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Distanza tra fabbricati: quando si può incorrere nella demolizione?

La distanza legale tra fabbricati, come stabilito dall'art. 873 del codice civile, è fondamentale per garantire igiene e sicurezza pubblica. Il caso esaminato mette in risalto l'importanza di rispettare le normative vigenti per evitare ripercussioni legali e garantire il benessere della comunità.

Distanza legale tra fabbricati, normative e contenziosi edili

Nella progettazione un elemento da considerare è senza dubbio la distanza da rispettare tra i fabbricati, soprattutto perché in un contesto già sviluppato e consolidato costruire nuovi edifici oppure apportare delle modifiche agli esistenti diventa più complicato.

Ecco perché la legge fornisce ai tecnici delle norme in merito alle distanze, che devono essere rispettate onde evitare ripercussioni legali, tali disposizioni tra gli edifici sono disciplinate dall’art. 873 del Codice civile.

Il TAR del Lazio ha emesso la sentenza n 14860 del 2024 riguardo il ricorso presentato da un privato cittadino contro il Comune relativamente all’annullamento di provvedimento emesso dallo sportello unico per l'edilizia del Comune, relativo al rigetto della domanda di permesso di costruire per un immobile.

Il richiedente ha fatto richiesta di un permesso di costruire per realizzare un parcheggio coperto privato e per effettuare lavori di manutenzione straordinaria su alcune strutture esistenti, tali lavori però vengono eseguiti in difformità rispetto al permesso inizialmente rilasciato, in particolare nei confronti:

  • della tamponatura relativa alla tettoia ed al suo collegamento con gli attigui magazzini preesistenti;
  • della realizzazione di un bagno interno;
  • dell’ampliamento per metri lineari 1,50 circa del preesistente magazzino;
  • della realizzazione di un locale tecnico completamente in legno per la protezione dei contatori delle utenze.

Ciò ha spinto il Comune ad emettere un’ordinanza di demolizione, a cui il ricorrente ha risposto presentando domanda di permesso di costruire in sanatoria, anche questa respinta a sua volta.

   

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Le motivazioni del ricorso

La ricorrente ha sollevato questioni, a cui in seguito il TAR ha dato esaustiva risposta, in particolare le principali criticità sollevate riguardano tre punti:

  • punto 1 - la ricorrente ha sollevato questioni relative alla violazione degli articoli 873 e 875 del Codice civile e dell’art. 7 comma 6 delle Norme Tecniche di Attuazione (NTA) del Piano Regolatore Generale (PRG) del Comune di Faleria. La ricorrente argomenta adducendo che l’ampliamento del locale (subalterno 3) non genera intercapedini dannose su un fabbricato esistente in quanto queste risultano di dimensioni contenute (1,50 m di larghezza), e che esse sono realizzate su uno stabile conforme alla normativa urbanistica vigente all'epoca della sua costruzione; stabile già posizionato a una distanza dal confine inferiore ai 3 metri previsti dall’articolo 873 del Codice Civile. Inoltre, il locale tecnico per le sue caratteristiche non deve essere visto come una costruzione ai sensi della normativa vigente sulle distanze tra fabbricati.
  • punto 2 - un’ulteriore irregolarità intravista dalla ricorrente si basa sulla violazione dell’articolo 31.5 del regolamento edilizio in base al quale la ricorrente ipotizza che il locale tecnico serve da protezione per i contatori delle utenze. Tale considerazione viene rafforzata da una previsione del regolamento che ammette la costruzione in aderenza al confine per cabine di impianti tecnologici, purché non compromettano l'ambiente circostante e non ostacolino la visibilità di conducenti e pedoni.
  • punto 3 - infine la ricorrente critica il procedere dell’amministrazione, la quale avrebbe dovuto richiedere delle modifiche in applicazione dell’articolo 20 comma 4, del d.P.R. 380/2001 (testo unico dell’edilizia) accogliendo la richiesta e applicando le opportune sanzioni.

 

L’importanza del rispetto della normativa edilizia e distanze minime

Il Tar rigetta il ricorso stabilendo che:

  • la prima motivazione non può essere accolta in quanto non rispetta le normative attuali, in particolare l'articolo 9 del DM 1444/1968 che impone distanze minime obbligatorie tra le costruzioni, per evitare la creazione di intercapedini che potrebbero compromettere l'igiene e la sicurezza pubblica. Tali disposizioni devono essere rispettate senza alcuna possibilità di deroghe da parte del giudice. In particolare, secondo il Tar, non si possono ignorare queste disposizioni in materia di urbanistica con motivazioni che minimizzino l'impatto della distanza sulla salute e sicurezza;
  • il secondo punto non viene accolto sancendo che nel rispetto della distanza minima fissata dalla legge non debbano essere considerate le caratteristiche del manufatto, inoltre il ricorrente non ha presentato la relazione tecnica relativa alla proposta di sanatoria edilizia, il che avrebbe reso comunque impossibile identificare le specifiche finalità del locale;
  • il terzo punto non risulta fondato in quanto il consiglio di stato, con la sentenza n. 1452 del 17 febbraio 2021, sancisce che la sostituzione della sanzione di demolizione con una pecuniaria deve essere valutata solo nella fase esecutiva del procedimento successiva all'ordine di demolizione, inoltre la ricorrente non ha impugnato l'ordine di demolizione dell'Amministrazione comunale.

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Il Tribunale respinge, quindi, il ricorso confermando che le decisioni prese dal Comune sono legittime. Non è però disposta alcuna condanna alle spese processuali in quanto il Comune non si è costituito in giudizio.

La sentenza del TAR Lazio sottolinea l’importanza del rispetto delle normative edilizie e delle distanze minime tra le costruzioni per garantire il benessere e la sicurezza della comunità, evidenziando anche che le varianti dei progetti edilizi debbano sempre essere supportate da prove documentali adeguate per evitare conflitti con le normative vigenti.

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