Dichiarazione utilizzo di prodotti di scarto: la mancata protocollazione preclude la qualificazione del materiale come sottoprodotto?
La distinzione tra rifiuti e sottoprodotti è un aspetto molto complesso della normativa ambientale e porta in se rilevanti implicazioni pratiche e legali. La sentenza del TAR Lombardia n. 2302/2024 esamina un caso specifico riguardante il deposito di terreno e di rocce da scavo, sottolineando come la corretta dichiarazione di utilizzo possa permettere la qualificazione di tali materiali come sottoprodotti, anche in assenza di protocollazione da parte del Comune.
Distinzione tra rifiuti e sottoprodotti
L’identificazione di un materiale come rifiuto o sottoprodotto è un tema che riguarda la normativa ambientale e ha implicazioni legali e pratiche significative, in quanto la distinzione tra i due concetti influisce sulle modalità di gestione, di trattamento e di eliminazione degli stessi materiali di scarto.
La norma che disciplina i materiali residui è l'art. 184 bis del DLGS 152/2006, in particolare definisce i criteri per i quali il materiale residuo di un processo produttivo debba soddisfare per essere considerato sottoprodotto anziché rifiuto.
Secondo l'art. 183 del DLGS 3 aprile 2006, n. 152 un rifiuto è una sostanza o un oggetto che il detentore elimina, intende eliminare o è obbligato a eliminare mentre un sottoprodotto, invece, è un materiale che deriva da un processo di produzione, ma che non ha la finalità di essere smaltito come rifiuto, bensì può essere riutilizzato, riciclato o destinato a ulteriori usi industriali. L’art. 184-bis del DLGS n. 152/2006 e il decreto del presidente della repubblica n. 120/2017 disciplinano la qualificazione come sottoprodotto.
Le terre e le rocce da scavo prodotte in cantieri possono essere considerate sottoprodotti anziché rifiuti, a condizione che rispettino specifici requisiti stabiliti nell’art. 4 del DPR 120/2017. La verifica del rispetto di tali requisiti per la classificazione delle terre e delle rocce da scavo come sottoprodotto avviene attraverso la dichiarazione di utilizzo, ossia un documento con il quale il produttore descrive qualità e modalità di utilizzo delle terre e rocce da scavo come sottoprodotto.
Una volta che la dichiarazione è stata redatta, viene trasmessa alle autorità competenti, quali Regione, Comune o ARPA.
A chiarire come la mancata protocollazione da parte di un Comune non precluda la qualificazione del materiale come sottoprodotto è la sentenza del Tar Lombardia n. 2302/2024.
Le terre da scavo qualificate come sottoprodotti
Il TAR per la regione Lombardia ha emesso una sentenza in merito al ricorso presentato avverso il Comune di Albosaggia relativamente al deposito di terre e rocce da scavo.
Il ricorso si basava sulla contestazione di due ordinanze del Comune, in particolare:
- un ordine del sindaco per la rimozione di circa 1.500 metri cubi di terreno e di roccia da scavo, depositati in località "Perregrosa";
- un divieto di iniziare e proseguire le attività relative alla segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) 4/2021.
La questione centrale del caso ruota attorno alla qualificazione del materiale depositato come rifiuto o come sottoprodotto. Secondo la normativa vigente (art. 184-bis del DLGS. 152/2006 e art. 4 del DPR. n. 120/2017), i terreni e le rocce provenienti da scavi possono essere qualificate come sottoprodotti qualora sussistano determinati requisiti, tra cui la corretta dichiarazione di utilizzo.
Durante il sopralluogo del 22 agosto 2020, il Gruppo Carabinieri Forestale di Sondrio ha constatato la gestione illecita dei rifiuti, in quanto il materiale depositato non risultava autorizzato. Questo ha portato all’avvio di un procedimento penale a carico del ricorrente, per il reato di deposito incontrollato di rifiuti. Tuttavia, nel corso del procedimento penale, egli è stato assolto poiché è stato accertato che la dichiarazione di utilizzo del terreno e delle rocce da scavo fosse stata correttamente presentata all’ARPA e, successivamente, al Comune di Albosaggia, sebbene quest'ultima non l'abbia protocollata.
Il TAR ha ritenuto fondato il ricorso del ricorrente anche dal punto di vista amministrativi verificando e avallando che la dichiarazione di utilizzo delle terre e rocce da scavo fosse stata effettivamente presentata al Comune sebbene essa non fosse stata opportunamente protocollata, come richiesto dalla normativa. Secondo il Tribunale, infatti, la mancata protocollazione non preclude, in alcun modo, la qualificazione del materiale come sottoprodotto.
La sentenza del TAR mette in evidenza l’importanza della corretta gestione delle terre e rocce da scavo, distinguendo tra rifiuti e sottoprodotti. La qualificazione dei materiali come sottoprodotto consente quindi una gestione più flessibile, riducendo l'impatto ambientale e facilitando operazioni di recupero.
In conclusione, il TAR ha dichiarato che il materiale depositato dal ricorrente debba essere qualificato come sottoprodotto, annullando le ordinanze emesse dal Comune di Albosaggia, e che il mancato adempimento di una pubblica amministrazione ad un proprio atto o azione non debba essere preclusiva per il privato che abbia interpellato l'amministrazione stessa.
LA SENTENZA DEL TAR LOMBARDIA È SCARICABILE IN ALLEGATO.
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