Calcestruzzo Armato | Prefabbricati
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Durabilità del cemento armato e le classi di esposizione ambientale

Le cause di aggressione dovute all’ambiente possono essere formalmente suddivise in chimiche, fisiche, meccaniche e biologiche (tabella 4.1). In realtà, difficilmente in un processo di degradazione esiste un solo fenomeno aggressivo, spesso sono più cause che concorrono al deterioramento del materiale; tuttavia però esiste sempre quella che può essere definita la causa fondamentale che innesca il processo degradante.
Per garantire la durabilità delle strutture in calcestruzzo armato ordinario o precompresso, esposte all’azione dell’ambiente, si devono adottare i provvedimenti atti a limitare gli effetti di degrado indotti dall’attacco chimico, fisico e derivante dalla corrosione delle armature e dai cicli di gelo e disgelo, in relazione alla norma europea UNI-EN 206-1. In accordo con la norma UNI-EN 206-1 e con quella italiana UNI 11104 il livello di rischio per una determinata opera dipende dall’ambiente cui la stessa è esposta.

Per garantire la durabilità delle opere in c.a. necessario limitare attacchi chimici, fisici e cicli gelo/disgelo

Il Comitato Intereuropeo del Calcestruzzo (CEB) e la Federazione Internazionale del Precompresso (FIP) così definiscono la durabilità: “Attitudine di un’opera a sopportare agenti aggressivi di diversa natura mantenendo inalterate le caratteristiche meccaniche e funzionali”.

Per garantire la durabilità delle strutture in calcestruzzo armato, ordinario o precompresso, esposte all’azione dell’ambiente, si devono adottare provvedimenti idonei a limitare gli effetti di degrado indotti dall’attacco chimico, fisico e derivante dalla corrosione delle armature e dai cicli di gelo e disgelo.
Secondo le norme UNI-EN 206-1 e UNI 11104, il livello di rischio per una determinata opera dipende dall’ambiente cui la stessa è esposta. Da questo punto di vista le norme suddividono gli ambienti in base alla tipologia del degrado atteso per il calcestruzzo e le armature individuando sei classi di esposizione ambientale XO, XC, XD, XS, XF ed XA, per ciascuna delle quali, a meno della classe XO, esistono più sottoclassi (Tab. 1).

Tabella 1 - Classi di esposizione secondo la UNI-EN 206

Per ognuna delle classi di esposizione ambientale, ad eccezione della XO, la normativa impone il rispetto di alcuni requisiti minimi.
Per quanto attiene all’Italia questi requisiti minimi vengono definiti nel Prospetto 4
della norma UNI 11104.

Accanto ai valori desunti dalla norma UNI 11104-2004 sono riportati, nelle tabelle che seguono, anche gli spessori minimi di copriferro per ogni classe di esposizione desunti dall’Eurocodice 2; tali spessori sono riferiti per costruzioni con vita nominale di 50anni corrispondente ad una classe strutturale S4 (previsto dall’Eurocodice 2), ovviamente all’aumentare o al diminuire della classe aumentano o diminuiscono gli spessori del copriferro per il cemento ordinario o precompresso.
I requisiti minimi per il rispetto della durabilità delle strutture sono espressi in termini di:

  • Rapporto A/C massimo da non superare;
  • Classe di resistenza caratteristica a compressione minima;
  • Dosaggio minimo di cemento;
  • Volume minimo di aria inglobata e aggregati non gelivi (solo per la classe XF).

Sarà compito del progettista, prima di progettare una struttura in c.a., individuare tutte le possibili classi di esposizione ambientale in cui l’opera ricade e, tra tutti i requisiti previsti per ciascuna classe, scegliere quelli più stringenti.
Occorre precisare che il dosaggio minimo di cemento, mostrato nelle tabelle delle norme UNI-EN 206-1 ed UNI-EN 11104, è indicativo per calcestruzzi con aggregati con Dmax non superiori a 25 mm. Invece per calcestruzzi destinati a getti massivi (dighe, fondazioni, etc.) occorre tener conto che i dosaggi di cemento indicati nelle tabelle delle norme risultano eccessivi e possono provocare pericolose fessurazioni indotte dai gradienti termici che si generano tra nucleo e periferia della struttura, e da ritiro igrometrico.
Per evitare quindi, le fessure da ritiro igrometrico nel copriferro è necessario maturare la superficie del calcestruzzo per un tempo tanto più lungo quanto più essiccante è l’ambiente dove sorge l’opera; in alternativa si potrà adottare un additivo antiritiro.

