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Dati satellitari e aggiornamento cartografico: intervista a Luigi Proietti

Domenico Santarsiero intervista Luigi Proietti, uno dei maggiori esperti in Italia nel campo delle informazioni geo-topo-cartografiche. In questo articolo viene fatta una panoramica di come sia cambiata la materia con l'avvento della tecnologia, ma anche di come potrà cambiare in futuro.

I satelliti offrono rilevamenti continui e molto precisi, anche in 3D

I dati satellitari del territorio, ovvero le immagini ed altri formati digitali, sono ormai impiegati per realizzare anche aggiornamenti cartografici, e addirittura modelli 3D anche spinti a precisioni che si aggirano tra i 20 e i 50 cm. In effetti la precisione delle scene satellitari è ormai giunta ad un tale livello, che in numerosissime situazioni è conveniente ed efficiente impiegare le scene satellitari, piuttosto che i voli fotogrammetrici tradizionali

Il grande vantaggio dei satelliti, deriva dal fatto che sono in orbita 24 ore al giorno, e che in alcune situazioni la stessa porzione di territorio è mappata ripetutamente a distanza di pochi giorni. Al contrario le riprese aeree tradizionali, anche se effettuate con gli attuali sistemi di volo come gli UAV (droni), è impossibile realizzarle con riprese aggiornate con regolarità. É ovvio che anche le scene satellitari hanno il loro livello di pro e contro, ma le loro potenzialità sono sicuramente di grande aiuto in numerosissime applicazioni. Il vero problema spesso sono i costi, ma ciò dipende sempre dai canali di acquisizione, e ovviamente dalla disponibilità o meno di budget adeguati.

Luigi Proietti opera nel settore delle informazioni geo-topo-cartografiche da oltre 40 anni, ed è riconosciuto in Italia tra i più esperti e appassionati della materia cartografica. Sia che si tratti di fotogrammetria tradizionale, sia di quella architettonica, che di quella basata su dati e scene di riprese da satellite. Da diversi anni si occupa ovviamente di 3D a tutti i livelli, con dati da laser scanner, ma anche con dati da satellite per progetti singolari e unici per tipologia di applicazioni.

Luigi Proietti in pausa produttiva.

Gigi, così come è chiamato dagli amici e colleghi più stretti, è però alla fine della sua carriera, e nello studio dove opera campeggiano uno “stereo-plotter” (restitutore) Wild AG1, uno scanner per pellicole di prima generazione, e diverse workstation Sun basate spesso su sistemi Unix, sui cui è ancora in funzione la mitica soluzione Helava targata Leica, e infine una stampante 3D che serve a verificare i draft di modelli 3D sempre più diffusi tra gli operatori del settore.

Tutta strumentazione che prima o poi andrà nella soffitta di qualche appassionato tecno-entusiasta, ma quello che manca veramente sono maestranze che credano ancora nella tangibilità di un mestiere ormai uscito fuori dall’orizzonte reale, in cui il sapere è forte, è matematico, e all’opposto della realtà di oggi legate alla cultura del “push the button” che sta letteralmente invadendo ogni ambito, ha necessità di testa, saperi, e ovviamente di passione.

Domenico Santarsiero:
Il processo cartografico classico ha seguito per oltre 40 anni il classico processo del volo aereo-fotogrammetrico, la restituzione attraverso sistemi ottico-meccanici che per oltre un ventennio sono stati anche il vanto delle industrie italiane come Salmoiraghi, Galileo Sistemi, OMI ed altri. Pian piano è arrivata poi la fotogrammetria digitale, il GIS e molte altre innovazioni tecnologiche e di processo. Puoi raccontarci cosa è rimasto del sapere fotogrammetrico tra i professionisti del settore, delle scuole di formazione e delle decine e decine di aziende che vantavano un’esperienza inusitata in questo lavoro che coinvolgeva maestranze che andavano dal “restitutista” all’addetto alla lucidatura a china dei fogli di astralon?

Luigi Proietti:

Come sai la mia formazione sulla fotogrammetria è completamente autodidatta e, per il periodo 1986/1990 ho svolto attività da cartografo di Provincia, strutturando la mia formazione in maniera autonoma e completamente scollegata dalla realtà imprenditoriale di quel momento, della quale ne ho conosciuto l’organizzazione soltanto dopo il mio approdo nella Capitale.
Credo sia utile ripercorrere molto brevemente le fasi che ha attraversato il mondo della fotogrammetria, che hanno portato la trasformazione alla quale ti riferisci.

