Criticità degli edifici a telaio in calcestruzzo armato soggetti ad eccitazione sismica
Le costruzioni in calcestruzzo armato costituiscono una percentuale rilevante delle costruzioni esistenti, soprattutto di quelle costruite a partire dal secondo dopoguerra. Queste costruzioni hanno manifestato significative criticità strutturali quando sono state soggette ad eccitazione sismica. Nel seguito si presenta una raccolta di queste criticità con discussione delle peculiarità intrinseche che hanno caratterizzato il tipo di risposta strutturale alle specifiche sollecitazioni provocate da un evento sismico.
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Tipologie strutturali degli edifici in calcestruzzo armato
Come venivano progettati gli edifici fino agli anni '70
Gli edifici per l’edilizia residenziale, scolastica e direzionale sono stati costruiti in calcestruzzo armato a partire dagli anni 30 del secolo scorso; dal secondo dopoguerra è diventata la tecnologia costruttiva dominante per quel tipo di costruzioni. Queste costruzioni hanno prevalentemente una forma rettangolare allungata.
Le tipologie strutturali consistono prevalentemente in telai piani paralleli, nella direzione longitudinale, collegati da solai in latero-cemento con nervature disposte nella direzione trasversale (Fig. 1a). Sono strutture che sono state per la maggior parte concepite per sopportare i carichi gravitazionali, visto che solo limitate zone del territorio nazionale erano classificate come sismiche fino agli anni 70. Infatti, normalmente, solo gli edifici con più di tre piani hanno dei setti di controvento, per resistere alle azioni orizzontali dovute al vento, e frequentemente coincidono con le pareti del vano scala-ascensore (Fig. 1b).
In entrambi i casi, nella direzione parallela all’orditura dei solai si riscontra l’assenza di travi di collegamento tra gli elementi verticali, pertanto il collegamento tra i telai longitudinali è affidato soltanto al solaio e ai telai di estremità realizzati generalmente con travi dimensionate per sostenere il peso delle murature di tamponamento. Una discussione più ampia sull’argomento può essere trovata in Franceschinis 2011.
Nel dimensionamento delle strutture si operava per singoli elementi separatamente semplificando notevolmente, sia gli schemi statici, che le azioni. Infatti, i pilastri venivano dimensionati considerando solo l’azione assiale corrispondente ai carichi agenti sull’area di influenza di solaio ed ai pesi dei tamponamenti che gravano sulla trave collegata al pilastro in argomento ed al peso proprio di trave e pilastro. Venivano quindi trascurate le conseguenti sollecitazioni flessionali e taglianti trasmesse da travi e solai ai pilastri.
Le travi e i solai venivano dimensionati trattandoli come travi continue soggette a carichi verticali, ancora una volta trascurando gli effetti dovuti all’interazione fra gli elementi strutturali nel funzionamento d’assieme. Alcune regole pratiche sono state sviluppate negli anni 60-70 da utilizzare nel dimensionamento di questi elementi per consentire di tener conto forfettariamente degli effetti dovuti al funzionamento d’assieme. Queste regole,però, consentono di stimare gli effetti di “bordo” per i soli carichi verticali.
Nel caso di edifici con pareti di controvento, queste sono normalmente disposte nella direzione trasversale (maggiore superficie esposta al vento – Figura 1b) e sono dimensionate come mensole aventi il compito di sopportare interamente l’azione orizzontale del vento; anche in questo caso nel progetto non si teneva conto delle interazioni con gli altri elementi strutturali (telai, pilastri).
Molti di questi edifici sono privi di piano interrato ed hanno fondazioni superficiali (impostate a circa un metro dal piano campagna); si tratta di travi rovesce longitudinali lungo il perimetro e plinti o travi rovesce sotto i telai di spina.
Frequentemente, la struttura non presenta una maglia regolare di pilastri e quindi gli stessi non sono allineati nel senso trasversale.
