Dichiarazioni e planimetrie 'fasulle': quando l'ingegnere rischia il reato di falsità ideologica in certificato
Le dichiarazioni sullo stato di fatto di beni immobili, presentate all'Ufficio del catasto da un professionista iscritto all'albo che alleghi planimetrie riproducenti lo stato dei luoghi, hanno “la funzione di implementare le informazioni poste nella disponibilità di quell'Ufficio” e, “proprio per la particolare competenza e per i doveri di deontologia del professionista”, sono “destinate a provare la verità di quanto rappresentato, consentendo alla pubblica amministrazione di potervi fare affidamento per l'aggiornamento degli archivi e dei registri tenuti”.
Cos'è il reato di falsità ideologica in certificato? E quando rischia di esserne condannato il professionista tecnico?
La sentenza 47666/2022 dello scorso 14 dicembre della Corte di Cassazione è piuttosto interessante perché affronta il caso di un professionista tecnico, nella fattispecie un ingegnere, che ha presentato all'Ufficio del catasto fabbricati di un comune ligure tre dichiarazioni, con allegate planimetrie, che rappresentavano falsamente lo stato dei luoghi.
La difesa
Il professionista, condannato in primo e secondo grado, presentava ricorso in Cassazione lamentando la violazione dell'art. 481 cod. pen. e vizio di motivazione quanto all'affermata responsabilità per il falso ideologico.
Le planimetrie catastali, secondo la difesa, non hanno finalità probatoria e, pertanto, le attestazioni fornite al catasto dal
professionista non sono destinate a provare la verità di quanto rappresentato e non possono dunque integrare il delitto ritenuto.
Le dichiarazioni presentate dall'ingegnere al catasto hanno valenza probatoria
Secondo la Corte suprema, non c'è dubbio che le dichiarazioni circa lo stato di fatto di beni immobili presentate all'Ufficio del catasto da un professionista iscritto all'albo che alleghi planimetrie riproducenti lo stato dei luoghi abbiano la funzione di implementare le informazioni poste nella disponibilità di quell'Ufficio e che, proprio per la particolare competenza e per i doveri di deontologia del professionista, siano destinate a provare la verità di quanto rappresentato, consentendo alla pubblica amministrazione di potervi fare affidamento per l'aggiornamento degli archivi e dei registri tenuti (per un caso analogo, concernente la relazione tecnica del professionista allegata alla domanda di rilascio del permesso di costruire in sanatoria, cfr. Sez. F, n. 39699 del 02/08/2018, Orlando e aa., Rv. 273811; v. anche: Sez. 3, n. 15228 del 31/01/2017, Cucino, Rv. 269579; Sez. 3, n. 29251 del 05/05/2017, Vigliar e a., Rv. 270433).
Né vale richiamare, in contrario, il regime di prova dei certificati catastali, posto che, mentre non può dubitarsi della natura fidefacente di tali certificati rispetto alle informazioni e ai dati in possesso dell'ufficio che vengono
documentalmente attestati, altro è il valore probatorio degli elementi in tal modo certificati, ciò che dipende, per un verso, dal tipo di questione che viene in rilievo e dalla relativa disciplina (nessun dubbio, ad es., che i certificati catastali non valgano ad attestare la proprietà dei beni immobili: cfr. Cass. civ., Sez. 2, n. 5257 del 04/03/2011, Rv. 616806), per altro verso, dalla pur sempre deducibile non conformità del contenuto di tali atti all'effettiva realtà rappresentata.
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