Durabilità e qualità del calcestruzzo: per Ing. Felitti la UNI 11104 è superata, serve un nuovo "salto" culturale
In vista della scadenza dell’inchiesta pubblica sulla UNI 11104 (23 marzo), l’ingegnere Matteo Felitti critica l’approccio prescrittivo della norma, ritenendolo obsoleto, e propone un modello prestazionale basato su criteri sperimentali per garantire qualità, durabilità e sostenibilità del calcestruzzo.
Di seguito l'intervista dell'editore di Ingenio Ing. Dari a Ing. Matteo Felitti in merito alla revisione della norma UNI 11104.

Andrea Dari:
Quali sono i principali limiti dell’attuale approccio prescrittivo della UNI 11104 rispetto alle esigenze reali del settore del calcestruzzo?
Matteo Felitti
Caro Andrea, la risposta riprende un tuo articolo su Ingenio del 28/02/2025 dal titolo UNI 11104: perché la nuova norma sul calcestruzzo nasce vecchia.
Infatti, il prospetto 6, contiene ancora la famosa “riga” sul minimo contenuto di cemento (kg/m3) in funzione della classe di esposizione. Ebbene, nell’ottica prestazionale, questo è assolutamente inaccettabile.
Per chi, come me, opera da circa vent’anni nel mondo del calcestruzzo, sa bene che, prescrivere un dosaggio di cemento non ha alcun senso tecnico-scientifico. Purtroppo ancora oggi noto, in molte “Relazioni sui Materiali”, (documento redatto dai Progettisti) la presenza di specifiche relative ai dosaggi di cemento, aggregati, acqua e additivi. Si tratta ovviamente di un retaggio culturale a cui dobbiamo far fronte spiegando la necessità di “pensare” in termini prestazionali.
Andrea Dari:
In che modo l’adozione di un approccio prestazionale potrebbe migliorare la qualità e la durabilità del calcestruzzo utilizzato nelle costruzioni italiane?
Matteo Felitti
L’approccio prestazionale è essenziale per produrre calcestruzzi di qualità in termini meccanici e di durabilità. Bisogna riportare – ad esempio nella “Relazione sui Materiali”, nei capitolati ecc. – le prestazioni che devono assumere le miscele di calcestruzzo allo stato fresco ed indurito.
Tali prestazioni riguardano, ad esempio, la classe di lavorabilità e il suo mantenimento nel tempo, la classe di resistenza meccanica a compressione, la resistenza alla penetrazione dell’acqua sotto pressione, la classe di tenacità, nel caso degli FRC ecc. liberandosi definitivamente dai dosaggi per metro cubo e dall’ormai obsoleto approccio composizionale.
Andrea Dari:
Come potrebbe essere rivisto il Prospetto 3 (relativo al valore di k) per andare oltre ai limiti prescrittivi su acqua/cemento e contenuto minimo di cemento, introducendo un percorso alternativo basato su prove sperimentali (ad esempio la “valutazione preliminare” di cui all’11.2.3 delle NTC 2018) che dimostrino l’equivalenza prestazionale?
Matteo Felitti
E’ assolutamente necessario applicare l’equivalenza prestazionale mettendo in conto adeguati valori di K. Inoltre, questi ultimi andrebbero specificati anche per i filler calcarei.
Nel prospetto 3, alla nota c) è riportata la seguente frase:
“il quantitativo di cemento non deve essere ridotto più di 30 kg/m3 al di sotto del contenuto minimo di cemento richiesto per la classe di esposizione pertinente (prospetto 6)”.
Ebbene, mi sembra inaccettabile una nota del genere in quanto, applicando l’equivalenza prestazionale, il tutto risulta assolutamente indipendente dal dosaggio di cemento da sottrarre al mix di partenza considerando un opportuno dosaggio di aggiunte.
Andrea Dari:
Quali prove e criteri di valutazione (resistenza alla carbonatazione, penetrazione di acqua, attacco da cloruri, prove di gelo/disgelo, ecc.) risulterebbero indispensabili per un approccio prestazionale affidabile, in alternativa o a integrazione dei requisiti di composizione (rapporto a/c, contenuto minimo di cemento, valore di k)?