Per quanto riguarda le tamponature, non veniva mai considerato il loro contributo sul funzionamento strutturale della costruzione e non venivano quasi mai indicate negli elaborati progettuali le loro dimensioni e caratteristiche. Generalmente esse sono costituite da una doppia fodera di laterizi a fori orizzontali (muro a cassetta), dello spessore di 8-12 cm e di scarse caratteristiche meccaniche. Esse sono parzialmente inserite in luce nelle campate dei telai e prive di un efficace collegamento con i telai stessi, in quanto costruite dopo aver completato l’ossatura in calcestruzzo armato. In alcune parti del Nord Italia, invece, le murature di tamponamento sono state realizzate in mattoni pieni o in mattoni/blocchi semipieni ed hanno buone caratteristiche meccaniche. Considerato il contributo importante delle tamponature sul comportamento delle strutture intelaiate in calcestruzzo armato, diventa necessario fare una distinzione fra il caso di tamponamento con muro a cassetta e tamponamento con muro a singolo paramento in mattoni/blocchi pieni/semipieni. Inoltre vanno chiaramente distinti gli edifici con tamponature parziali: presenza di un piano porticato (Figura 2a), frequentemente riscontrabile al piano terreno (piano pilotis), presenza di tamponature disposte non su tutta l’altezza del vano (tipiche finestrature a nastro nei locali di servizio – Figura 2b), distribuzione non uniforme e non simmetrica delle tamponature (Figure 2c,d). Questo argomento è trattato ampiamente nella letteratura tecnica cui si può fare riferimento; per semplicità si indica un importante riferimento a livello internazionale nel testo di Paulay e Priestley 1992.
Criticità sismiche degli edifici in c.a.
Gli edifici in calcestruzzo armato costruiti in zone non classificate a rischio sismico all’epoca della costruzione presentano prevalentemente le tipologie strutturali descritte sinteticamente nel paragrafo precedente. Queste tipologie costruttive manifestano chiare carenze di comportamento quando vengono soggette ad eccitazione sismica, come evidenziato in maniera estesa dai vari terremoti accaduti in Italia negli ultimi anni.
Diverse criticità sono dovute a errori di progettazione e a difetti di esecuzione, che riducono la sicurezza strutturale anche per carichi di tipo statico. Come detto, i pilastri sono dimensionati facendo riferimento alla sola azione assiale, con conseguente sottodimensionamento dei pilastri dei telai di riva e soprattutto di quelli d’angolo. Il progetto delle armature per il taglio (staffe e ferri piegati) risulta frequentemente sottodimensionato e/o i ferri piegati sono disposti ad una distanza eccessiva dall’estremità della trave, lasciando il compito di resistere al massimo valore del taglio alle sole staffe, spesso non dimensionate per il taglio ma semplicemente disposte nel rispetto dei minimi di normativa. I solai in laterocemento di prima generazione hanno nervature di piccolo spessore e sono sottodimensionati per resistere alle sollecitazioni taglianti, in qualche caso affidate a ferri piegati, che di norma non sono correttamente posizionati per garantire un’adeguata efficienza. Anche le armature longitudinali e l’altezza del solaio sono frequentemente sottodimensionati; inoltre, le armature hanno un copriferro molto ridotto, spesso sono addirittura a contatto con il fondello inferiore del laterizio, per cui, in presenza di umidità, si sono sviluppati nel tempo importanti problemi di corrosione delle barre, con distacco del fondello laterizio (sfondellamento dei solai). Alcune indicazioni su queste problematiche riscontrabili nelle costruzioni esistenti in calcestruzzo armato si possono trovare in Manfredi et al. 2007.
Gli edifici in calcestruzzo armato progettati senza criteri antisismici hanno evidenziato diverse criticità che si sono manifestate quando gli stessi sono stati soggetti ad eccitazione sismica. Queste criticità sono associate alla tecnologia strutturale che è stata utilizzata nella costruzione. Una raccolta di criticità riscontrate sulle costruzioni in calcestruzzo armato dopo il terremoto dell’Aquila si può trovare in Verderame et al. 2009.
