Digitalizzazione del settore delle costruzioni: occorre un coinvolgimento sociale
Come mi ricordava recentemente Neil Thompson (UCL) è illusorio, nel senso di esser frutto di una illusione, immaginare che il processo di Digitalizzazione nel Settore delle Costruzioni stia rallentando.
Eppure, partendo dalla Conferenza di Costanza organizzata da 5Di, non a caso dedicata all'Implementazione delle pratiche digitali nel Comparto, l'impressione è certamente quella della necessità del consolidamento delle posizioni acquisite. Naturalmente, di per se stessa, questa riflessione non si applica al Nostro Paese, afflitto da molte controversie sull'Agenda e sull'Agenzia Digitale e assai distratto nello specifico ambito delle Costruzioni.
Vi è chi, come James Pellat (Great Portland Estates) si preoccupava per la mancata rielezione degli uomini politici più sensibili alla Transizione Digitale nel Settore, oltre il Level 2, così come chi sostiene, probabilmente a ragione, che una parte dell'Offerta non sia in grado di rispettare la prima scadenza del 2016.
Ma è palese che il Regno Unito, non solo Inghilterra e Galles, stiano vincendo una sfida epocale, avendo letteralmente imposto (nel senso di diffuso col consenso) un Brand e un intero sistema di riferimenti ai Mercati Internazionali.
Del resto, l'impronta britannica alla Transizione Digitale, avviata nel 2011 da Paul Morrell, non a caso oggi impegnato col RIBA a sostenere la rivisitazione dei paradigmi delle professioni progettuali, ha spinto Francia, Germania e Spagna a una reazione governativa (e Norvegia e Singapore a emergere quali Paesi Innovativi), sinora assente in Italia, benché il Nostro Paese si dica alfiere oltranzista del Cambiamento.
A prescindere dalla diffusione internazionale del modello britannico, dal Medio Oriente al Sud America, in termini di maturità la cartina da tornasole sarà, tuttavia, probabilmente offerta da Australia, Canada, India, Irlanda, Nuova Zelanda, in attesa della grande espansione del Mercato Africano e della crescente diffusione dell'Information Modelling sul Mercato Cinese.
Non dimentichiamo che i Paesi precoci nella Digitalizzazione delle Costruzioni, come la Finlandia e gli Stati Uniti (che hanno da sempre mantenuto relazioni privilegiate tra loro) avvertono il fatto che la evoluzione culturale e la struttura federale non abbiano, però, comportato mandati espliciti da parte dei governi centrali.
La sostanza del Cambiamento, tuttavia, non risiede nelle Regole (nella legislazione che risolverebbe annose questioni) né negli strumenti (che, sempre più cibernetico-fisici, promettono "meraviglie"), bensì nella evoluzione dei metodi lavorativi e delle formule contrattuali. Aggregazione (reticolare), Collaborazione (interdisciplinare), Integrazione (funzionale) sono le parole chiave che rischiano di trovare, specie in Italia, ma non solo, infine una forte opposizione presso ambienti rigidamente ancorati alle "tradizioni".
È come se, in Italia, partendo da una interpretazione riduzionista dell'Information Management, il BIM Authoring e la sua strumentalità, del tutto consoni a un atteggiamento riluttante, non permettessero di focalizzare e di traguardare la posta in gioco che consiste, anzitutto, nel ripensamento delle modalità didattiche finalizzate a formare una nuova generazione capace di conservare le proprie competenze disciplinari, ma pure di metterle al servizio di una causa comune, di un sistema che richiede una consapevolezza delle relazioni tra i saperi.
Soprattutto, però, è la figura della Parcellizzazione, del frammentario tessuto committente, professionale e imprenditoriale del Settore a fungere, anche altrove, da ostacolo forse insuperabile, tanto più che la Quarta Rivoluzione Industriale, Digitale, si basa sia sui Data-Driven Process sia sulla Servitization, vale a dire, su una concezione industriale della produzione ispirata ai modelli relazionali dei Social Network e basata sulla valorizzazione della Cultura del Servizio. Sotto questo profilo, Digital Built Britain, è una lucida Strategia Industriale che si basa su Innovazione Sociale (anzitutto sulla Smart Citizenship) e su Multidimensionalità (Green Infrastructure, Smart City, ecc.).
