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Distanze minime tra edifici: deroga in 7 Regioni

Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Toscana, Liguria, Veneto, Umbria e Marche hanno deciso di avvalersi della possibilità di derogare alla normativa statale sulle distanze minime tra gli edifici. Sono in quattro Regioni, però, le disposizioni sono attualmente applicabili

Sono ben 7, le regioni che hanno deciso di derogare alla normativa statale sulle distanze minime tra gli edifici. Attualmente sono però applicabili soltanto le disposizioni di quattro Regioni (Friuli, Emilia-Romagna, Toscana e Liguria), visto che le altre sono state impugnate dal Governo davanti alla Corte Costituzionale, ritenendo che le deroghe non abbiano rispettato il tracciato consentito.

Per la Regione Marche, la Consulta ha già dichiarato l'incostituzionalità, mentre per Veneto e Umbria si aspettano le pronunce.

Le regole delle distanze minime tra edifici
Si riferiscono al rispetto dei limiti di distanza tra immobili, ma anche alla densità edilizia (volume dell'immobile fratto superficie fondiaria dell'area) e all'altezza, oltre al rispetto di altri standard urbanisitici come, ad esempio, dotazione di parcheggi e aree verde.

Il rispetto dei limiti può essere semplice in caso di nuove costruzioni, ma più difficile quando si interviene sulle zone già costruite, per realizzare programmi di riqualificazione urbanistica o del patrimonio edilizio di parti della città, con l'abbattimento e la ricostruzione di interi edifici. Va ricordato, in merito, che il rispetto dei limiti previsti è fissato dal DM Lavori Pubblici 1444/1968, che definisce i parametri regola per le singole zone omogenee in cui è suddiviso il comune di riferimento.

Secondo il DM sopracitato (art. 9):

  • per realizzare nei centri storici gli interventi di risanamento conservativo e di ristrutturazione, le distanze tra i nuovi edifici non devono essere inferiori a quelle che c'erano tra gli immobili abbattuti;
  • nelle altre zone, lo spazio minimo tra la parete di un edificio con finestra e quella dell'edificio di fronte deve essere di almeno 10 metri.

Siccome il rispetto di queste regole può risultare complicato e addirittura, in alcuni casi, ostacolare la riqualificazione di interi isolati, il DL 98/13 (Decreto del Fare) ha modificato il testo unico dell'edilizia (DPR 380/2001), attribuendo alle Regioni la facoltà di derogare al rispetto delle distanze minime, per realizzare non interventi puntuali ma la riqualificazione urbana o del patrimonio edilizio esistente o il suo recupero funzionale.

 

La situazione nelle sette Regioni

 

  • Friuli Venezia Giulia: si può derogare solo nelle zone territoriali BO, equiparate alle zone A
  • Emilia-Romagna: si costruisce in deroga solo sulle aree di sedime del vecchio edificio
  • Toscana: i comuni possono prevedere che gli ampliamenti degli immobili produttivi esistenti siano eseguiti senza rispettare le distanze, in presenza di particolari situazioni;
  • Liguria: i piani urbanisitici comunali possono abbassare il limite dei 10 metri, ma la distanza tra i fabbricati non deve creare particolari problemi al paesaggio e non deve compromettere un assetto urbanistico equilibrato.

L'attesa per il giudizio della Consulta è attesa per le Regioni Veneto (deroga non solo per le distanze tra edifici ma anche per l'altezza e la densità edilizia) e Umbria (sostituzione totale con norme proprie), mentre la sentenza 178/2016 ha già bocciato le deroghe delle Marche, sostenendo che la regione avesse oltrepassato i limiti di sua competenza.