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Efficacia di esoscheletri a basso danneggiamento: progettazione concettuale e valutazione della classe di rischio sismico

Il presente lavoro intende evidenziare i vantaggi legati all’implementazione di esoscheletri a basso danneggiamento per il rinforzo sismico di edifici esistenti in calcestruzzo armato. Tramite un confronto con le più tradizionali tecniche di riabilitazione, i vantaggi legati a questa soluzione vengono valutati sia in termini di sicurezza che di perdite economiche.

L’importanza del rinforzo sismico per il raggiungimento di una società più resiliente

L'elevata vulnerabilità sismica del patrimonio edilizio europeo costruito prima degli anni '70, specialmente nell'area mediterranea, è stata ulteriormente messa in luce dai più recenti e catastrofici eventi sismici.

Questi edifici risultano spesso non conformi rispetto alle moderne normative sismiche, in quanto progettati seguendo un approccio elastico basato sulle "tensioni ammissibili" (in linea con le normative e la pratica costruttiva dell’epoca) e non considerando i più moderni principi di progettazione sismica basati sulla "progettazione in capacità" (principi di “gerarchia delle resistenze").

Se si considerano edifici con struttura portante a telaio in calcestruzzo armato (CA) - che rappresentano una grande porzione del patrimonio edilizio italiano ed europeo - , le principali criticità strutturali attese in edifici esistenti pre-’70 possono essere riassunte in:

  • assenza di adeguati dettagli costruttivi,
  • quantitativi di armatura trasversale insufficiente nelle travi e nei pilastri,
  • carenza o totale assenza di staffe nei pannelli nodali,
  • impiego di barre di armatura lisce e ancoraggi uncinati,
  • lunghezza di ancoraggio/sovrapposizione inadeguata e generalmente posta nelle “zone dissipative”,
  • connessione inadeguata tra diaframmi e sistemi resistenti alle azioni laterali,
  • scarsa qualità dei materiali da costruzione,
  • e, fondamentalmente, assenza di gerarchia di resistenze sia a livello locale che globale.

Queste criticità possono comportare la formazione di meccanismi di rottura fragili, i quali possono facilmente innescare fenomeni di collasso parziale o globale [1].


Strategie di rinforzo sismico degli edifici esistenti

Per le ragioni sopra evidenziate, negli ultimi anni si è dedicato uno sforzo di ricerca senza precedenti al fine di sviluppare strategie e tecniche efficienti ed economicamente sostenibili per il rinforzo sismico degli edifici esistenti.

Tra queste sono state proposte strategie sia locali - che mirano a modificare e ristabilire una corretta "gerarchia di resistenza" nei sotto-assemblaggi nodo-trave-pilastro - sia globali, come gli interventi che sfruttano sistemi di esoscheletri.

La Figura 1 mostra schematicamente due strategie di rinforzo che sfruttano tecniche d’intervento locali:

  • a) l’implementazione di polimeri fibro-rinforzati in carbonio (CFRP) per il rinforzo dei nodi trave-pilastro;
  • e b) l’implementazione di un’incamiciatura in calcestruzzo armato (o Concrete Jacketing, CR) che invece permette il rinforzo dei pilastri e dei nodi se l’intervento viene applicato su due piani consecutivi.

Tuttavia, quando si prendono in considerazione tali interventi nel caso di interventi locali come quelli precedentemente illustrati, bisogna tenere in considerazione l’elevato disturbo che l’implementazione degli stessi può causare agli occupanti.

Infatti, la loro realizzazione può richiedere generalmente la demolizione di porzioni di tamponature, rendendo quindi l’edificio inutilizzabile per un certo periodo di tempo.

Figura 1 – Esempi di interventi locali sfruttando: a) CFRP: e b) CJ
Figura 1 – Esempi di interventi locali sfruttando: a) CFRP: e b) CJ


L’utilizzo di esoscheletri, invece, sta riscuotendo un crescente interesse grazie agli intrinsechi vantaggi di questa soluzione, tra cui la possibilità di essere implementata interamente dall'esterno dell'edificio, riducendo quindi al minimo il disturbo per gli occupanti.

Inoltre, tale soluzione consente una facile implementazione di interventi di riqualificazione integrati (sismici/energetici/architettonici) degli edifici, contribuendo allo sviluppo di una società più resiliente nei confronti dei rischi naturali, energeticamente efficiente e sostenibile.

Per tali motivi, l'implementazione di interventi integrati sismico-energetici-architettonici risulta particolarmente importante oggi per favorire un'azione senza precedenti volta a raggiungere un’effettiva transizione verso una società più sostenibile, in linea con gli obiettivi europei di riduzione delle emissioni di CO2 [2, 3].

