancora "nuovo", molti ancora non ne conoscono neppure il significato, fino a pochi anni fa non veniva neppure citato, e solo di recente si è cominciato a utilizzarlo, in ingegneria come in architettura, in sociologia come in psicologia, in ecologia come in biologia ...


 

Negli USA un approccio concreto 

Nel tentativo di scalare i sistemi basati sulla natura, il Congresso degli Stati Uniti ha ordinato al Corpo degli ingegneri dell'esercito degli Stati Uniti nel 2020 di considerarli alla pari con le infrastrutture più convenzionali. Sul libro di Pietro Mezzi "Fare Resilienza" è possibile trovare molti esempi positivi di intervento sull'ambiente costruito per migliorare la capacità del territorio di affrontare eventi calamitosi intensi.

Uno dei più ecclatanti è quello che riguarda la città di New York, che ha lanciato un enorme progetto di resilienza climatica per cercare di evitare gli errori del passato e proteggersi dalle condizioni meteorologiche più estreme che la attendono in futuro. Ne avevo parlato nell'articolo "Non siamo su un sentiero di resilienza".

New York è l’hub economico statunitense; sicuramente, è anche una delle città più minacciate dal cambiamento climatico. Lungo i suoi 836 km di costa, gli esperti temono che il livello del mare possa aumentare di 20-75 cm entro il 2050. Questo aumento potrebbe mettere sott’acqua parte di New York, in particolare l’isola di Manhattan. 

Già nel 2012, subito dopo che la super tempesta Sandy aveva colpito la città, uccidendo 44 residenti, con un impatto su altri 110.000 e provocando danni per 19 miliardi di dollari in conseguenza di un livello dell’acqua che salì fino a 2,4 m, distruggendo o danneggiando le infrastrutture nel raggio di un miglio e tagliando i trasporti, le comunicazioni, l’elettricità e l’acqua corrente – aveva istituito il cosiddetto East Coast Resiliency Project (ESCR), che correva per 4 km lungo la costa di Lower Manhattan. L’uragano Ida, che ha devastato parti della città quest’anno, ha impresso ulteriore impulso al progetto.

Nell’ambito dell’East Coast Resiliency Project (ESCR), in collaborazione con New York City, Bjarke Ingels Group – un gruppo di architetti, designer e costruttori con sede a Copenaghen e New York che opera nei settori dell’architettura, dell’urbanistica, della ricerca e dello sviluppo – ha sviluppato The BIG U, una proposta per proteggere lower Manhattan da inondazioni, tempeste e altri impatti di un clima che cambia (in peggio). The BIG U prevede un sistema di protezione della topografia pianeggiante di Manhattan che inizia dalla 57a strada ovest, scendendo fino a The Battery, e poi risalendo fino alla 42a est. La proposta è stata concepita come 10 miglia continue di protezione su misura, per rispondere alle caratteristiche urbanistiche e sociali dell’area e assicurare alla comunità residente i servizi desiderati.

 

Esiste una norma per valutare la resilienza.

Nel 2020 è stata infatti pubblicata la ISO 37123 che fornisce gli indicatori per valutare la capacità di adattamento delle città. 

La ISO 37123 “Indicators for resilient cities” infatti fornisce gli indicatori per valutare il livello di resilienza delle città, cioè la loro capacità di adattarsi alle sfide e di reagire in caso di eventi imprevisti, mantenendo attive le funzioni essenziali. Tutte le ISO, che fanno parte di questa famiglia, hanno lo scopo di aiutare le comunità ad attuare una strategia di sviluppo sostenibile, che tenga in considerazione il contesto economico, sociale e ambientale.

Esse sono studiate per offrire alle comunità una strategia di sviluppo a lungo termine, rispettando le risorse e i bisogni delle generazioni presenti e future.

 

Intervenire sull'agricoltura 

Corrette pratiche agricole cpossono portare a rigenerare il suolo, riportandolo in uno stato di salute.

A livello globale, i suoli possono contenere otto volte più acqua di tutti i fiumi del mondo messi insieme, ma raramente pensiamo ai suoli come a un serbatoio d'acqua.

Gli scienziati hanno scoperto che aumentare la materia organica nel suolo di un punto percentuale può aumentare la capacità di ritenzione idrica del suolo fino a 18.000 galloni per acro, creando resilienza sia alle piogge intense che ai periodi di siccità.

