Diagnosi energetica civile: partiamo con il piede giusto
La diagnosi energetica degli edifici è un processo complesso che richiede la creazione di un modello accurato dell'edificio e il supporto di un software tecnico avanzato come EC720 Diagnosi energetica e interventi migliorativi di Edilclima.
Diagnosi energetica: sono tanti i fattori da prendere in considerazione, vediamo quali sono
La diagnosi energetica di un edificio non rappresenta una scienza esatta. Se una volta inseriti tutti i parametri ipotizzati la validazione torna al primo colpo, più che molto bravo dico sempre di essere stato estremamente fortunato! La diagnosi energetica rappresenta infatti un procedimento complesso, composto da diverse fasi. La prima fase consiste nella creazione di un modello dell’edificio che sia in grado di riprodurre nel modo più fedele possibile i consumi finali effettivi. La creazione di un modello corretto è quindi il primo passo per una diagnosi efficace.
Ipotizziamo di dover eseguire una diagnosi energetica utilizzando il metodo di calcolo medio mensile.
Andiamo a vedere quali sono i parametri che influiscono sulla valutazione del fabbisogno invernale dell'involucro dell'edificio: il fabbisogno di energia utile ideale QH,nd, calcolato secondo la formula numero 1 della UNI TS 11300-1, è ottenuto effettuando un bilancio energetico mensile tra le perdite (trasmissione e ventilazione) e i guadagni (apporti solari ed apporti interni).
All'interno di questo bilancio, numerosi termini dipendono dall'uso effettivo che l'utente fa dell'edificio, come le perdite per ventilazione, gli apporti interni e gli scambi termici per trasmissione, proporzionali alla differenza di temperatura tra il set-point interno e le condizioni esterne.
Un esempio rapido: aumentando la temperatura interna di due gradi, le perdite per trasmissione aumenterebbero di conseguenza. Una simile variabilità si può manifestare anche per la ventilazione e gli apporti interni: un appartamento di lavoratori che passano molte ore al giorno fuori casa avrà probabilmente un valore globale di apporti interni inferiore rispetto a un appartamento abitato da una coppia di pensionati.
È quindi cruciale distinguere il tipo di dati di input in funzione delle diverse tipologie di utilizzo dell'appartamento: possiamo avere unità immobiliari abitate in modo continuativo, non abitate, utilizzate solo nei weekend o distaccate dall'impianto centralizzato. Per ciascuna di queste categorie, è possibile individuare valori di riferimento per rendere il modello più rispondente alla realtà fin dal primo tentativo.
Analizziamo i seguenti quattro casi:
- Appartamento normalmente vissuto;
- Appartamento non abitato (sfitto);
- Appartamento vissuto nei week-end (case vacanze);
- Appartamento distaccato dall’impianto centralizzato.
Caso 1. Appartamento normalmente vissuto
Si tratta della categoria più semplice da modellare. Rappresenta una zona termica vissuta con continuità nell’arco delle 24 ore e soprattutto della stagione di riscaldamento. In tali condizioni è lecito aspettarsi che i parametri che rappresentano le condizioni d’utilizzo dei locali risultino simili a quanto prescritto dalle norme di calcolo: apporti interni standard, ricambi d’aria pari a 0,3 volumi ora e temperatura interna prossima a 20°C. Possiamo ipotizzare una lieve riduzione per gli edifici in cui è già presente un sistema di contabilizzazione: essendo l’utente già sensibilizzato a ridurre i consumi per un diretto risparmio economico, è probabile che possa stare all’interno della propria abitazione ad una temperatura leggermente inferiore di circa 1 grado.
Apporti e ricambi d’aria potrebbero infine variare, come detto in precedenza, in funzione del grado di utilizzo: un appartamento di lavoratori avrà fabbisogni di energia superiori in quanto la loro assenza comporta apporti interni più ridotto (si consiglia quindi di adottare un valore di primo tentativo inferiore rispetto al valore standard indicato dalla UNI TS 11300-1).
Caso 2. Appartamento non abitato (sfitto)
Gli appartamenti non abitati rappresentano una categoria frequente nei condomini. Si tratta di unità che non accolgono mai presenza di persone per tutta la durata della stagione di riscaldamento. I ricambi d’aria dovuti all’apertura dei serramenti sono notevolmente ridotti in quanto vi è assenza totale di persone e le utenze sono chiuse (eventuali apporti gratuiti dovuti all’assorbimento elettrico di elettrodomestici da cucina o apparecchi per illuminazione risulteranno quindi nulli). Termostati, detentori o valvole termostatiche sono generalmente chiuse o impostate sulla funzione antigelo.
In queste condizioni, indipendentemente dal fatto che l’edificio sia dotato o meno di sistemi di contabilizzazione, i parametri per la modellazione energetica dell’unità immobiliare sono i medesimi: apporti interni e ricambi aria prossimi a zero e temperature interne tipicamente più basse, comprese tra 8 e 13 gradi (valori validi per località del Nord Italia della Pianura Padana).
