Dissesto idrogeologico: la frana di Cogoleto e il sistema di Early Warning
In questo lavoro si descrivono gli eventi franosi verificatisi a seguito degli eventi piogge intense del 2019 lungo la Carreggiata EST dell’Autostrada A10 (Comune di Cogoleto – GE) e il sistema di monitoraggio implementato a seguito degli stessi.
Di seguito si propone un contributo estratto dal Seminario del 19 Maggio svoltosi presso l'Ordine degli Ingegneri di Roma.
Frana di Cogoleto sull'Autostrada A10: detriti e fango invadono la carreggiata
Il versante soprastante la Carreggiata EST dell’Autostrada A10 (Comune di Cogoleto – GE) è stato interessato, a seguito degli eventi alluvionali di fine 2019, da una frana roto-traslativa con conseguente fenomeno di colata detritica.
Precisamente la frana si è registrata tra il 20 ed il 25 novembre 2019 a seguito delle intense precipitazioni del periodo tardo autunnale che colpito l’intero litorale ligure. Le precipitazioni hanno raggiunto il valore di oltre 360 mm cumulati tra il 21 ed il 25 novembre2019, con un picco di oltre 200 mm/24h in data 24 novembre. Le intense precipitazioni hanno saturato le coltri superficiali, innescando un fenomeno franoso che si è rapidamente trasformata in colata di detriti e fango invadendo la careggiata autostradale.
La frana si è innescata circa a quota 90÷95 m s.l.m. ed ha interessato una superficie complessiva di circa 1300 m2. Il materiale franato si è depositato, in parte, nella porzione inferiore dell’area di distacco e i rimanenti volumi hanno ricoperto il versante naturale al di sotto di q. 65 m s.l.m. circa (zona di scorrimento). Il tratto autostradale sottostante si trova circa a q. 40 m s.l.m. ed è stato completamente invaso da materiale fangoso e acqua per uno sviluppo planimetrico di circa un centinaio di metri.
La frana ha interessato i terreni di copertura per uno spessore medio di circa 3 m ed uno spessore massimo, accertato attraverso le successive indagini, di circa 7 m in asse frana; il volume complessivo mobilizzato è stimato in circa 2000 m3.
Da una serie di rilevi eseguiti dopo la manifestazione franosa, si è constatata l’assenza di fratture di trazione tra la nicchia principale e la sommità del versante, posta a circa quota 107 m s.l.m. e di evidenze di movimento che denotassero una eventuale evoluzione retrogada del dissesto. Sul lato occidentale della nicchia principale è stata rilevata la presenza di evidenti fratture caratterizzate da uno sviluppo planimetrico di circa 80 m e che delineavano una nicchia secondaria, con immersione verso sud-est, costituente il prolungamento della frattura di coronamento principale.
Inquadramento Geologico e Geomorfologico
L’area in esame è caratterizzata da un complesso assetto geologico-strutturale caratterizzato da dislocazioni che hanno costruito un “edificio” a falde sovrapposte le une sulle altre, con deformazioni a scala regionale e con sistemi strutturali variamente orientati, interagenti tra loro con frequenti dislocazioni e disassamenti.
Nella zona di Cogoleto i sistemi strutturali principali hanno direzione ENE-WSW o NW - SE e mettono a contatto le rocce delle Ofioliti del M.te Beigua con i Calcescisti del Turchino e i Calcari dolomitici della Dolomia Principale.
Nella zona di Cogoleto, e in particolare nella zona interessata dal dissesto, le unità geologiche appartengo al complesso ofiolitifero del Gruppo di Voltri caratterizzato da litologie di genesi metamorfica derivate da ultramafiti trasformate dal metamorfismo in serpentiniti, metagabbri e metabasalti. Al tetto delle ofioliti si trova una copertura sedimentaria metamorfosata in calcescisti e in micascisti quarzosi. I contatti tra le diverse unità sono di tipo tettonico e, solo all’interno dell’unità dei “Calcescisti del Turchino”, si riconosce un limite transizionale tra i calcescisti s.s. e i micascisti quarziferi.
Al di sopra delle rocce del substrato è presente una coltre detritica costituita da depositi di versante a granulometria sabbiosa o ghiaioso-sabbioso con frazione limosa più abbondante nella parte corticale, di spessore variabile tra 1 e 2 metri. Nella parte mediana e inferiore dell’area interessata dalla colata si è depositato il materiale franato costituito da sabbia e sabbia limosa, con spessore massimo sino a circa 5 m. Il cappellaccio di alterazione del substrato roccioso, caratterizzato da materiale detritico sciolto, spigoloso, a granulometria ghiaioso ciottolosa in matrice sabbiosa più abbondante verso la zona superficiale, presenta spessori sino a 5-7 m.
