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È ora di creare una AUTHORITY

Sono cambiati i governi, sono cambiati i rappresentanti delle diverse lobby nazionali, ma il messaggio è rimasto sempre lo stesso: l’eliminazione degli ORDINI e degli ALBI professionali rappresenta una delle priorità, passo necessario per risanare il bilancio dello stato e dare un forte impulso allo sviluppo del Paese (ovviamente dopo la liberalizzazione dei taxi).
La campagna stampa in tal senso è, ed è stata, fortissima.
La prima domanda che ci poniamo è: perché?
Partiamo dall’ipotesi che questo nutrito esercito di politici, lobbisti, economisti e giornalisti abbiano ragione, e che quindi gli ORDINI e gli ALBI siano realmente un problema per il Paese. Dimenticandoci per un momento dei notai, che hanno un sistema chiuso (è una conseguente rendita di posizione), però occorrerebbe capire le ragioni che stanno dietro a questa posizione.
La Presidente Marcegaglia proclamava dal podio del Congresso Nazionale di CONFINDUSTRIA che per la vendita delle lavatrici non ci sono TARIFFE MINIME, come invece chiedono i professionisti. Anche se non mi sento né una lavatrice né un frigorifero, e non sono d’accordo con la posizione degli industriali, voglio provare a pensare che potesse avere ragione. Ma OGGI LE TARIFFE MINIME sono state eliminate. Allora, dove sta la ragione?
Gian Antonio Stella, in una trasmissione su RADIO 24, affermava che gli ORDINI sono corporazioni chiuse e che quasi mai esercitano azioni sanzionatorie nei confronti dei propri iscritti. Non ho in mano le statistiche di superamento degli esami di stato di noi ingegneri, ma mi ricordo che per nessuno dei miei ex compagni di studio sia stato un problema superare l’esame (per il quale abbiamo comunque dovuto studiare in modo approfondito) e che in una o due sessione tutti lo abbiamo superato. Quindi, BARRIERE IN INGRESSO non mi sembra che ve ne siano. Per quanto riguarda il sistema sanzionatorio io stesso ho assistito a incontri in cui la commissione strutture di un ordine chiedeva chiarimenti a professionisti sui progetti realizzati. Comunque, ipotizziamo che G.A. Stella abbia ragione: allora è un problema di organizzazione, non di soppressione del sistema di controllo.
Perché il cuore della faccenda è questo: l’ORDINE è un SISTEMA DI CONTROLLO istituito per legge.
Gli Ordini sono infatti enti di diritto pubblico col compito precipuo di tutela della PROFESSIONE.
Attenzione, non ho scritto PROFESSIONISTI, non è infatti un organo di rappresentanza sindacale di noi ingegneri. Gli Ordini vigilano infatti sul MANTENIMENTO DELLA DISCIPLINA DEGLI ISCRITTI AFFINCHÉ IL LORO COMPITO SIA ADEMPIUTO CON PROBITÀ E DILIGENZA, e la prima conseguenza di questa vigilanza tocca direttamente il cittadino.
Anche perché, come recita l’Articolo 2232 del Codice Civile “il prestatore d’opera deve (1176) eseguire personalmente l’incarico assunto. Può tuttavia valersi, sotto la propria direzione e responsabilità, di sostituti e ausiliari, se la collaborazione di altri è consentita dal contratto o dagli usi e non è incompatibile con l’oggetto della prestazione”. Ci troviamo quindi in un rapporto chiaro: un soggetto committente, un professionista che si prende la responsabilità e un Ordine che vigila sulla professione.
Attenzione, questo organismo non sostituisce la legge e non è un ente di certificazione.
Come affermato nell’editoriale del primo numero di INGENIO, al centro dell’attività professionale vi è il rispetto di un codice deontologico, che non può che andare oltre al semplice rispetto della legge. Per questo gli iscritti devono sottoscrivere un codice deontologico, il cui mancato rispetto può anche portare all’espulsione dall’Albo (l'esercizio di attività professionale il cui esercizio è sottoposto all'iscrizione configura il reato previsto dall'art. 348 c.p., ossia esercizio abusivo di una professione).