Al fine di migliorare quanto più possibile la resilienza nei confronti degli eventi sismici, la presente ricerca si pone l’obiettivo di studiare l’implementazione di esoscheletri a basso danneggiamento, andando quindi a sfruttare la tecnologia PREcast Seismic Structural System (PRESSS, maggiori dettagli sono forniti nei paragrafi successivi), [4, 5, 6].

Inoltre, come accennato in precedenza, l'esoscheletro può facilitare l’implementazione di interventi integrati in quanto può fungere da supporto per una "doppia pelle" ad alte prestazioni, consentendo anche l'efficientamento energetico ed il restyling architettonico.

Inoltre, data l'alta vulnerabilità dei componenti “non strutturali” di facciata - che possono risultare danneggiati e perdere funzionalità anche per terremoti di bassa intensità - l’esoscheletro può essere realizzato sfruttando tecnologie a basso danneggiamento sia per i componenti strutturali che per quelli non strutturali [7, 8, 9].

Al culmine di più di venti anni di studi e ricerche numerico-sperimentali, e di implementazione in situ su vari edifici, alcuni dei quali colpiti da eventi sismici significativi con eccellenti prestazioni [7], l'efficienza delle soluzioni integrate a basso danneggiamento per l’intero sistema edilizio (scheletro strutturale e sistema di partizioni/facciate non strutturale) è stata recentemente dimostrata, mediante test su tavola vibrante tridimensionale su un prototipo di edificio (a scala ridotta, 1:2) di due piani, presso il Laboratório Nacional de Engenharia Civil (LNEC) a Lisbona [10, 11, 12].

Inoltre, sono state sviluppate e proposte varie soluzioni a basso danneggiamento per pareti di tamponatura [13, 14], partizioni interne [15], pannelli di rivestimento pesanti [16] e facciate in vetro [17].

La Figura 2a illustra la strategia proposta per l’implementazione di interventi integrati (sismici-energetici) su edifici esistenti in calcestruzzo armato (CA).

La Figura 2b illustra come sia possibile collegare l’esoscheletro esterno alla struttura esistente, mediante l’installazione di barre di post-tensione, [18].

Infine, la Figura 2c mostra il dettaglio costruttivo di un nodo trave-pilastro realizzato implementando la tecnologia PRESSS, la quale come detto in precedenza, sarà discussa nel dettaglio nei prossimi paragrafi.

Figura 2 – a) Schema dell’approccio olistico proposto per la riqualificazione integrata degli edifici esistenti in calcestruzzo armato, con b) dettaglio del sistema di connessione tra la struttura esistente e l’esoscheletro esterno (modificato da Takeda et al. [18]), e c) dettaglio di un nodo trave-pilastro realizzato implementando la tecnologia a basso danneggiamento PRESSS
Figura 2 – a) Schema dell’approccio olistico proposto per la riqualificazione integrata degli edifici esistenti in calcestruzzo armato, con b) dettaglio del sistema di connessione tra la struttura esistente e l’esoscheletro esterno (modificato da Takeda et al. [18]), e c) dettaglio di un nodo trave-pilastro realizzato implementando la tecnologia a basso danneggiamento PRESSS.


Inoltre, il presente contributo fornisce i dettagli per la progettazione concettuale di esoscheletri sfruttando la tecnologia a basso danneggiamento PRESSS, ed entra nel dettaglio della procedura analitica utilizzata per la progettazione dell’intervento. 

Nonostante in precedenza si siano messi in luce i vantaggi della strategia di intervento proposta in un’ottica olistica, e sebbene l'efficienza energetica e la sostenibilità siano argomenti di crescente interesse, questo articolo si concentra sul confronto tra soluzioni alternative di rinforzo sismico.

In particolare, il confronto tra le diverse tecniche di rinforzo analizzate viene effettuato in termini di Indice di Sicurezza (IS-V, definito come il rapporto tra la Capacità sismica dell’edificio in esame e la Domanda sismica per un edificio di nuova progettazione nello stesso sito [19, 20]) e di un indice economico connesso alle Perdite Annue Medie (PAM [20], o Expected Annual Losses, EAL, in inglese), con l’obiettivo ultimo di andare a definire la Classe di Rischio Sismico, secondo [20].

Per la valutazione dell’indice PAM o EAL, si considerano differenti metodologie alternative, tra le quali anche una proposta di miglioramento della metodologia semplificata descritta nelle “Linee Guida per la Classificazione del Rischio Sismico delle Costruzioni” [20]. 

Infine, con l’obiettivo di mettere in luce i vantaggi della soluzione proposta, sono state implementate strategie alternative di rinforzo sismico su un edificio caso studio. I risultati di tali analisi sono consultabili nell'articolo Rinforzo sismico mediante esoscheletri a basso danneggiamento: applicazione ad un caso studio.