Le caratteristiche litologiche delle unità del substrato presenti nell’area sono:
- Serpentiniti e serpentinoscisti (sr, sns, BEI) sono sempre caratterizzate da una intensa fratturazione. All’esame macroscopico risultano costituite in prevalenza e da aggregati di minerali serpentinosi; negli aggregati serpentinosi sono presenti minerali relitti di pirosseni ed olivina. In prossimità dei contatti tettonici la tessitura scistosa è particolarmente intensa trasformando la roccia in un serpentinoscisto con evidenti letti di minerali fillosilicati (talcoscisti o cloritoscisti).
- Calcescisti. (cs-TUR) sono caratterizzati da tessitura marcatamente scistosa. La roccia si presenta di colore di colore grigio-verde o bruno in superficie. Il litotipo, contiene abbondanti carbonati, miche e subordinato quarzo. L’elevata alterabilità del litotipo favorisce la formazione di potenti coltri di depositi eluvio-colluviali a granulometria generalmente fine.
- Quarzoscisti, micascisti, (sq-TUR): sono rocce a tessitura finemente scistosa e composizione petrografica simile ai calcescisti, ma caratterizzati dall’ assenza dei carbonati di calcio che, invece, caratterizzano i calcescisti.
- Dolomie (do). Sono dolomie calcaree talora marnose grigie e brune con possibili livelli calcarei cristallini bruno-nocciola. (Dolomie di Cogoleto - Trias). La giacitura della scistosità varia tra 170°÷180°/70°÷90°; nella parte sommitale del versante la giacitura ruota sull’asse verticale sino a 350°/80°.
Nell’area del dissesto nella porzione sommitale del versante, al di sopra della nicchia di frana, si trovano le unità ofiolitifere con serpentiniti dominanti; nell’area dove sono previsti gli interventi di mitigazione, al di sotto del coronamento, sono presenti micascisti e calcescisti dell’unità del Turchino; i primi sono più abbondanti nella porzione sommitale in prossimità della nicchia, mentre i calcescisti costituiscono il substrato nella porzione mediana ed inferiore sino alla base del versante, come confermato dai sondaggi eseguiti in prossimità del coronamento di frana e alla base, alla quota dell’autostrada.
Nella porzione sommitale dell’area di dissesto il substrato roccioso è costituito da micascisti e serpentinoscisti estremamente fratturati mentre più a valle il substrato è costituito da unità appartenenti alla formazione dei calcescisti del Turchino e da dolomie. Le analisi di caratterizzazione ambientale eseguite per l’accertamento dell’eventuale presenza di amianto hanno permesso di confermare che nelle aree dove sono previsti i lavori e le relative perforazioni non sono presenti rocce contenenti amianto (Vedi Annesso A.2 – Analisi ambientali). L’ammasso roccioso presenta una giacitura dei piani di scistosità subverticale o, comunque fortemente inclinata con immersione verso sud-sudest.
L’intera area oggetto di studio si trova in zona di intra-bacino tra il Torrente Capuzzola ad ovest ed il Torrente Terroso ad est. L’area si presenta acclive e solcata da un avvallamento, trasformatosi in un vero e proprio impluvio a seguito della colata del novembre 2019. La zona sommitale, meno acclive, è caratterizzata da un terrazzo naturale che realizza un piccolo bacino di ridotte dimensioni (<0.25 km2) caratterizzato dalla presenza di un impluvio principale e assenza di impluvi laterali minori. Nella zona appena sopra il tracciato autostradale, il versante è costituito da un fronte roccioso interrotto dalla depressione del canale di colata. Sul lato occidentale del canale la parete rocciosa di altezza pari a circa 10÷15m è subverticale, mentre sul lato opposto – verso oriente – l’affioramento roccioso ha un’inclinazione minore, pari a circa 50°÷60° con un’altezza di circa 45÷50 m.
L’area interessata dal processo d’instabilità è attraversata da una faglia – probabilmente transpressiva – con direzione circa sud-ovest÷nord-est, immersione circa nord-ovest ed inclinazione compresa tra 70° e 80°, sino a subverticale, che mette a contatto i calcescisti (a letto) con le unità degli scisti e dei serpentinoscisti (a tetto). La faglia, la cui presenza è ben evidente anche nei profili delle indagini geofisiche, eseguite successivamente all’evento franoso, presenta una fascia cataclastica di modesto spessore.
