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Dinamiche evolutive del paradigma predizione & raccomandazione nel settore della costruzione e dell'immobiliare

Un articolo di Angelo Ciribini

Investimenti: la mitigazione del rischio tramite i CDE e i Digital Twin

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Il grande avversario secolare da sconfiggere, nell’ambito degli investimenti pubblici e privati, in edifici e in infrastrutture, è l’incertezza.

Lo aveva ben capito il governo federale tedesco allorché, anni or sono, aveva instaurato, a proposito dei Baudesaster, un nesso esplicito tra incremento della digitalizzazione e mitigazione del rischio.

Ciò che, dunque, varrà per il mercato del futuro, attraverso Data Model-Based Insight & Prediction, è la mitigazione del rischio tramite i Common Data Environment e i Digital Twin quali luoghi elettivi della Intelligence (naturale o artificiale) che si può operare sui Business: trasformandone, del resto, la natura e la marginalità,

Naturalmente, come sta già accadendo in molti altri settori economici, il primo passaggio evolutivo consiste nel poter analizzare tempestivamente i comportamenti e nel comprendere le strategie degli operatori del settore della costruzione e dell’immobiliare, preferibilmente tramite maniere e algoritmi indiretti e celati.

Come si è scritto in parecchie circostanze da queste colonne, ciò è possibile solo a condizione che intenti e azioni siano tradotti in dati (numerici, computazionali, possibilmente strutturati o semi-strutturati).

Di conseguenza, l’«inevitabile» digitalizzazione, purché sia «corretta», altro non è che il presupposto per poter inverare questo intento, ospitando nell’ecosistema digitale il maggior numero possibile di attori.

Per questa ragione, la priorità consiste nell’allargare al massimo il novero dei soggetti implicati nelle piattaforme digitali, semmai anche a prescindere dalla marginalità immediata generata a opera delle stesse.

Si assisterà, dunque, a una competizione tra «attrattori», oltre che disintermediatori, anche per il tramite di modalità interoperabili, cosicché ciò che conterà sarà permettere agli utenti di usufruire del maggior numero di funzionalità, anziché enfatizzare l’uso dei singoli applicativi, che, peraltro, stanno ormai dilatandosi ben oltre i confini del «BIM».

Ben oltre il BIM: le piattaforme digitali e l'importanza di diffondere la «cultura dei dati»

D’altra parte, se, utilizzando una accezione indistinta di «piattaforma», è oggi possibile censirne diverse centinaia, è palese che, di quelle autentiche, ne rimarranno, sul medio termine, molto poche.

Di fatto, pur senza guardare alle Technology Company, i principali produttori di dispositivi digitali tradizionali di settore, di device materiali e immateriali, hanno ormai posto l’accento sulla «previsione», tenendo presente la differenza che può intercorrere tra forecast e prediction.

Classico è l’esempio proposto da Autodesk, non da Google, che la Zuboff indica come il capostipite nel 2001 del capitalismo di sorveglianza: reactive, proactive, predictive.

Questa considerazione induce a comprendere come sia embrionalmente in atto il passaggio dall’offrire mezzi per operare in maniera più efficace e più efficiente, legati all’esito individuale e specifico delle attività, al mettere a disposizione ambienti in cui tracciare e profilare gli operatori, prima ancora dei risultati che essi possano ottenere.

In definitiva, gli strumenti originali della digitalizzazione, venduti attraverso licenze convenzionali, impiegati separatamente dagli attori in contesti dis-connessi, pur soffrendo di una carenza relazionale di interazioni, erano circoscritti alle azioni inerenti alle specifiche commesse, non erano capitalizzabili né cumulabili centralmente da apparati «generativi», da alimentare e da affinare nelle loro capacità di previsione e di raccomandazione.

Laddove, però, il valore del dato dipenda dalla sua entità, eterogeneità e rapidità, si potrebbe immaginare di scambiare, in un universo interconnesso, almeno in parte, la «gratuità» del ricorso agli applicativi disciplinari in cambio di una disponibilità dei soggetti, individui e organizzazioni, a rendersi, più o meno volontariamente, trasparenti alle capacità analitiche dei gestori degli ecosistemi digitali.

I destinatari prioritari di tale intelligenza centralizzata di tendenza sono, banalmente, coloro che intendono commercializzare servizi e prodotti, che necessitano, come altrove, di indirizzarsi in modo mirato ai potenziali clienti.

Al contempo, tuttavia, questi stessi soggetti, ma, soprattutto, finanziatori, investitori e promotori, abbisognano di transitare dalla mitigazione del rischio al conseguimento della certezza.

È, perciò, forse ipotizzabile immaginare che anche nel settore della costruzione e dell’immobiliare tale obiettivo sia raggiungibile oltrepassando la soglia dell’analisi e della previsione per giungere sino a quella del condizionamento e dell’eterodirezione.

Il che, in una fase ancora iniziale della transizione digitale, in cui, pure tra gli operatori più avvertiti prevale una interpretazione analogica, suggerisce come sia opportuno diffondere la «cultura dei dati», vale a dire la consapevolezza dei risvolti che la digitalizzazione può permettere e che richiedono, in una logica non distorta del mercato, opportuni accorgimenti.

Favorire l’incremento di maturità digitale degli operatori

Il tema della maturità digitale, prima ancora che dimostrazione di abilità, di conoscenze e di competenze, è affare di spirito critico nei confronti di fenomeni che sono, per loro natura, distorcenti e che non sono affatto apollinei, che non desiderano per nulla creare simmetrie informative e trasparenze transattive, come vorrebbero, al contrario, le anime belle.

Più che gli «strumenti» della digitalizzazione valgono, pertanto, i «metodi» della politica (industriale) che si intende mettere in atto che non deve forzatamente accettare e subire i portati dell’innovazione tecnologica, senza che questa non divenga anche sociale e organizzativa.

Il «Dio della Digitalizzazione» non è, di per se stesso, infatti, intenzionato a lasciare gli esseri umani al libero arbitrio, salvo, poi, sanzionarne eventualmente le decisioni.

È una Divinità che non intende permettere che i soggetti si macchino di colpe, determinandone direttamente le opzioni.

Le politiche da promuovere dovrebbero, invece, favorire l’incremento di maturità digitale degli operatori, consentendo loro una fruizione attiva e non strumentalizzata, degli ecosistemi digitali.

Occorre, perciò, che ci si ponga in questo frangente con urgenza i quesiti che riguardano la la centralizzazione del dato dato, la sua sicurezza, la sua detenzione e la sua notarizzazione.

Se questi argomenti non saranno affrontati tempestivamente, a meno che la analogicità non comprometta i contenuti digitali, scansandone le insidie alla radice, il settore si esporrà a gravi rischi.

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