Il modello 3D di una porzione di Viterbo. Uno tra i mille lavori realizzati da L.Proietti negli ultimi anni.

La struttura delle imprese fotogrammetriche fino a quel momento era organizzata a “camere stagne”.
Ogni figura professionale aveva compiti stabiliti: il topografo per gli appoggi, l’operatore fotogrammetrico (restitutista) eseguiva il tracciamento dai modelli stereoscopici a matita sul cartone, il ricognitore si occupava delle integrazioni e verifica della “minuta di restituzione” ed infine il disegnatore trasferiva su poliestere, rigorosamente a mano, la carta definitiva.

Una volta completata la carta di base, si produceva quello che chiamavamo “Astralon”. Ovvero un supporto di un particolare poliestere di notevole spessore per la fotoincisione finale, che alcuni producevano internamente, ma la maggior parte si rivolgevano a professionisti “storici”. Per l’area romana e non, uno tra tutti il grande Barillaro che è stato anche un bravissimo ricognitore.

Con l’avvento dei primi PC, gli strumenti analogici vennero “numerizzati”, applicando degli encoders per catturare le coordinate modello durante la restituzione, e trasmetterli così al computer dove venivano elaborati da un software di grafica (CAD Cartografici), alcuni dei quali realizzati da persone provenienti dall’ambiente fotogrammetrico, tra cui Geobit nell’area romana era tra i più diffusi (in alcuni casi ancora utilizzo). Tieni presente che siamo ai tempi di IBM AT, XT e floppy disk da 5” ¼ da 360 Kb e schede grafiche a fosfori verdi o VGA.

Uno scorcio dall’alto del restitutore fotogrammetrico Wild AG1.

Con la nascita dei plotter a rullo e piani, la prima figura professionale che è stata eliminata dalla produzione è stato ovviamente il disegnatore, anche se per un periodo di transizione veniva impiegato per i “ritocchi” grafici fino a quando i software non sono stati in grado di riprodurre decentemente tutta la simbologia cartografica, e lasciando il posto ad una nuova figura professionale come “l’operatore di Editing grafico”.

La trasformazione di gran lunga più importante è però avvenuta nel passaggio analitico/digitale, quando i files TIF hanno preso il posto delle pellicole, prima con la numerizzazione mediante gli scanner fotogrammetrici, poi con le camere aeree digitali. In questo cambiamento (siamo nei primi anni 90), si iniziarono ad impiegare con sempre più frequenza le tecniche di correlazione d’immagine. Alcuni test erano stati fatti con le telecamere LCD applicate ai restitutori analitici, massivamente sulle attività di triangolazione aerea ed acquisizione di DTM/DSM, molto meno per la parte di restituzione grafica.

Da quel momento in avanti le tecniche si sono evolute sino a fondersi con la computer grafica, fino alla fotogrammetria di 4^ generazione come SfM. Cambiati gli algoritmi di calcolo più rigorosi come LSM, FBM, CBM, SGM. Con SfM si è iniziato ad usare le camere semi-metriche, successivamente le panoramiche, e addirittura le Action-Cam. In fine i sistemi UAV, o droni, e poi ovviamente si è cominciato ad ipotizzare il riconoscimento automatico degli oggetti, o quello che possiamo tranquillamente chiamare “visione automatica”.

Detto questo possiamo affrontare il tema della tua domanda, cosa è cambiato in quasi 50 anni? In definitiva, nel tempo è cambiata la nostra percezione della precisione, a vantaggio di una decuplicata capacità di produzione. Oggi nei sistemi GIS entrano direttamente i dati acquisiti in fotogrammetria, strutturati in DB sempre più evoluti, dove è importante la congruenza tra dato e informazione, la precisione geometrica è diventato un parametro di importanza relativa e secondaria . Vengono prodotte true-ortofoto da DSM ottenuti da nuvole di punti ad alta densità, sempre più frequentemente prodotte con tecniche digitali in continua evoluzione. La cartografia come era intesa 40 anni fa non esiste quasi più.

