Calcestruzzo Armato | Problemi Fessurativi
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Deformabilità nelle strutture in calcestruzzo armato: le situazioni con presenza di fluage non lineare

Le condizioni che comportano la possibilità di un effetto deformativo nelle strutture in calcestruzzo armato indotto anche dalla presenza di fluage non lineare. Si esamina un semplice caso esemplificativo e un caso reale con deformazioni differite responsabili di lesioni in pareti di tamponamento.

La verifica di deformabilità delle strutture in calcestruzzo armato

La verifica di deformabilità delle strutture in calcestruzzo armato, eseguita in condizioni di carico allo SLE, fornisce dati utili sia in termini di comportamento elastico, per un confronto con dati sperimentali misurati in eventuali prove di carico, che in termini di comportamento elastico-viscoso, situazione che si pensa possa manifestarsi dopo alcuni anni di vita strutturale, ed è finalizzata in genere a evidenziare la possibilità di eventuali effetti indesiderati sugli elementi rigidi non strutturali, come pareti divisorie, tamponamenti, pavimenti.

Il passaggio dalla fase elastica a quella elastico-viscosa è operativamente effettuato con una modifica nel modulo elastico del materiale calcestruzzo, dal valore Ecm, definito in normativa, a quello ridotto dal fattore (1+Φ), con Φ coefficiente di viscosità, suggerito anch’esso dalle norme tecniche in funzione della superficie esposta all’aria della sezione, del tempo di messa in carico e per due casi di umidità dell’ambiente tra cui è ammessa interpolazione, o calcolato più precisamente con le formule suggerite da EC2.

Tuttavia si possono verificare situazioni in cui si presentano i citati effetti indesiderati, nonostante l’attenzione e la correttezza del progettista nel rispetto delle norme e nelle adeguate scelte progettuali.

Le foto 1-2-3, relative al caso reale descritto nel seguito, evidenziano lesioni comparse nei tamponamenti e pareti a 4÷5 anni dalla realizzazione dell’opera, progettata con criteri antisismici secondo le norme in vigore all’atto della costruzione.

  

Foto 1 - Esempio di lesione comparsa nei tamponamenti a 4-5 anni dalla realizzazione dell’opera
Foto 1 - Esempio di lesione comparsa nei tamponamenti a 4-5 anni dalla realizzazione dell’opera
(Credit: G. Soragni)

  

Foto 2 - Esempio di lesione comparsa nei tamponamenti a 4-5 anni dalla realizzazione dell’opera
Foto 2 - Esempio di lesione comparsa nei tamponamenti a 4-5 anni dalla realizzazione dell’opera
(Credit: G. Soragni)

  

Foto 3 - Esempio di lesione comparsa nei tamponamenti a 4-5 anni dalla realizzazione dell’opera
Foto 3 - Esempio di lesione comparsa nei tamponamenti a 4-5 anni dalla realizzazione dell’opera
(Credit: G. Soragni)

  

In primo luogo una sottovalutazione del problema potrebbe essere costituito dalla convinzione diffusa che le deformazioni in una struttura in c.a. sono comunque minime, se paragonata a una struttura in acciaio, e che i maggiori problemi di progettazione sono ben altri, in particolare nel comportamento sismico, che non la deformabilità in condizioni statiche.

Convinzione giustificabile, suffragata dall’esperienza, e la stessa normativa (Circ. 2009-2019) prevede la possibilità di omettere la verifica di deformabilità, sotto certe condizioni, in quanto implicitamente soddisfatta.

In secondo luogo, in fase di calcolo, oltre alla corretta definizione delle condizioni di vincolo e dei carichi, la stima del prodotto EJ, non appare così scontata come in una struttura in acciaio e ovviamente influisce in modo non trascurabile.