Progettazione concettuale di interventi di rinforzo sismico mediante esoscheletri

Come accennato in precedenza, in questo lavoro le alternative basate sull’implementazione di esoscheletri si basano sull’utilizzo di pareti e telai a basso danneggiamento sfruttando la tecnologia PREcast Seismic Structural System (PRESSS).

In particolare, le prossime sezioni forniscono una panoramica sia della tecnologia PRESSS che della procedura Displacement-Based Retrofit (DBR) adottata per la progettazione dell’esoscheletro stesso.


La tecnologia PREcast Seismic Structural Systems (PRESSS)

La tecnologia a basso danneggiamento considerata si riferisce alla PREcast Seismic Structural System (PRESSS) Technology, ampliamente testata e studiata a partire dagli anni '90 presso l'Università della California di San Diego (UCSD) e successivamente presso l'Università di Canterbury, Christchurch, Nuova Zelanda [5, 6, 21].

Tale sistema mira alla “sostituzione” delle tradizionali cerniere plastiche, il cui sviluppo è tipico nei sistemi monolitici, con connessioni a secco, tramite tecniche di post-tensione non aderente, in grado di sviluppare un meccanismo di “rocking” controllato all'interfaccia tra gli elementi strutturali (ad esempio, trave-pilastro, pilastro-fondazione, parete-fondazione).

La tecnologia PRESSS utilizza due tipologie di armatura.

La prima consiste in cavi/barre di post-tensione non aderenti (unbonded) progettati per rimanere elastici e consentire quindi la capacità di ricentramento del sistema alla fine del terremoto, garantendo dunque spostamenti residui ridotti o trascurabili.

L’altra consiste in armature interne, o preferibilmente, dissipatori esterni e sostituibili “Plug&Play” [21, 22], che garantiscono una capacità di dissipazione dell’energia al sistema. Combinando la capacità di ricentramento con quelle di dissipazione dell’energia, si ottiene un particolare ciclo di isteresi a forma di “bandiera” (Flag-Shape) per la tecnologia PRESSS.

Uno dei parametri chiave nella progettazione delle strutture PRESSS è il “Rapporto di Ricentramento” λ, [23], definito come il rapporto tra il contributo del momento dovuto alla post-tensione/carico assiale e quello relativo alle armature interne o ai dissipatori esterni Plug&Play.

Considerando la definizione di λ, valori elevati di questo parametro sono associati a cicli isteretici che racchiudono un’area minore (e quindi con minori capacità dissipative), garantendo capacità di ricentramento superiori del sistema. La Figura 3 mostra vari esempi di connessione basata sulla tecnologia PRESSS. In particolare, la Figura 3a mostra un esempio di connessione trave-pilastro con dissipatori interni, la Figura 3b una connessione pilastro-fondazione con dissipatori esterni, mentre la Figura 3c mostra uno schema in cui il sistema resistente è costituito da setti accoppiati mediante dispositivi che garantiscono la dissipazione energetica, ovvero gli “U-shape Flexural Plate” o UFP, [24].

Figura 3 – a) Esempio di una connessione trave-pilastro in una struttura PRESSS con dissipatori interni, b) connessione pilastro-fondazione con dissipatori esterni Plug&Play, c) esempio di setti accoppiati mediante dispositivi UFP, e d) ciclo isteretico “Flag-Shape” tipico nelle strutture PRESSS (modificata da [23, 26]).
Figura 3 – a) Esempio di una connessione trave-pilastro in una struttura PRESSS con dissipatori interni, b) connessione pilastro-fondazione con dissipatori esterni Plug&Play, c) esempio di setti accoppiati mediante dispositivi UFP, e d) ciclo isteretico “Flag-Shape” tipico nelle strutture PRESSS (modificata da [23, 26]).


Inoltre, la tecnologia PRESSS consente di superare i problemi ormai ben noti legati alle attività di riparazione dello scheletro strutturale (relative alla formazione di cerniere plastiche in travi/pilastri) e agli spostamenti residui osservati negli edifici a seguito di un severo evento sismico [25].

Infatti, per un sistema PRESSS, come confermato dagli eventi sismici in Nuova Zelanda (Cantebrury Earthquake Sequence 2010-2011 e Kaikoura Earthquake 2016) ci si aspetta di ottenere tempi di riparazione limitati e costi molto ridotti, poiché solo gli elementi “sacrificali” Plug&Play potrebbero richiedere la sostituzione dopo terremoti di elevata intensità [7, 26].

Maggiori informazioni tecnico-divulgative sulle soluzioni a basso danneggiamento sono reperibili in un video presentato su Ingenio.

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