Rappresentazione iconica di un moderno sistema di restituzione fotogrammetrica digitale, che impiega occhiali e monitor sterescopici attivi.

Da quanto tempo non prendiamo in mano una CTR stampata su carta con le simbologie di una volta, con le indicazioni a margine sulla proiezione, la declinazione magnetica, la data del volo e tutto il resto? Alcuni enti per adesso, continuano a farlo; pensiamo anche alle procedure di collaudo come sono cambiate. La cartografia, intesa come 50 anni fa ormai è solo un ricordo al limite della nostalgia, sono cambiati aspetto e contenuti, quasi completamente sostituita da altre forme di rappresentazione, anche più efficaci, e credo sia giusto così.

Riguardo le professionalità, alcune sono scomparse o completamente riciclate, la cosa invece che a mio parere stiamo perdendo è proprio la percezione della precisione. La vecchia filosofia della fotogrammetria era quella di controllare ogni processo di lavoro con estrema attenzione, perché ogni errore anche piccolo, poteva influire significativamente su tutte le fasi successive. Una su tutte l’accuratezza geometrica del prodotto finale, il cui riferimento era la topografia a terra.

Sono ormai convinto che i dati cartografici, così come si producevano una volta, non servano più, sentimentalmente me ne dispiaccio, ma ormai abbiamo intrapreso la strada del 3D evoluto, e quella penso si debba seguire. La tecnica fotogrammetrica classica, non è svanita nel nulla, viene comunque impiegata quando si ha bisogno di rilievi di dettaglio e dove esiste la necessità di avere misure accurate.

Domenico Santarsiero:
Il mondo dei satelliti ad uso fotogrammetrico, più noto come il segmento ottico dell’EO (Earth Observation) ha di fatto rivoluzionato buona parte della fase di acquisizione dati finalizzata ai settori del geospatial, dell’intelligence e infine della fotogrammetria a grande scala. Ma poiché la catena di operatori, i sensori, e la gestione dei satelliti rimangono attività per pochi eletti, ci siamo fatti l’idea che anche di fronte a potenzialità interessanti, le immagini satellitari non riescano a diventare il materiale quotidiano di base per l’aggiornamento cartografico tradizionale. Puoi darci il tuo punto di vista su questo aspetto?

Luigi Proietti:

Anche le immagini satellitari hanno avuto una evoluzione importante, pensando che le prime immagini che ho impiegato in fotogrammetria erano su pellicola in B/N come con KFA 1000 e Ikonos , fatta eccezione per alcuni satelliti tematici come Spot e Landsat.
Oggi ovviamente sono tutti digitali e con una risoluzione media della scena che arriva a 30 cm/pixel, e la possibilità di avere stereocoppie per l’area interessata.

Malgrado le immagini siano notevolmente migliorate, provengono sempre da sensori che eseguono la scansione del territorio da un’altezza orbitale tra i 482 Km di QuickBird ai 617 di Wordview-3, e con acquisizioni RAW che vengono processate con varie tecniche, e georiferite poi attraverso un modello RPC (Rational Polynomial Coefficient), ed anche se possono essere accurati al livello del subpixel, sono sempre una raccolta di coefficienti che mettono in relazione le coordinate in un piano del sensore (2D) con le coordinare 3D del terreno.

Il 3D fotorealistico dell’EUR a Roma, generato da fotogrammetria tradizionale con volo incrociato e GSD di 7cm.

La mia opinione su questo argomento, basata su esperienze che vanno dall’acquisizione di modelli per i 3DCityModels, al mapping cartografico, è molto positiva riguardo la possibilità di produzione di cartografia a piccola scala (1:5.000), mentre non ritengo sia opportuno utilizzare le foto satellitari a grande scala (1:1000) o addirittura grandissima scala (1:500).

Uno degli aspetti negativi sull’utilizzo delle immagini satellitari per il mapping è il loro costo, spesso uguale o superiore a quello della ripresa tradizionale. Inoltre la richiesta delle immagini aggiornate vanno programmate, e spesso con tempi più lunghi della ripresa aerea. Diversamente è per le immagini d’archivio che sono immediatamente disponibili, con la voce costi che conviene sempre verificare.

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