È vero, c’è chi afferma che in fondo gli Ordini sono composti direttamente dagli stessi iscritti, che nominano a livello provinciale un proprio Presidente, segretario, tesoriere, consiglio direttivo … e che “lupo non mangia lupo”.
Ma è anche vero che, essendo gli ORDINI composti da tutti i professionisti di ogni provincia, sono proprio questi i primi a desiderare che non vi siano “pecore nere” che con il loro operato danneggino il valore della professione, anche perché ogni PROFESSIONISTA quando firma un progetto si ASSUME LA SPECIFICA RESPONSABILITA’ di quello che ha definito in modo documentato; inoltre gli ALBI hanno criteri di accesso chiari e imparziali, gli ORDINI operano con una gestione organizzativa e tecnica estremamente trasparente, sono guidati da organi eletti da tutti gli iscritti con meccanismi che sono definiti dalla legge e, infine, NON COSTANO NULLA AL CITTADINO IN QUANTO SI AUTOFINANZIANO IN MODO COMPLETO!!!
Ma se tutto ciò è vero, se non ci sono tariffe minime, barriere di ingresso o lobby nascoste, sono forse proprio questi ultimi i motivi di una campagna politica e di stampa così vivace. Andreotti diceva “A pensare male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca”.
Proviamo a pensare male.
Innanzitutto se scompare l’obbligo dell’iscrizione all’Albo per poter firmare un progetto cosa potrebbe succedere: un’impresa di costruzione potrebbe assumersi l’onere della firma, o meglio, potrebbe farlo l’immobiliare che con un capitale sociale di poche decine di migliaia di euro costruisce l’opera, per poi chiudere un minuto dopo che è stato venduto l’ultimo appartamento (ovviamente non solo i calcoli strutturali, ma anche l’impiantistica termica ed elettrica). E in caso di un problema, di un dubbio, di un’interpretazione, il cittadino a chi si rivolge? Le grandi società di produzione di servizi (energia, trasporti, …) potrebbero firmarsi i progetti in casa, e farsi in autonomia la direzione lavori, il collaudo in corso d’opera… quante seccature in meno, ma quanti conflitti di interesse. La sfida in un processo non sarà più tra il privato rappresentato da un avvocato (il professionista) e una parte equamente rappresentata, ma direttamente con l’ufficio legale e l’ufficio tecnico della grande società.
Peraltro, scompare di fatto l’articolo 2232 già citato: ogni progetto potrà essere affidato in India o in un altro Paese a costi più bassi, un vantaggio economico per le grandi società: e per il cittadino?
Ma soprattutto, chi vigilerà sulla PROFESSIONE di tutti questi soggetti?
È chiaro, soppressi gli Ordini, si potrà creare UN’AUTHORITY! Scusate… delle AUTHORITY, perché ne servirà una per i progetti, una per i servizi, … d’altronde gli Ordini da sopprimere sono tanti.
Soggetti istituzionali, in cui non sempre vi saranno figure competenti; possiamo avere il sospetto che a volte saranno lo strumento per piazzare qualche figura amica della politica nazionale, e per creare magari anche delle sedi locali, in cui piazzare qualche amico dei politici locali; un nuovo sistema, che avrà per forza dei costi, ovviamente per il cittadino, e che finirà per fare quello che fanno ormai tanti istituti che già operano nel nostro settore: l’archiviazione dei progetti.
Quello che non ci dice la campagna di stampa è forse che oggi abbiamo due scelte da compiere sul tema della professione, che vanno in due direzioni diametralmente opposte: creare un nuovo costosissimo mostro dello stato, come dicevo una serie di AUTHORITY, oppure semplicemente riformare e rendere più moderne delle istituzioni che già operano, gestite da volontari, a costo zero per lo stato e per il cittadino.
Chi scrive ha scelto per la seconda.