Classe di esposizione XO 

La classe di esposizione XO si riferisce a condizioni di esposizione per le quali non esiste nessun rischio di corrosione delle armature metalliche né di attacco chimico sui calcestruzzi armati, ordinari o precompressi. Nella suddetta classe rientrano, inoltre, le strutture realizzate in ambiente molto secco e, quindi, in generale le strutture interne di edifici con umidità relativa <45%.

Classe di esposizione XC: carbonatazione

La classe di esposizione XC è relativa alle condizioni di rischio di corrosione delle armature indotta dalla carbonatazione del calcestruzzo.
La normativa europea UNI EN 206-1, in accordo con la UNI E 11104, per tener conto del processo di corrosione promosso dall’ingresso della CO2, prevede per la classe di esposizione ambientale XC quattro sottoclassi dalla 1 alla 4 per ognuna delle quali vengono stabiliti i requisiti minimi da rispettare (Tab. 2).

Tabella 2 - Classe di esposizione XC secondo UNI 11104-2004 e in parentesi quadra la UNI EN 206-1

Le condizioni meno aggressive XC1 si verificano per strutture esposte all’aria in
ambienti asciutti; la pressoché assenza di H2O nell’ambiente rallenta fortemente il processo di ossidazione del ferro e pertanto il rapporto A/C può essere più elevato rispetto al quello della classe XC4.

Altrettanto avviene in ambienti permanentemente bagnati XC2 per la difficoltà dell’aria a permeare attraverso i pori del calcestruzzo sempre saturi d’acqua. Le condizioni intermedie di aggressione per la corrosione dei ferri XC3 si verificano per parti di strutture esterne riparate dalla pioggia o parti interne all’edificio con contenuto di umidità alta. Le condizioni più aggressive corrispondono alla classe XC4 in quanto si verificano nelle strutture esposte ciclicamente all’asciutto (ingresso nel calcestruzzo di aria secca contente O2 e CO2) ed alla pioggia (ingresso di H2O) che sono i componenti principali per neutralizzare la calce del conglomerato (CO2) e per alimentare il processo di ossidazione del ferro (O2 e CO2).

La carbonatazione

L’aria ed in particolare l’anidride carbonica, l’ossigeno e l’umidità in essa contenuti può provocare la corrosione delle armature metalliche a seguito di un fenomeno denominato carbonatazione. In realtà, il ruolo dell’anidride carbonica (CO2) è quello di un complice, mentre i veri killer nei confronti dei ferri sono l’ossigeno e l’umidità contenuti nell’aria. Durante la presa e l’indurimento del calcestruzzo, i silicati del cemento C2S e C3S reagendo con l’acqua formano un silicato di calcio idrato (C-S-H) e l’idrossido di calcio Ca(OH)2 .

L’idrossido di calcio abbassa l’acidità del calcestruzzo fino a valori del pH >13. La basicità del composto favorisce la passivazione delle armature metalliche, ovvero la formazione di una pellicola di ossido di ferro, F2O3, che viene a ricoprire l’armatura metallica. La pellicola, impermeabile e compatta, isola la massa dell’armatura dal contatto con l’ossigeno e con acqua, impedendo l’ossidazione dell’armatura. Quando però la zona di calcestruzzo che protegge i ferri (copriferro) è completamente penetrata dall’anidride carbonica la situazione cambia radicalmente. Infatti, l’anidride carbonica annulla la basicità a seguito del processo di carbonatazione che consiste nella trasformazione della calce in carbonato di calcio:

Ca(OH)2 + CO2 = CaCO3 + H2O

A seguito della neutralizzazione della calce, il pH scende a valori di circa 9 ed il ferro, già a pH < 11, perde la sua passività (depassivazione). In sostanza, il film di ossido di ferro, inizialmente protettivo, diventa poroso e quindi non è più in grado di bloccare l’accesso dell’ossigeno e dell’umidità al substrato metallico. Il processo può essere schematizzato con la relazione:

4 Fe + 3O2 + 2H2O = 4 Fe (OH) (ruggine)

Generalmente la corrosione dei ferri d’armatura presenta sostanzialmente due fenomeni degradanti: il primo, più pericoloso, riguarda la diminuzione di sezione del ferro metallico; il secondo comporta un distacco del copriferro a causa del rigonfiamento del ferro sottostante che accompagna la trasformazione del metallo in ruggine. In queste condizioni a seguito della trasformazione del ferro in ruggine il copriferro viene espulso.

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Nel resto della trattazione si parlerà dei cloruri di origine marina, di quelli non marina, della classe di esposizione Gelo-Disgelo e sali disgelanti, e di quella terreni e acque chimicamente aggressive.


Questo articolo è tratto dalle MEMORIE di CONCRETE 2022, sesta edizione della manifestazione

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