Ciò significa che le pratiche sui terreni agricoli che rigenerano i suoli, come la semina di colture di copertura durante la bassa stagione, possono non solo aumentare i raccolti e ridurre i costi, ma anche migliorare la gestione dell'acqua e mitigare il cambiamento climatico. Come bonus aggiuntivo, le colture di copertura riducono il deflusso delle fattorie, il che significa meno inquinamento da azoto e fosforo di fiumi, torrenti e falde acquifere. Ciò, a sua volta, significa un minor numero di fioriture di alghe tossiche che minacciano l'acqua potabile, la pesca costiera e i laghi interni in tutto il mondo.

Per fare questo sono necessarie nuove politiche e incentivi che riconoscano le interconnessioni tra clima, acqua e agricoltura per espandere l'uso di tali soluzioni basate sulla natura.

Politiche che non possono permettersi il lusso di essere "prevenute": sto riferendomi ovviamente agli OGM. Purtroppo però le soluzioni che richiedono una visione olistica non sono facili, poiché richiedono pensare e agire al di fuori dei contesti populistici, burocratici, professionali, ma sono la chiave necessaria per costruire un futuro vivibile.

Sebbene sia troppo tardi per evitare gli impatti dei cambiamenti climatici, possiamo evitare il peggiore di questi impatti investendo maggiormente in tali soluzioni idriche basate sulla natura.

 

L'innovazione digitale per combattere l'emergenza idrica

Come riportato nell'incipit di questo articolo vi sono strumenti digitali che possono oggi supportare sia la progettazione di interventi idraulici che l'analisi e il monitoraggio dei territori. L'esempio citato di Olbia è un caso concreto.

L'tilizzo di dati satellitari per il monitoraggio di siccità e pratiche irrigue è sempre più diffuso. Le osservazioni satellitari rappresentano uno strumento strategico per osservare i processi e i cambiamenti che avvengono sulla superficie terrestre a scala globale, con risoluzioni spaziali sempre più precise. Ciò permette di monitorare variabili climatologiche essenziali quali l’umidità del suolo, l’evapotraspirazione e la vegetazione.

Interessante la lettura anche di questo articolo in cui viene presentato un progetto unico guidato da L&T Construction Water & Effluent Treatment IC, per il governo di Kartanaka, in cui le soluzioni end-to-end di ABB aiuteranno le autorità idriche locali a monitorare, misurare e ottimizzare l'uso dell'acqua in questa regione colpita dalla siccità del sud-ovest dell'India, oltre a pompare e distribuire acqua di fiume trattata e pulita alle case dei villaggi. 

Altro articolo interessante è "L’IoT sta rivoluzionando l’agricoltura" in cui si evidenzia come negli ultimi anni molti agricoltori hanno iniziato a utilizzare i dati per raccogliere informazioni essenziali sul suolo, sui raccolti, sull’allevamento e sulle condizioni atmosferiche. Le attuali tecnologie IoT su reti 3G e 4G permettono il monitoraggio avanzato delle coltivazioni e del bestiame. Reti a bassa potenza e sensori più economici stanno preparando il terreno per la diffusione dell’IoT in molti ambiti dell’agricoltura come l’irrigazione di precisione delle colture nei campi, la sorveglianza di grandi mandrie di bestiame, il controllo dell’uso e delle prestazioni degli edifici remoti, il monitoraggio di grandi flotte di macchinari.

 

Emergenza idricaEmergenza idrica: il progresso può essere un amico, non un nemico

In questo breve articolo ho voluto riaccendere l'attenzione su un problema di enorme gravità e urgenza. 

Un problema che per essere affrontato richiede, innanzitutto, una maggiore attenzione degli equilibri del pianeta, a cominciare dalla riduzione delle emissioni dannose e dal ripristino di pratiche umane ed economiche corrette. Ma purtroppo gli effetti di questo cambiamento non si vedranno in tempi brevi, e il piano di adozione è lungo (parliamo di agenda 2050, non 2023). Ecco allora che è necessario attivare anche delle soluzioni che la tecnologia oggi ci rende disponibili, a cominciare da quelle collegate all'innovazione digitale.

Questo richiede governi preparati e decisi, anche nel superare barriere lobbistiche che non sempre arrivano dall'industria ma sono sempre più alimentate da movimenti populisti, investimenti appropriati e una maggiore attenzione alle soluzioni che il mondo tecnico oggi è in grado di offrire.

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