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Distanze minime tra edifici, vedute, visione frontale: la regola dei 10 metri non si applica alle luci

L'articolo 9 del D.M. 1444/1968 fissa la distanza minima che deve intercorrere tra "pareti finestrate e pareti di edifici antistanti", dovendosi intendere solamente le pareti munite di finestre qualificabili come vedute, senza ricomprendere quelle sulle quali si aprono semplici luci.

Distanze tra edifici, vedute, luci: qual è il corretto perimetro dell'articolo 9 del DM 1444/1968, ancora dirimente in merito alle norme relative alle distanze tra pareti finestrate delle costruzioni?

Una recente sentenza in materia del Tar Salerno, la n.2841/2023 del 1° dicembre scorso, fa chiarezza, e va la pena 'affrontarla', per dirimere un questione piuttosto spinosa.

 

Distanze tra edifici: la sopraelevazione del contendere

La questione, che riguarda una controversia tra privati ma anche il rilascio di un provvedimento autorizzativo pubblico, riguarda un piano in sopraelevazione che, secondo il ricorrente, sarebbe stato illegittimamente autorizzato a distanza inferiore a 10 metri dalle pareti finestrate dalla proprietà della stessa ricorrente in violazione delle distanze legali di cui all’art. 9 del D.M. 1444/1968.

 

La possibilità di vedere frontalmente non integra in automatico la 'veduta'

Il TAR ricorda subito che “la semplice possibilità di vedere o guardare frontalmente, che del resto è connaturata al genus “finestre o aperture”, non basta ad integrare la figura specifica della veduta; né peraltro è incompatibile con la più neutra nozione di “luce”, che, in negativo, è caratterizzata dal non permettere “di affacciarsi sul fondo del vicino”. È questo, di contro, il requisito tipico ed esclusivo della veduta, la quale proprio perché permette di "affacciarsi" e quindi di “guardare” non solo di fronte, ma anche “obliquamente e lateralmente”, conferisce all'apertura quella speciale attitudine visiva - consistente nell'assoggettare il fondo alieno ad una visione mobile e globale - che esula dalla semplice luce e da essa la discrimina” (Cass. civ., Sez. Un., 28 novembre 1996, n.° 10615, poi ribadita da quasi tutta la giurisprudenza successiva).

 

Le distanze tra edifici nel DM 1444/1968 ed il rispettivo metodo di calcolo. Lineare o radiale: quale applicare?

Analisi sintetica delle principali differenze tra i vari metodi di calcolo (radiale e lineare) per giungere a comprendere quale sia il corretto criterio da utilizzare.


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Veduta: i requisiti e quando diventa 'luce'

Il TAR va avanti sottolineando che, perché sussista la veduta, è necessaria la presenza cumulativa dei requisiti:

  • della inspectio, intesa come possibilità di vedere o guardare frontalmente il fondo del vicino;
  • della prospectio, intesa come affaccio mediante la sporgenza del capo dall’apertura che consente di guardare anche obliquamente e lateralmente il fondo del vicino;

Peraltro, in tema di aperture sul fondo del vicino deve escludersi l'esistenza di un “tertium genus” diverso dalle luci e delle vedute;

Di conseguenza, l'apertura priva delle caratteristiche della veduta (o del prospetto) non può che essere qualificata giuridicamente come luce.

 

Distanze di 10 metri tra edifici: regola generale, tipi di costruzioni, eccezioni, possibili deroghe

La distanza minima di 10 metri tra gli edifici riguarda sia le nuove costruzioni (nuovi edifici, ampliamenti, sopraelevazioni, addizioni volumetriche, superficie) che le ricostruzioni edilizie, come ad esempio la demolizione e ricostruzione, integrale o parziale, di edifici.


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Le distanze minime tra pareti finestrate non ricomprendono le luci

Il Tribunale continua evidenziando che:

  • in tema di aperture sul fondo del vicino, non ammettendo la legge l'esistenza di un "tertium genus" oltre alle luci ed alle vedute, va valutata quale luce e, pertanto, sottoposta alle relative prescrizioni legali, anche in difetto dei requisiti a tale scopo prescritti dalla legge, l'apertura che sia priva del carattere di veduta o prospetto; in tal caso, dunque, il proprietario del fondo vicino può sempre pretenderne la regolarizzazione, tenuto conto che il possesso di luci irregolari, sprovvisto di titolo e fondato sulla mera tolleranza del vicino, non può condurre all'acquisto, per usucapione della corrispondente servitù (Cass. civ., Sez. II, 17 novembre 2021, n° 34824);
    l'art. 9 del D.M. 1444/1968 fissa la distanza minima che deve intercorrere tra “pareti finestrate e pareti di edifici antistanti”; tale disposizione fa espresso ed esclusivo riferimento alle pareti finestrateper tali dovendosi intendere, secondo l'univoco e costante insegnamento della giurisprudenza anche di questa Sezione, unicamente “le pareti munite di finestre qualificabili come vedute, senza ricomprendere quelle sulle quali si aprono semplici luci” (Consiglio di Stato, IV Sez., 5 ottobre 2015, n. 4628). Da qui deriva la non applicabilità dell’art. 9 predetto in punto di distanza minima in presenza di aperture da qualificare come luci.

 

Il caso

Nello specifico, è risultato che le 6 aperture presenti nella facciata lato nord-ovest del fabbricato di proprietà del controinteressato non consentono l’inspectio e la prospectio nel fondo di parte ricorrente.

Quanto alle caratteristiche concrete di tutte queste aperture nella relazione è stato indicato che tali aperture:

  • sono munite di una inferriata metallica atta a garantire la sicurezza, costituita da elementi orizzontali, posti ad una distanza verticale di circa 10 cm l’uno dall’altro”;
  • hanno il lato inferiore ad un’altezza non minore di due metri dal pavimento.

In ordine poi all’altezza di queste aperture rispetto al suolo del fondo del vicino è stato evidenziato che mentre per quanto riguarda le altezze delle aperture contraddistinte dai nn. 1, 2 e 3 queste sono univocamente determinabili, lo stesso non può dirsi quanto alle altre aperture a causa della natura del suolo del fondo del vicino, trattandosi di terrapieno rispetto al quale la quota di riferimento risulta variabile, “essendo il terreno potenzialmente soggetto a compattamenti o rigonfiamenti a seconda delle stagioni e del trattamento delle colture ivi insistenti”.

Di conseguenza, le aperture in discussione vanno qualificate come luci e non quali vedute. In definitiva, non è configurabile la prospettata violazione dell'art. 9 del D.M. 1444/1968.


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