Matteo Felitti
In una ottica prestazionale dobbiamo ragionare in modo da prendere in considerazione sia gli aspetti meccanici, sia quelli che fanno capo alla durabilità. Nel primo caso la prestazione è legata, ad esempio, alla resistenza a compressione, a trazione, a flessione ecc., nel secondo caso alla resistenza ai cloruri, alla penetrazione dell’anidride carbonica, al comportamento della miscela sotto cicli gelo-disgelo, sotto attacco da parte dei solfati ecc.
Non ultima, l’importanza di contrastare la formazione di quadri fessurativi promossi dalla “instabilità” volumetrica del calcestruzzo onde evitare l’accelerazione di tutti i fenomeni di degrado, ad esempio prescrivendo una ulteriore prestazione sul livello massimo di ritiro idraulico raggiungibile dalla miscela.
Andrea Dari:
In che misura andrebbero riconsiderati i limiti massimi sul rapporto aggiunta/cemento (per ceneri volanti, fumi di silice, loppa d’altoforno, ecc.) quando dati sperimentali dimostrano prestazioni equivalenti o superiori ai calcestruzzi “convenzionali” definiti dalla norma?
Matteo Felitti
Come riportato nell’ultima intervista di Roberto Marino, bisogna ragionare in termini di rapporto acqua/polveri e dimostrare, con approccio prestazionale equivalente, la bontà delle scelte – in fase progettuale - del Tecnologo del Calcestruzzo.
Andrea Dari:
Come conciliare le disposizioni del Prospetto 6 (requisiti di durabilità e limiti prescrittivi) con un modello prestazionale che favorisca l’uso di materiali sostenibili (aggregati riciclati e aggiunte) e, al contempo, garantisca la durabilità attraverso metodi di prova e verifiche in opera?
Matteo Felitti
Così come è concepita la Norma e di conseguenza il prospetto 6, francamente la vedo dura riuscire a conciliare il tutto con un approccio prestazionale. Bisognerebbe fare un “salto” culturale partendo dalla UNI EN 206.
Andrea Dari:
In che modo la norma potrebbe esplicitare meglio l’opzione prestazionale, ad esempio chiarendo la possibilità di adottare procedure di verifica alternative ai requisiti prescrittivi, ed evitando di trasmettere l’idea che la UNI 11104 sia vincolante in senso “impositivo”?
Matteo Felitti
Purtroppo la UNI 11104, così come strutturata, in alcune parti è vincolante (vedi il più volte citato dosaggio minimo di cemento).
Andrea Dari:
Come si dovrebbe riorganizzare il capitolo dedicato agli aggregati di riciclo, attualmente basato su percentuali massime di sostituzione, per allinearlo all’approccio prestazionale e permettere di dimostrare l’adeguatezza del materiale tramite prove e certificazioni specifiche?
Matteo Felitti
Anche su questo capitolo bisognerebbe dare la possibilità al Progettista di prescrivere un adeguato numero di prestazioni relativamente a miscele con aggregati da riciclo. Poi, indipendentemente dalle percentuali massime - in un approccio prestazionale - le qualifiche e soprattutto i controlli di accettazione in cantiere da parte del Direttore Lavori o meglio ancora da parte di Laboratori Autorizzati di cui all’art. 59, farebbero davvero la differenza tra passato e presente.
Andrea Dari:
Quali parti della norma (dal capitolo 5 fino ai prospetti sui parametri minimi di composizione) andrebbero rivedute in modo radicale per rendere la UNI 11104 più snella e focalizzata sulle prestazioni, favorendo così l’innovazione nel settore del calcestruzzo?
Matteo Felitti
La struttura della Norma, come detto precedentemente, lascia poco spazio alle modifiche verso un approccio prestazionale. Ritengo sia necessario mettere mano prima alla UNI EN 206 senza dimenticare di “potenziare” in ottica prestazionale anche le NTC 2018.
Andrea Dari:
Alla luce della revisione in corso delle Norme Tecniche per le Costruzioni, ritieni che si debba rivedere la UNI 11104 dopo la pubblicazione delle nuove NTC per assicurare piena coerenza e chiarezza complessiva?
Matteo Felitti
Sì, esatto. Come detto nella risposta precedente, la revisione/aggiornamento delle NTC 2018, potrebbe rappresentare una ottima occasione per rilanciare l’approccio prestazionale anche sulla UNI 11104.
Ma serve, a mio avviso, inevitabilmente, un “salto” Culturale!

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