Spesso il calcolo del momento d’inerzia J, con riferimento alla sezione geometrica della trave, priva di armatura a favore della sicurezza, costituisce una rapida e pratica semplificazione ma, trascurando il grado di fessurazione nelle porzioni di trave maggiormente sollecitate, generalmente tende a una sovrastima del momento d’inerzia, e una conseguente sottostima delle deformazioni.

Il calcolo “rigoroso”, cui fanno riferimento la Circ. 2019 e precedentemente la Circ. 2009, che stima lo stato di fessurazione in funzione del momento sollecitante, è illustrato chiaramente in testi di autorevoli autori (nota 1), comprese le difficoltà insite nel procedimento in caso di strutture iperstatiche.

Infine merita attenzione la definizione del modulo elastico che, seppur ridotto dal coefficiente di viscosità secondo le indicazioni normative, in particolari condizioni, può ancora risultare sovrastimato se si entra nel campo della viscosità non lineare, ovvero, come riporta la normativa, se la tensione nel calcestruzzo supera il valore 0,45fck.

Quest’ultima circostanza, se non esclusa, appare remota nel calcestruzzo normale, per i limiti di normativa.

Si pensi a una struttura con carico permanente, compiutamente definito, nettamente prevalente sul carico variabile, al punto da poter trascurare quest’ultimo.

Il rapporto tra carico allo SLU e allo stato SLE risulta pertanto γ= 1,3 così come il rapporto tra il momento sollecitante MEd tra lo SLU e lo SLE in combinazione rara, che coincide con SLE in combinazione quasi permanente.

Progettando la trave con MRd ≈ MEd (col criterio di gerarchia delle resistenze ciò non è infrequente per realizzare trave debole con pilastro forte), la tensione nel cls è assunta 0,85fck / γc = 0,5667fck.

La verifica SLE combinazione rara comporta una tensione massima σc 0,60fck ma più severa è la verifica SLE combinazione quasi permanente (con identico valore di MEd), che è quella in sostanza che coinvolge il problema del fluage, con una tensione massima σc < 0,45fck.

Con un rapporto 0,5667fck / 0,45fck = 1,26, (pur senza una proporzionalità lineare tra momenti ultimi e di esercizio e relative σc), verificando lo SLE quasi permanente, come lecito con n=15 (C.4.1.2.2.5), la verifica ha in genere esito positivo.

Tuttavia la norma (NTC 2008-2018) specifica che l’utilizzo del metodo per la determinazione del coefficiente di viscosità è limitato da σc 0,45fckj “al tempo to=j di applicazione del carico”.

Aggiungendo alle condizioni precedenti (carico interamente o quasi permanente e MRd ≈ MEd ) la situazione di una applicazione del carico permanente in tempi brevi, occorre osservare che il modulo elastico reale è quello indicato dalle norme con Ecm, per cui il valore del coefficiente di omogeneizzazione n = Es / Ec non risente degli effetti viscosi (di cui si tiene invece conto con n=15), ma assume valori decisamente inferiori (con calcestruzzo C25/30 n=206000/31476=6,54 – nota 2).

Di conseguenza la verifica (SLE combinazione quasi permanente) con il coefficiente n modificato tende ad esaltare il ruolo del cls con un probabile (nelle condizioni ipotizzate) superamento del limite σc = 0,45fck (con calcestruzzo ordinario fckj = fck).

Nel campo del fluage non lineare deve essere allora stimato un incremento ulteriore del coefficiente di viscosità.

Per non ricadere nella situazione opposta, ovvero sovrastimare l’effetto nel campo non lineare, se ritenuto opportuno, si può ricalcolare per tentativi la σc attribuendo a Ec un valore inferiore, in considerazione della curva σc  - εc che ad elevati valori di tensione fa corrispondere un rapporto E= σ inferiore al modulo Ecm secante a 0,4fcd.

Di conseguenza il coefficiente n risulterà maggiore del valore di primo tentativo (n=6,54 con C25/30), pertanto con abbassamento del livello di tensione σc  e dell’incremento del coefficiente totale di viscosità.

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