Il grattacielo di Livorno di Michelucci: nuovi approcci di analisi strutturale per edifici di grande altezza
Il presente articolo trae spunto da una tesi di laurea che ha avuto l'obiettivo di confrontare gli spostamenti orizzontali massimi stimati, per un edificio di grande altezza (il cosiddetto grattacielo di Livorno) con il software TaBu e con il software FEM DOLMEN (di CDM DOLMEN) utilizzato in ambito professionale.
Progettato dall'Architetto Giovanni Michelucci, il grattacielo di Livorno ha 26 piani ed è alto quasi 90 m
Il ventesimo secolo è stato un periodo innovativo in campo edilizio, che ha visto il diffondersi di nuove soluzioni strutturali quali i grattacieli, quello di Livorno in particolare presenta un’inusuale configurazione volumetrica che lo contraddistingue.
Progettato da Giovanni Michelucci, uno degli architetti italiani più celebri del ‘900, il grattacielo fu costruito tra il 1961 ed il 1966. Dotato complessivamente di 26 piani fuori terra più una terrazza in sommità, con un’altezza prossima ai 90 metri, era una delle costruzioni più alte presenti all’epoca in Italia (vedi Figura 1).
L’edificio è costituito da due diversi corpi: una piastra di base a pianta poligonale che include i primi sei piani e appare come una sorta di piedistallo al di sopra del quale si erge la torre. Questa poi è suddivisa in cinque corpi i cui fronti sono allineati con quelli sottostanti appartenenti al basamento.
Nella torre in particolare è possibile notare la spiccata originalità dell’opera, che segue uno schema del tutto innovativo ed a tratti quasi caotico, con una serie di aggiunte e sottrazioni dettate dalla presenza di sporgenze e di bow windows (con questo termine si indicano le strutture aggettanti di un edificio, simili a balconi coperti).
Indagini conoscitive
Considerando l'epoca di realizzazione dell'opera, si è subito considerato che non fosse possibile reperire facilmente l'intera documentazione progettuale esecutiva.
Per le opere in conglomerato cementizio semplice od armato, infatti, l’art.4 del R.D. n.2229 del 16/11/1939 fissava l’obbligo, per i privati, di depositare la denuncia dei lavori presso la Prefettura delle province con allegato un progetto di massima, prima dell’inizio dei lavori. Lo stesso articolo, al termine dei lavori, obbligava al deposito presso la Prefettura del certificato di collaudo.
La documentazione progettuale con tutti i particolari esecutivi doveva essere tenuta in cantiere a disposizione per gli eventuali controlli, ma non vi era l’obbligo di depositarne una copia. Per le opere eseguite per conto dello Stato e sotto la sorveglianza degli organi tecnici statali, non era necessaria la denuncia alla Prefettura.
Si è resa quindi necessaria un’attenta indagine documentale ad ampio spettro di ricerca.
Una prima ricerca, presso la Fondazione Giovanni Michelucci a Fiesole (FI), ha permesso di ritrovare 17 tavole riportanti diversi prospetti e alcune piante dei piani (vedi Figura 3).
Una seconda serie di ricerche, presso l’ex Genio Civile, il Comune di Livorno e l’Amministratore di condominio, non è stata altrettanto fruttuosa e non ha portato al ritrovamento di ulteriori documenti di progetto.
Vista l’importanza storico-architettonica del grattacielo, mediante una attenta indagine bibliografica sono stati individuati altri testi specialistici che contengono ulteriori e più dettagliate piante di alcuni piani significativi dell'edificio:
- Luseroni, F. Giovanni Michelucci e la Città Verticale - Il grattacielo di Livorno, Edizioni ETS, 2010, pp.48;
- Fabbrizi, F. La città variabile e una sua icona. Il grattacielo di Livorno di Giovanni Michelucci, Firenze Architettura, 2016, pp. 88-93.
Per quanto questi documenti riguardino principalmente le caratteristiche architettoniche del fabbricato, se ne ottiene un’idea abbastanza attendibile delle principali caratteristiche geometriche dei piani tipo.
Allo stato attuale non è stata ritrovata alcuna documentazione relativa alle strutture.
Particolarità della struttura e problemi in fase di realizzazione
Le prime difficoltà nell'erigere la costruzione emersero subito dalla posa delle fondamenta. Infatti, il terreno della città di Livorno è di natura argillosa ed umida. Per superare questo inconveniente furono necessari lunghi e complessi lavori preparatori: nelle fondamenta venne creata una "palancola", cioè una grossa tazza di metallo, dove furono gettate tonnellate e tonnellate di cemento, insieme a 500 tonnellate di acciaio; inoltre nel terreno furono piantati 600 pali del diametro di 40 centimetri e lunghi 20 metri ciascuno. Con queste opere si realizzò una piattaforma in grado di sostenere il complesso delle strutture.
