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Difformità strutturali e abusi edilizi: come evitare sanzioni con le nuove procedure di regolarizzazione

Le problematiche connesse alle difformità e agli abusi edilizi sono oggetti di molteplici interrogativi. A rispondere ad alcuni dubbi sono il responsabile del settore “Governo e qualità del territorio” e la responsabile del settore “Difesa del territorio” della regione Emilia Romagna, che offrono chiarimenti sulle procedure di regolarizzazione per difformità strutturali.

Difformità edilizie: procedure di regolarizzazione

Spesso ci si trova difronte a problematiche di regolamentazione edilizia, in quanto molte strutture, non avendo acquisito i giusti titoli abilitativi, presentano delle difformità edilizie per le quali vengono considerate abusive.

Le difformità edilizie sono varie e con livelli di gravità differenti, tali difformità vengono a crearsi nel momento in cui non c’è corrispondenza tra il progetto depositato e quello che si sta realizzando, in realtà ne esistono di vari tipi ossia:

  • la difformità non rilevante in cui l’inottemperanza dell’altezza, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro relativo alle singole unità immobiliari non comporta violazione edilizia, a patto che sia contenuto entro il 2% delle misure previste nel titolo abilitativo;
  • la difformità parziale (o lieve difformità) si ha quando i lavori vengono eseguiti in modo diverso, influenzando solo elementi non essenziali della costruzione;
  • la totale difformità si ha quando l’intervento edilizio realizzato è totalmente diverso da quello autorizzato rispetto a quanto previsto dal permesso stesso.

Quindi la difformità comporta un abuso edilizio che riguardano:

  • le opere eseguite prima dell’ottenimento del titolo abilitativo o eseguite con titolo edilizio decaduto/annullato;
  • gli interventi che sono conformi soltanto in parte alle prescrizioni del titolo abilitativo;
  • le opere che presentano caratteristiche che sono totalmente difformi da quanto autorizzato, per esempio per quanto riguarda la destinazione d’uso dell’edificio (parte di esso) o la volumetria dello stesso.

Recentemente il settore “Governo e qualità del territorio” dell’Emilia Romagna ha esposto dei chiarimenti in merito alle procedure di regolarizzazione delle parziali difformità di carattere strutturale relative, quindi non sostanziali, relativamente ad interventi già conclusi.

In particolare il parere espresso è relativo alla necessità o meno di:

  • presentare istanza di autorizzazione sismica in sanatoria ai sensi dell’art. 11 della L.R. 19/2008;
  • presentare asseverazione ai sensi dell’art. 22 della L.R. 19/2008;
  • altre procedure.

   

LEGGI ANCHE: Decreto Salva Casa: si allarga la sanatoria delle difformità parziali

  

  

Varianti non sostanziali e collaudo

ll dott. Giovanni Santangelo, responsabile del settore “Governo e qualità del territorio”, e la dott.ssa Monica Guida, responsabile del settore “Difesa del territorio”, forniscono delle informazioni riguardo la regolarizzazione di opere in assenza o in presenza di collaudo.

Il capitolo 9.1 delle NTC 2018 sancisce che il collaudo o il certificato di rispondenza deve dichiarare la conformità del progetto al titolo autorizzato, tenendo conto anche delle varianti non sostanziali realizzate.

Qualora il collaudatore ometta di considerare tali varianti, l'atto risulta viziato e la dichiarazione diventa non veritiera e quindi soggetta a segnalazione all'autorità giudiziaria. La conseguenza di tale operazione comporta responsabilità penali per l'uso di beni privi di collaudo e sanzioni amministrative per la dichiarazione di inagibilità. Diverso è il caso in cui il collaudo prende in considerazione le varianti, anche se non regolarmente autorizzate poiché in tal caso non ci sono errori di sostanza, né dichiarazioni infondate, ed esso è da ritenersi valido.

La realizzazione di varianti non autorizzate durante i lavori di costruzione, senza la comunicazione di fine lavori strutturale, costituisce un abuso sismico, questo abuso è "formale" se si prova la violazione solo delle disposizioni procedurali e non quelle tecniche.

Per sanare questa tipologia di abuso si deve seguire la procedura stabilita dal DPR n. 380 del 2001 (Testo Unico dell’Edilizia, TUE) e successivamente modificata dal decreto-legge n. 69 del 2024 (Salva Casa), che permette di presentare l'autorizzazione o il deposito sismico in sanatoria per difformità edilizie che abbiano rilevanza strutturale.

Le categorie di intervento (rilevanti, di minore rilevanza o privi di rilevanza) sono definite nel DPR 380/2001 mentre la disciplina sulle tolleranze costruttive viene richiamata nell’art. 34-bis, ma anche all’art. 36-bis con riferimento all’accertamento di conformità per difformità parziali e variazioni essenziali.

Di conseguenza l'art. 11, comma 2, lett. b), della L.R. 19/2018 della regione Emilia Romagna, che richiedeva un’autorizzazione sismica in sanatoria per tutte le violazioni delle norme antisismiche nei comuni classificati, deve ritenersi superato dalle nuove direttive nazionali (TUE e ss.mm.ii.), mentre il procedimento per la regolarizzazione dell’abuso sismico prevede che l’istanza sanatoria deve essere presentata:

  • insieme alla pratica edilizia in sanatoria, per ottenere una contestuale sanatoria edilizia;
  • esclusivamente per la regolarizzazione sismica, nel caso in cui la procedura in sanatoria venga attivata dopo la conclusione dei lavori strutturali, ma comunque prima della presentazione della Segnalazione Certificata di Conformità Edilizia e Agibilità (SCEA) finale. Quindi è necessario redigere e depositare il collaudo/certificato di rispondenza per concludere la sanatoria mentre, se questi adempimenti erano già stati effettuati e depositati al termine dei lavori strutturali, dovranno essere ripetuti in caso di mancata regolarizzazione delle varianti non sostanziali (VNS).

Come appena riportato, il collaudo/certificato di rispondenza deve essere allegato alla SCEA ancora da presentare o integrato nella SCEA già depositata in mancanza della regolarizzazione della VNS, infatti questi documenti costituiscono allegati obbligatori della SCEA in ogni caso di intervento strutturale, secondo quanto previsto dall'art. 23, comma 3, lettera c), della L.R. 15/2013.

Chiosando, il dott. Santangelo e la dott.ssa Guida hanno ribadito che le procedure di regolarizzazione delle difformità strutturali non sostanziali presentano una serie di obblighi e di responsabilità e che la chiara definizione delle procedure e dei soggetti coinvolti rappresenta un passo cruciale per garantire la conformità e la sicurezza degli interventi edilizi.

 

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