Caso 3. Appartamento vissuto nei weekend (casa vacanza)
Si tratta di una situazione intermedia che richiede attenzione durante il sopralluogo.
È lecito aspettarsi valori di apporti interni e ricambi aria inferiori allo standard, ma di quanto? La risposta non è univoca: dipende fortemente dal quantitativo di ore in cui vengono vissuti tali locali.
Per la temperatura interna può essere invece fatto un ragionamento più accurato: in questo caso i valori da adottare dipendono dalla presenza di un eventuale sistema di contabilizzazione. Su un edificio ancora non contabilizzato ci si aspetta una temperatura prossima a quella di set-point, poiché la ripartizione delle spese avviene con criteri differenti da quelli elencati dalla UNI 10200 e quindi l’utente paga in maniera uguale sia per tenere casa al freddo o per tenerla al caldo.
Se invece l’edificio risulta contabilizzato o sono presenti linee/partenze dedicate ad ogni unità direttamente in centrale termica (vedi figura seguente), la spesa annuale è costituita in gran parte, circa il 70%, dalla quota a consumo volontario. L’utilizzatore è quindi già sensibilizzato e sa benissimo che se riduce la temperatura interna durante la sua assenza (chiudendo l’impianto e/o i terminali), risparmia sulla propria bolletta. È pertanto lecito assumere nel modello una temperatura interna inferiore che mediamente non superi i 15 gradi nell’arco della stagione fredda.
Caso 4. Appartamento distaccato dall'impianto centralizzato
Questo appartamento non contribuisce al consumo dell’impianto centralizzato ma al tempo stesso è un volume che risulterà ugualmente caldo, utilizzando altre tecnologie per scaldarsi. All’interno del modello l’ipotesi più plausibile è quella di considerare questo appartamento ad una temperatura pari a quella di set point, e di non considerarlo ovviamente a carico dell’impianto centralizzato.
Nella tabella sopra sono state riportate le assunzioni di calcolo consigliate per i quattro casi analizzati nel caso in cui si effettui un calcolo medio mensile. Cosa accade invece se si effettua un calcolo dinamico orario?
Se decidiamo di eseguire la Diagnosi Energetica con simulazione dinamica oraria secondo UNI EN ISO 52016-1, la definizione dei profili di utilizzo delle varie tipologie di appartamento appena descritte può raggiungere un maggiore dettaglio: analizziamo le schermate di seguito riportate.
Confrontiamo ad esempio i profili di utilizzo per un appartamento utilizzato da una coppia di lavoratori e da una coppia di pensionati: si ottengono valori medi sulle 24 ore marcatamente differenti degli apporti interni (persone, apparecchiature ed illuminazione).
LAVORATORI
PENSIONATI
Questi dati comportano, per un appartamento di uguali dimensioni di circa 100 m², apporti interni totali di circa 4,32 W/m² per i lavoratori e di circa 5,44 W/m² per i pensionati. Tale differenza è dovuta principalmente al fattore di occupazione ipotizzato, superiore nell’arco delle 24 ore per un appartamento vissuto da una coppia di pensionati.
Questa differenza, seppur limitata, può comunque far variare il fabbisogno di energia termica di parecchi punti percentuali ed essere causa di un disallineamento tra i valori calcolati e il consumo reale dell’edificio.
Alla luce delle considerazioni fatte per il calcolo mensile e il calcolo dinamico orario, vediamo infine quali ipotesi possiamo trarre dall’analisi delle letture dei ripartitori all’interno di un condominio.
Tali letture possono essere utilizzate come verifica del fabbisogno invernale, andiamo ad esempio ad analizzare le letture di un condominio composto da unità immobiliari tutte molto simili tra loro per esposizione e geometria. In figura è evidenziato in rosso un appartamento che mediamente consuma circa il 50% in meno rispetto agli altri. È ipotizzabile possa trattarsi di una unità utilizzata saltuariamente e pertanto schematizzabile con le logiche viste nel precedente caso 3, “Appartamento vissuto nei weekend”.
L’appartamento evidenziato in giallo è invece caratterizzato da letture dei ripartitori molto contenute (due di esse addirittura nulle). È ipotizzabile che questa unità possa essere catalogata come un appartamento completamente sfitto, oppure come un appartamento non formalmente distaccato ma che si riscalda con mezzi propri (ad esempio una stufa a pellet o un impianto ad espansione diretta).
In conclusione, la corretta impostazione dei profili d'uso delle unità immobiliari è il primo passo essenziale per mettere le basi di una diagnosi energetica efficace. L’adozione dei parametri tecnici corretti non può prescindere dalla comprensione e dell’approfondimento dell'utilizzo effettivo degli spazi e delle tecnologie impiantistiche presenti: se eseguite correttamente queste valutazioni possono fare la differenza nel risultato finale del consumo energetico dell'edificio.
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