Architettura
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Edifici sacri in c.a.: la Chiesa di Salerno

L’edificio sacro salernitano, consacrato nel giugno 1974, che appare ancora oggi sorprendente per la sua originalità, rappresenta un vero e proprio capolavoro dell’architettura contemporanea dell’Italia Meridionale.

La chiesa della Sacra Famiglia a Salerno: l'opera di Paolo Portoghesi

La chiesa della Sacra Famiglia, situata nel rione Fratte, è un’opera di straordinario interesse architettonico. La chiesa, ideata e progettata nel 1968, dall’architetto Paolo Portoghesi, con l’ingegnere salernitano Vittorio Gigliotti, è stata costruita dal 1971 al ’73. Questo straordinario edificio religioso, tenacemente voluto da Nicola Roberto dei Padri Dottrinari, è stato interamente realizzato in calcestruzzo armato, disegnato per rinnovare alle radici la liturgia cattolica seguendo i canoni del Concilio Vaticano II. Ai testi conciliari, infatti, si ispirarono i progettisti e padre Roberto, che volle la nuova chiesa con l’altare rivolto verso il pubblico, chiamato ora a partecipare direttamente con la parola e con la preghiera al rito religioso comunitario.

La costruzione dell’edificio ha inizio nel 1971 dopo un impegnativo lavoro di sbancamento, di bonifica della zona e di carpenteria specializzata, che vide all’opera qualificate maestranze, tra cui anche squadre esperte nella costruzione navale, data la particolarissima curvatura delle strutture.

Il 25 giugno 2011 è stato inaugurato il nuovo sagrato: l’intervento del Comune di Salerno ha permesso la completa ristrutturazione dell’area antistante l’edificio.

La struttura

Il cerchio è l’elemento ispiratore dell’intera opera, infatti la chiesa si compone strutturalmente di sei centri contenuti in cerchi concentrici. L’idea dei progettisti è stata quella di realizzare un edificio che esprimesse, attraverso la scelta delle forme curve, i concetti di unità e di centralità del divino. Alzando lo sguardo, l’attenzione viene catturata dai tre cerchi convessi principali che, convergendo, generano la cupola. Essi, in termini artistici, rappresentano il culto celebrato all’ombra di tre grandi alberi. La convergenza di tre elementi in uno solo allude chiaramente alle tre persone divine, secondo la logica del “tre in uno” della teologia cristiana.

Il primo cerchio più grande, che emerge dalla natura visualizzabile nelle vetrate verdi-azzurre, simboleggia il Padre Creatore; il secondo cerchio, che forma il camino del tabernacolo della presenza eucaristica, simboleggia il Figlio Gesù; il terzo cerchio, che emerge dal presbiterio con la sede per i ministri del culto e il sito del Battistero, simboleggio lo Spirito Santo.
Se da un lato è rappresentato il mistero della Trinità, dall’altro, emerge velatamente, a partire dall’abbraccio delle due rampe di ingresso che circondano l’edificio sacro, la dedica della chiesa alla Sacra Famiglia di Nazareth. Di grande effetto sono i giochi di luce creati dalle aperture strette e lunghe delle finestre nelle diverse ore del giorno e della sera. Entrando dall’ingresso principale della rampa a destra si è posti subito di fronte ad una composizione delle vetrate che vuole dare l’immagine di una chiesa tradizionale con tetto a spiovente e alto campanile.

Girandosi poi verso il centro della chiesa si entra nella nuova concezione architettonica di chiesa tipicamente postconciliare. I diversi colori delle vetrate simboleggiano il dialogo necessario tra la natura umana nel colore verde-azzurro e la natura divina nel colore giallo-bianco.
L’altare, prima mensa, situato in posizione centrale, è innalzato su un piedistallo in marmo. L’ambone, seconda mensa, in posizione decentrata, riprende lo stile a clessidra ed il materiale dell’altare, piedistallo in marmo e struttura in cemento, per richiamare, secondo le vigenti norme liturgiche, la collateralità delle due mense e la complementarietà nell’unica celebrazione.

 

Le geometriche essenzialità delle strutture tubolari sono assimilabili a fiamme accese che riscaldano i credenti e li orientano verso l’alto, dove le aperture circolari invitano al contatto diretto con Dio, tradizionalmente immaginato“nell’alto dei cieli”.

«Si trattava di un edificio complesso – ricorda l'arch. Portoghesi in una recente intervista – costruito tutto in calcestruzzo e al tempo affidammo la realizzazione delle casseforme in legno agli operai salernitani dei cantieri navali. Qui trovammo una manodopera molto esperta e si deve anche agli operai la perfetta riuscita delle forme». La chiesa ha visto, infatti, impegnati maestranze specializzate nella costruzione delle navi, una competenza necessaria per la particolare curvatura delle strutture. Come ricorda l’architetto, il progetto rimase però incompiuto, dal momento che esso «prevedeva anche la realizzazione di un asilo, un oratorio,ed altri edifici religiosi e civili», non compiuti per mancanza di fondi. In seguito, intorno all’edificio sacro si è sviluppata «un’edilizia popolare che ha completamente alterato il progetto originario, adesso immerso nel traffico e nelle auto in sosta».

 

 

 

 

 La chiesa di Fratte rappresenta un punto nodale della carriera di Paolo Portoghesi, sia per la sua attività di progettista che per quella di storico. «Il metodo storico di Portoghesi – ha scritto un suo attento sostenitore, Giulio Carlo Argannon consiste nella operazione relativamente facile di trovare Palladio in Alvar Aalto o Borromini in Wright, ma nella operazione inversa e più difficile di trovare Aalto in Palladio e Wright in Borromini; ergo nel dimostrare che, dati Palladio e Borromini, non possono non esserci Aalto e Wright, e quello che viene dopo fino all’impegno morale, personale dello storico. Si entra così in un ordine di necessità, lo stesso per cui lo storico non può non essere un politico: la poetica non è la premessa, ma la necessità etica dell’impegno sul piano operativo dell’arte».

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