Data Pubblicazione:

È necessario stare fermi per cambiare il sistema

Secondo l'analisi del Centro Studi del Consiglio Nazionale Ingegneri tra il 2007 ed il 2014 il reddito professionale medio degli ingegneri ha registrato una flessione vicina al 20%: si è passati da poco più di 40 mila euro annui pro-capite a poco più di 32.000 euro. Delle due l’una: o siamo i principi degli evasori o siamo arrivati agli spiccioli, di un’attività che un tempo era prestigiosa, anche sotto il profilo economico.
Aggiungo che in questi ultimi anni, oltre al calo dei redditi, i professionisti si sono dovuti fare carico di una serie di norme e regolamentazioni tutte a impronta negativa sul bilancio economico dell’attività: formazione obbligatoria, assicurazioni obbligatorie, POS obbligatorio … in contemporanea a una eliminazione delle tariffe che ancora oggi pesa nella definizione dei corrispettivi.
Anche il nascente Codice degli Appalti non porta buone notizie: la maggior parate dei provvedimenti di semplificazione e miglioramento riguardano gli appalti più importanti, lasciando per esempio il meccanismo del massimo ribasso negli appalti sotto il milione di euro.
E sul fronte dei giovani professionisti la situazione è ancora peggiore. Oggi un neolaureato che vuole avere un minimo di prospettiva lavorativa deve dedicare ulteriore tempo e risorse a un master: una sorta di dichiarazione che i 5 anni, e 5 anni non sono pochi, non sono stati sufficienti per dargli “un mestiere”.
È logico pensare che se si vuole evitare che la categoria faccia default occorre avviare un cambiamento radicale di tutto il sistema, e quando dico tutto intendo proprio tutto: il modo di fare le norme, i percorsi universitari, il sistema ordinistico, le norme che riguardano la regolamentazione delle professioni, il sistema organizzativo.
La digitalizzazione delle costruzioni, di cui il BIM è solo uno dei tasselli, l’ampliamento dei mercati in chiave internazionale, che non significa solo andare a lavorare all’estero ma anche competere con gli stranieri che verranno (e vengono già) sul nostro territorio, la semplificazione delle normative, il filo diretto che l’ict e il web sta creando tra consumer e tecnologie (scavalcando sempre più spesso il nostro ruolo) ci portano a capire che restando fedeli all’attuale modello di studi mono o bicomponenti non avremo molto futuro.
Dobbiamo cambiare, occorre cambiare, senza limiti.
Per esempio, sul piano delle norme tecniche occorre avviare una rivoluzione del sistema di produzione delle norme, oggi troppo farraginoso e quindi troppo lungo, e noi non possiamo permetterci che per fare uscire una norma tecnica si debba perdere 4/5 anni. Ma per fare un cambiamento radicale occorre che chi è deputato a farlo non viva la situazione della estrema temporaneità. Basta con questi incarichi di 3 mesi per il ruolo di Presidente del Consiglio Superiore dei LL.PP: si dia a Sessa l’incarico pieno, e vedremo se avrà la stoffa per portare avanti questi cambiamenti o meno.
Perché per “muoversi” occorre avere una “buona presa” sul terreno: si corre più veloce sul cemento che sulla sabbia.
Se vogliamo che il Governo e le Camere abbiano una posizione diversa nei confronti delle nostre professioni occorre avviare un dialogo forte, continuativo. E questo richiede una stabilità degli interlocutori. Nel settore confindustriale questo concetto l’hanno capito: non a caso la nomina della presidenza (presidente e vicepresidenti) è disgiunta da quella del consiglio direttivo. Se in un Consiglio Nazionale, che spesso non ha neppure un direttore generale, si cambiano 15 membri su 15, certo si è data una scossa, ma si sono persi anni e anni di investimenti in contatti e relazioni. Diamo certezza di tempi a chi rappresenta ma chiediamo in cambio responsabilizzazioni di gruppo e singole, per poi poter valutare il gruppo e i singoli al momento del voto.
Un nota per i maliziosi: non ho detto conferma ad occhi chiusi.
Se dobbiamo cambiare tutto il sistema occorre avere almeno due certezze, due punti fermi: dove vogliamo arrivare e con chi vogliamo farlo.
Ma quando parliamo di “chi” stiamo parlando di persone, e non solo di gruppi. La Juve ha vinto uno scudetto cambiando Pirlo, Vidal e Tevez … forse al momento giusto Continuità vuol dire quindi anche Responsabilità, che non sempre può essere assegnata a un gruppo, ma anche ai singoli. La scelta dei rappresentanti non dovrebbe essere fatta per territori, ma per competenze.
Per cambiare occorre dire anche cose antipatiche, lo devono fare gli editori, lo devono fare i presidenti …