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Distanze tra costruzioni di diverse altezze con finestre 'sfalsate': quando vale la regola dei 10 metri e quando si può derogare

Cassazione: la regola generale sulle distanze tra costruzioni (i 10 metri dell'art.9 del DM 1444/1968) non esige il rispetto di tale distanza minima in sé e per sé, ma in funzione della salubrità di affaccio sugli spazi intercorrenti tra fabbricati antistanti.

La distanza di 10 metri ex art.9 del DM 1444/1968 va applicata anche allo spazio intercorrente tra la proiezione in altezza dell'edificio e la parete finestrata dell'altro appartamento? Ci sono, per caso, possibili deroghe se la finestra non fronteggia completamente l'altrui parete (cioè se è 'sfalsata' rispetto ad essa), con uno spazio vuoto frontistante?

Cerca di chiarire i dubbi la Corte di Cassazione nell'ordinanza 28147/2022, scaricabile in calce all'articolo.

 

Costruzioni 'sfalsate'

La Cassazione, in questa sentenza, fa riferimento al caso in cui vi sono due costruzioni in aderenza per i piani inferiori ed una di queste si eleva per un piano a piombo sul confine altrui.

 

Le massime vanno lette in ragione del caso concreto

In buona sostanza si chiarisce che le massime vanno lette anche in ragione del caso concreto perchè quando statuiscono che si applica la distanza minima di 10 metri anche se le pareti hanno diversa altezza presuppone sempre che tra gli edifici ci sia un'intercapedine (dei muri più in basso), mentre nel caso deciso vi era aderenza tra gli edifici.

 

Le regole applicate al caso specifico

Gli ermellini evidenziano che:

  • "all’esito dei lavori, l’edificio raggiunse 17 metri di altezza e il lato est, cieco, fu costruito fino all’altezza di 8,70 metri in aderenza allo stabile di proprietà di OMISSIS, mentre oltre detta quota non fronteggiava alcun edificio ed era a piombo sul fondo limitrofo";
  • "l’appartamento di OMISSIS dispone di un terrazzo che ha come limite la prosecuzione verticale per circa due metri del fronte, non finestrato, dell’edificio medesimo, costruito sul confine con l’edificio di OMISSIS, per cui il fronte arretrato, su cui si apre la porta finestra d’accesso al terrazzo prospetta non l’edificio Nuova Italia, bensì tale prosecuzione verticale del muro perimetrale dell’edificio di cui l’appartamento fa parte";
  • "per verificare la correttezza dell’argomentazione della Corte d’appello, occorre analizzarla passo dopo passo, tenendo conto che le massime della giurisprudenza di legittimità stanno ai relativi casi di specie come la scocca di un’autovettura sta al motore: viaggiano insieme.(...)";
  • "la nozione di «antistanza» o «frontalità» (se si potesse dir così) va riferita e circoscritta a (porzioni di) pareti che si fronteggiano e pertanto presentano, ove non distanziate adeguatamente, un problema di circolazione d’aria e/o d’irradiazione di luce insufficienti, con un pericolo concreto che si crei un’intercapedine nociva. Ove le pareti si fronteggino solo per un tratto - perché di diversa estensione orizzontale, verticale o non perfettamente parallele, il rispetto della distanza ex art. 9 d.m. 1444/1968 deve essere assicurato entro (e solo entro) le porzioni di pareti antistanti, nell’accezione predetta (cfr. Cass. 4639/1997)"

 

Pareti, intercapedini e distanze: le conclusioni

Nei casi in cui la giurisprudenza ha applicato la distanza minima di 10 metri ex art. 9 DM1444/1968 (imponendone il ripristino in caso di violazione), pur in presenza d’una parete con finestra che non fronteggia l’altra parete (per essere quest’ultima inferiore di altezza), al di sotto vi è quasi invariabilmente una intercapedine o un interstizio, vi sono cioè due pareti o elementi di costruzione di varia fattezza, ma pur sempre racchiudenti uno spazio vuoto tra di loro, con pericolo concreto di recare nocumento alla salubrità di affaccio: così, tra le altre, Cass. 11842/2011, 20574/2007 (avancorpo cieco); Cass. 23495/2006 (distanza inferiore a 1,5 metri: è il caso citato dalla Corte d’appello di Milano); Cass. 8383/1999 (fabbricato fronteggiante); Cass. 92017/1991 (distanza prevalentemente di 6,5 metri).

Non sono condivisibili pertanto le sporadiche pronunce che hanno ritenuto di applicare la distanza minima di 10 metri rispetto ad una parete con finestra non fronteggiante l’altra parete, pur su costruzione in aderenza su tutto il fronte, che si arrestava sotto la soglia della finestra.

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