Nella zona interessata dal dissesto del novembre 2019 non sono presenti rii o corsi d’acqua di qualche rilievo. L’unica linea di drenaggio superficiale presente è rappresentata dall’impluvio lungo il quale si è sviluppata la colata detritica.
Anche il bacino di alimentazione delle acque di scorrimento superficiale è di estensione molto limitata in quanto immediatamente a monte del coronamento della frana si trova la culminazione del versante che costituisce uno spartiacque del piccolo bacino imbrifero. Anche sul lato occidentale e su quello orientale dell’area interessata dalla frana la morfologia presenta versanti acclivi che drenano le acque di scorrimento superficiale nei due impluvi ad est (Rio Terroso) e ad ovest (Rio Capuzzola). Nella porzione superiore del versante, la pendenza è moderata con substrato subaffiorante; la zona è ricoperta da una coltre detritica con permeabilità da moderata ad elevata, di spessore da metrico a sub-metrico, nella quale sono evidenti fori relitti, completamente aperti, lasciati dalla consunzione degli apparati radicali e dei fusti della vegetazione arborea in occasione di un incendio boschivo di qualche anno fa. Queste peculiarità facilita l’infiltrazione delle acque meteoriche all’interno dei depositi sciolti sino alle rocce del substrato scistoso; in occasione dell’evento di frana che ha innescato la colata, inoltre, si sono aperte alcune fratture di trazione che agevolano ulteriormente la possibilità d’infiltrazione.
La circolazione idrica sotterranea ha carattere effimero e si svolge in prevalenza della coltre detritica superficiale e, in minor misura, nella porzione corticale intensamente fratturata (regolite) del substrato roccioso. La linea di drenaggio sotterranea è diretta circa come la circolazione del ruscellamento superficiale; nella zona dell’impluvio naturale lungo la direzione della colata, all’incirca a q. 65÷70 m s.m. si trova la faglia che attraversa la zona di frana on direzione circa sudovest-nordest che presumibilmente comporta una deviazione verso il basso e verso ovest delle acque sotterranee, senza peraltro comportare significative variazioni nel modello generale e senza costituire una barriera al flusso sotterraneo in considerazione delle caratteristiche cataclastiche del materiale con volumi limitati di materiale fine.
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Nel pdf si continua parlando di:
- Campagna d’indagini geognostiche
- Caratterizzazione Geotecnica
- I parametri di geotecnici/geomeccanici delle diverse unità geotecniche
- Sistema di Early Warning
Protezione Infrastrutture: il ruolo degli ingegneri nella prevenzione dei fenomeni di dissesto
“La protezione delle infrastrutture dai fenomeni franosi ed erosivi: il ruolo dell’interazione terreno vegetazione-atmosfera" è il titolo del Seminario organizzato dall'Ordine degli Ingegneri di Roma il 19 maggio scorso, con il Patrocinio dell'Associazione Geotecnica Italiana.
La giornata di studio ha rappresentato un momento di confronto fondamentale su un tema purtroppo molto attuale, alla luce soprattutto dei recenti accadimenti sia in Emilia Romagna sia a Ischia.
Dissesto idrogeologico, erosione delle coste, riscaldamento globale comportano impatti negativi, le cui conseguenze si riflettono sulla popolazione, sugli edifici e sulle infrastrutture e in termini generali sull’economia del nostro Paese.
La risoluzione a queste problematiche deve costituire uno dei temi centrali di salvaguardia e sviluppo del nostro territorio.
Nel corso del Seminario si sono potuti apprezzare i grandi passi avanti fatti dalla ricerca nelle Facoltà di Ingegneria delle Università italiane negli ultimi 10 anni in questo campo.
L'Ordine di Roma supporterà sempre iniziative che sviluppino confronto, trasmettendo contemporaneamente un messaggio alle Istituzioni: gli ingegneri ci sono e sono a supporto della collettività per la prevenzione dei fenomeni di dissesto.
Ing Massimo Cerri, Presidente Ordine Ingegneri di Roma
- Si ringrazia l'Ordine degli Ingegneri di Roma per la collaborazione -
Dissesto Idrogeologico
Degrado ambientale dovuto principalmente all'attività erosiva delle acque superficiali, in contesti geologici naturalmente predisposti o per cause antropiche.
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