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Da cantina a tavernetta: il cambio d'uso fa la differenza tra ristrutturazione edilizia e manutenzione straordinaria

Per le regole del Testo Unico Edilizia, siamo in presenza di un intervento di ristrutturazione se da una cantina si passa ad una vera e propria tavernetta cioè un locale con cucina, arredi ed impianti con un nuovo W.C. più funzionale e ad uso abitativo rispetto al precedente.

C'è una netta differenza tra opere di ristrutturazione edilizia e manutenzione straordinaria, anche - e soprattutto, verrebbe da dire - sotto il profilo sanzionatorio.

Il tutto è al centro della sentenza 954/2024 del 31 gennaio del Consiglio di Stato, relativa al ricorso contro l'ordinanza di demolizione adottata da un comune per alcune opere edilizie realizzate al piano seminterrato di un immobile, diverse rispetto a quelle che erano state autorizzate dal 'secondo' condono edilizio del 1994.

 

Gli abusi edilizi del contendere: da cantina a tavernetta

Nello specifico, l'amministrazione comunale ha qualificato le opere realizzate al piano seminterrato come interventi di ristrutturazione edilizia, sanzionabili ai sensi degli artt. 14, comma 1, della L.R. n. 23/2004 e 33, comma 1, del dpr 380/2001, e quelle realizzate al piano terra e sull’area scoperta, come interventi di nuova costruzione in ampliamento, sanzionabili ai sensi degli artt. 13, comma 1, della L.R. n. 23/2004 e 31, comma 1, del dpr 380/2001.

Secondo il ricorrente, il TAR competente avrebbe erroneamente ritenuto che il mutamento di destinazione d’uso della cantina a tavernetta, con i connessi impianti e l’aggiunta di un bagno, consentirebbe la qualificazione delle opere nel seminterrato come ristrutturazione edilizia, senza considerare che già il condono del 1994 aveva assentito la destinazione di uno dei due locali a tavernetta e che il mutamento non avrebbe riguardato l’edificio nella sua interezza, trasformandolo da abitativo a produttivo o a direzionale o viceversa, né avrebbe consentito l’utilizzazione di una sua parte per una differente destinazione.

 

La differenza tra ristrutturazione e manutenzione straordinaria

L'oggetto del contendere non è inerente alla effettiva realizzazione delle opere, ma sulla loro qualificazione come ristrutturazione edilizia, anziché come manutenzione.

Il TAR ha respinto il ricorso affermando cheper poter classificare un intervento edilizio come manutenzione straordinaria, non vi deve essere modificazione della destinazione d’uso, mentre nel caso di specie essa è avvenuta perché da uso cantina si è passati ad una vera e propria tavernetta cioè un locale con cucina, arredi ed impianti con un nuovo W.C. più funzionale ad uso abitativo del precedente. Si deve parlare, invece, di ristrutturazione edilizia cioè “interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto od in parte diverso dal precedente” in assenza di titolo abilitativo come si ricava agevolmente dalla visione delle foto inserite nella relazione comunale”.

 

La ristrutturazione edilizia con cambio d'uso non è mai una manutenzione: i paletti del Testo Unico Edilizia

Se un intervento edilizio integra una ristrutturazione che aggrava il carico urbanistico, per di più su un edificio di pregio storico, esso non rientra tra quelli ascrivibili alla manutenzione straordinaria, ma tra quelli ascrivibili alla ristrutturazione edilizia pesante.


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Il cambio di destinazione d'uso fa la differenza

La destinazione d'uso modificata fa la differenza, Palazzo Spada continua a motivare la sua decisione ribadendo quanto, in precedenza, è già stato affermato dalla giustizia amministrativa, su casi analoghi a questo, aventi ad oggetto l'accertato mutamento di destinazione d’uso di locali, previsti in progetto quale garage, mediante la creazione di nuovi volumi residenziali, non meramente accessori o tecnici.

Secondo il predetto orientamento, premesso che gli standard urbanistici hanno una “funzione di equilibrio dell’assetto territoriale e di salvaguardia dell’ambiente e della qualità di vita” (Cons. Stato, sez. II, n. 9614 del 2022; Cons. Stato, sez. IV, n. 4068 del 2019), “la destinazione del piano in questione (interrato, ma analogo discorso vale per il sottotetto) ad abitazione ha determinato un incremento delle volumetrie e delle superfici ‘utili’ – ossia utilmente fruibili – con conseguente aggravio del carico urbanistico, secondo quanto previsto dall'art. 32, comma 1 lett. a) D.P.R. n. 380/2001, a norma del quale costituisce ‘variazione essenziale’ ogni ‘mutamento della destinazione d’uso che implichi variazione degli standards previsti dal decreto ministeriale 2 aprile 1968, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968” (Cons. Stato, sez. II, n.6085 del 2023).

Pertanto, nell’ambito di una unità immobiliare ad uso residenziale, devono distinguersi i locali abitabili in senso stretto dagli spazi “accessori” che non hanno valore di superficie edificabile e non sono presi in considerazione come superficie residenziale all’atto del rilascio del permesso di costruire; autorimesse, cantine e locali di servizio rientrano in questa categoria.

Da ciò consegue che non è possibile ritenere urbanisticamente irrilevante la trasformazione di un garage in un locale abitabile; a differenza dell’ipotesi in cui il garage venga trasformato - con o senza opere - in magazzino o deposito, rimanendo quindi spazio accessorio, senza permanenza di persone, “la trasformazione in vano destinato alla residenza, anche a tralasciare i profili igienico-sanitari di abitabilità, si configura come un ampliamento della superficie residenziale e della relativa volumetria autorizzate con l’originario permesso di costruire” (Cons. Stato, sez. VII, n. 835 del 2023).


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Allegati

Abuso Edilizio

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