In essa si ritrova chiaramente una ambizione: far competere il Settore dell'Ambiente Costruito al livello di quello Manifatturiero sul piano dei Social Outcome che, peraltro, rappresenteranno il dividendo politico più sostanzioso del prossimo futuro, poiché il principio della connessione comporta la personalizzazione, l'individualizzazione dei Servizi alla Persona.
In questo senso, mi pare esservi un grave rischio per le prospettive insite nella cosiddetta Rigenerazione Urbana, poiché, anzitutto, l'Intervento sul Costruito, la fine del Consumo di Suolo, implicano un ritrovato protagonismo dell'Edilizia di Sostituzione, oltre che del Recupero, della Riqualificazione, della Riabilitazione, e così via cantando, che toccherà sicuramente le corde di una cultura amministrativa e architettonica oggi spesso tendenzialmente favorevole alla Conservazione che, indubbiamente, rappresenta uno dei portati più originali e significativi della cultura architettonica italiana degli ultimi decenni, benché talvolta ideologica (in virtù, però, delle pessime prassi precedenti).
Qualora, peraltro, la Semplificazione Amministrativa ispirata al Fare travolgesse in breve tempo qualsiasi remora, gli ambiti di intervento a scala urbana (e, dunque, quelli che richiedono un progetto industriale) dipenderebbero da logiche finanziarie sofisticate (poste di fronte al frazionamento proprietario, ma anche alla nascita di distretti industriali) e da una politica commerciale legata all'Innovazione Sociale, a partire dalle complesse tematiche logistiche dell'allontamento temporaneo della popolazione insediata.
L'impressione è che qui si scontrino, o che almeno si confrontino, un apparato mentale che pensa essenzialmente ai beni tangibili, da demolire e da ricostruire (e, in parte, da, per usare un termine da Anni Settanta, ristrutturare) - e che adopera una fraseologia consolidatasi dagli Anni Sessanta in poi col Riuso invertendone le intenzioni originarie - e un mercato potenziale che, ispirandosi al Cambiamento Demografico, tema centrale per la KfW e per il Governo Federale Tedesco, ragiona su logiche altre, più intangibili, più ineffabili e comportamentali: come direbbe Phil Bernstein.
Insomma, la sensazione è che la Ripresa del Settore, passando per la sua Trasformazione, non sia per nulla facilmente praticabile in Italia (non lo è neppure altrove, d'altronde) e che l'immaginario effettivo dei suoi protagonisti passi attraverso un Rilancio senza Cambiamento (strutturale).
Si tratta di una aspirazione legittima e di una scommessa che, in verità, ha forse buone probabilità di successo e che, involontariamente, rischia di essere supportata da alcuni intenti riformisti legislativi. Per Committenti, Progettisti e Costruttori è molto difficile "dare forma" alle Operations, ai Comportamenti, agli Usi, e così via, ma esempi, come quelli di BIG o di OMA, dimostrano come la cultura architettonica sia in grado di cogliere questa tendenza.
D'altra parte, a mio avviso, la sfida che stanno oggi raccogliendo le softwarehouse verte su:
1) l'adozione delle tecnologie simulative ludiche per progettare i servizi e per simulare i comportamenti degli utenti (a partire dal rendering dinamico);
2) la digitalizzazione dello Sketching, la fase cruciale per la Morfogenesi del progetto;
3) la digitalizzazione di una intera Catena di Fornitura.
Non vi ha dubbio che, in Italia, il Settore speri di uscire indenne dalla Transizione Digitale e da quella Energetica in termini di identità e di mentalità: sarà possibile?