Una volta costruite le fondamenta, si procedette con una certa alacrità: a settembre del 1963 si era già arrivati al tredicesimo piano e ad aprile del 1964 al ventisettesimo. Alla fine dell'estate dello stesso anno si dette inizio ai lavori di rifinitura, che avrebbero chiesto un lungo ed attento impegno, perché furono scelte particolari caratteristiche di estetica decorativa.
Nei primi mesi del 1965 tuttavia, la costruzione del grattacielo subì un arresto. Infatti, gli operai vennero via via licenziati fino a rimanere soltanto in due nel febbraio dello stesso anno. Secondo la Fillea-CGIL la provincia livornese, come il resto del Paese, stava attraversando un periodo di grave crisi in campo edilizio, per questo motivo molti cantieri avevano limitato l'attività o avevano ridotto l'orario di lavoro.
L'impresa costruttrice addossò invece la colpa della situazione a fattori stagionali: in gennaio e in febbraio era impossibile lavorare alla costruzione del grattacielo a causa del clima gelido che imperversava, ancor più per l'altezza considerevole nella quale si operava. La costruzione, data l'inclemenza del tempo, riprese solo ad aprile del 1965 e già a maggio si lavorava sulla facciata e all'interno, con l'installazione degli impianti idraulici ed elettrici. Alla fine del 1966 l'edificio, progettato da Michelucci, dopo ben dieci anni di gestazione era completato.
Descrizione volumetrica e strutturale
Per quanto riguarda la disposizione degli elementi strutturali, l’edificio presenta una discreta variabilità tra i piani.
La pianta del piano terra è quella che più si differenzia dalle altre. In questo livello si riconoscono due blocchi distinti, separati da un passaggio per auto che unisce le due strade poste ai lati del palazzo.
L’accesso ai piani superiori è permesso dalla presenza di due rampe di scale e sette ascensori. Le rampe di scale, tuttavia, permettono di arrivare solo al sesto piano.
La maggior parte dei pilastri appare integrata nei muri di tamponamento o di separazione interna così da non risultare invasivi. I setti, invece, sono posizionati seguendo una configurazione non simmetrica, se si escludono quelli dei vani ascensore (vedi Figura 4).
Gli orizzontamenti sono sostenuti da travi portanti ribassate, per cui si intuisce la loro orditura, così come quella dei travetti dei solai che risultano orientati ortogonalmente alle travi.
Dal terzo piano nascono strutture perimetrali a sbalzo che proseguono fino al sesto piano.
Procedendo oltre, si osserva come il settimo piano serva sostanzialmente da copertura al blocco sottostante: i ringrossi esterni, in questo caso, si configurano come effettivi spazi a cielo aperto. Di conseguenza, da tale piano si ha una diversa configurazione strutturale con la scomparsa di due ampie porzioni della struttura.
Al piano 15° si ripresenta un ulteriore rilevante cambiamento strutturale con la scomparsa dell’ala posteriore destra del fabbricato (vedi Figura 5).
Per quanto riguarda i setti, è bene segnalare che quelli del vano associato ai primi due ascensori si interrompono, essendo quest’ultimi adibiti al raggiungimento dei soli piani al di sotto del settimo.
L’ultimo blocco riconoscibile comprende i piani tra 16° e 26°. Gli unici cambiamenti strutturali che si hanno rispetto al blocco precedente sono dati dalla scomparsa dell’ascensore d’emergenza e degli altri due adibiti al raggiungimento dei piani 7°-15°. Anche in questo caso si può constatare come i piani siano tutti davvero simili, ma continuano a differenziarsi per piccoli cambi di geometria nella disposizione dei balconi ed anche per la comparsa di nuovi dettagli, quali le due rampe della scala d’emergenza.
L’ultimo piano consiste infine in un tetto accessibile, che presenta perifericamente delle aree a cielo aperto e nella regione centrale una sorta di sottotetto dotato di copertura.
La scala d’emergenza, che ricordiamo essere l’unico accesso a tale piano, conduce proprio all’interno di questa costruzione scatolare, dotata di uscite che permettono di affacciarsi sul terrazzo.
In definitiva, è stato possibile identificare con una certa precisione la geometria di cinque diverse configurazioni di piano tipo che hanno permesso di definire l’intera volumetria del grattacielo (vedi Figura 5).
L'ARTICOLO PROSEGUE NEL PDF IN ALLEGATO...
Nei prossimi paragrafi si parlerà di:
- Scopo della analisi e ipotesi di lavoro;
- Modellazione con TaBu;
- Modellazione con Dolmen;
- Analisi effettuate;
- Confronto dei risultati;
- Analisi dinamica;
- Conclusioni.
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