Strutture intelaiate senza tamponature esterne
Nel caso di strutture intelaiate senza tamponature esterne o con tamponature leggere (cassa vuota con laterizi forati), che si danneggiano precocemente e tendono a ribaltarsi fuori piano (Figura 3), le principali criticità riguardano:
• collasso fragile a flessione delle sezioni di estremità dei pilastri per rottura calcestruzzo a compressione (Figura 4);
• cedimento fragile a taglio dei pilastri e/o delle travi in prossimità dei nodi (Figura 5);
• rottura a taglio dei nodi trave-pilastro e/o instabilità delle armature del pilastro in zona nodale con scalzamento del calcestruzzo (Figura 6).
A causa della ridotta resistenza nel piano dei tamponamenti a cassetta e dello scarso collegamento degli stessi con le travi e i pilastri del telaio, in caso di eccitazione sismica si danneggiano molto presto e si ribaltano fuori dal piano, come evidenziato nelle Figure 3a,b,c. Si nota, normalmente, la cartella esterna in forati è disposta in luce, mentre quella interna è appoggiata sul lato interno del telaio.
Come anticipato, siccome i pilastri sono dimensionati facendo riferimento alla sola azione assiale e le staffe sono disposte secondo i minimi normativi, la presenza di sollecitazioni flessionali dovute prevalentemente all’azione sismica comporta un’anticipata rottura del calcestruzzo compresso con disgregazione della zona di pilastro prossima al nodo, per il trascurabile confinamento del calcestruzzo offerto dalle staffe presenti (frequentemente staffe non chiuse). La capacità di rotazione plastica delle sezioni di estremità del pilastro risulta essere molto ridotta.
In Figura 4a si nota che la richiesta di rotazione alle estremità del pilastro per effetto delle azioni orizzontali cicliche ha portato alla disgregazione del calcestruzzo dell’estremità del pilastro, dovuta al trascurabile confinamento offerto dalle staffe molto distanziate. In Figura 4b è illustrato un danneggiamento di estremità di pilastro per flessione accompagnata da un cedimento anche per taglio; le staffe molto distanziate non sono state in grado di garantire né un adeguato confinamento e nemmeno una sufficiente resistenza a taglio. Considerazioni analoghe si possono fare per i casi di Figura 4c,d, dove si aggiunge anche il degrado del calcestruzzo del nodo, per mancanza di staffe nel pilastro all’interno della zona nodale.
Nella progettazione strutturale originaria, per errori e/o per carenze normative, il dimensionamento a taglio delle travi e la distribuzione delle armature risultano spesso inefficienti e non consentono di garantire una resistenza di progetto alle sollecitazioni dovute ai carichi verticali che rispettino adeguati fattori di sicurezza strutturale. Quindi, sommando ai carichi verticali anche le azioni orizzontali di origine sismica, le sollecitazioni taglianti alle estremità delle travi e/o alle estremità dei pilastri aumentano in maniera consistente portando frequentemente queste sezioni alla rottura.
In Figura 5a si nota il cedimento a taglio di un pilastro, dovuto a concentrazioni di sollecitazioni taglianti orizzontali per la maggiore rigidezza di questi pilastri, dovuta a ragioni architettoniche-formali, rispetto a quella degli altri telai dell’edificio. In Figura 5b,c si hanno due casi di tranciamento del pilastro del piano terra causato da un chiaro sottodimensionamento a taglio delle estremità del pilastro (i pilastri venivano progettati facendo riferimento alla sola azione assiale); nel primo caso si vede, come riportato nel paragrafo precedente, che le staffe sono molto diradate e non sono chiuse. In Figura 5d si evidenzia, con una importante fessura diagonale, il cedimento a taglio di una trave di telaio in prossimità del collegamento con il pilastro.
Si ricorda che la progettazione della maggior parte degli edifici in calcestruzzo armato realizzati in molte regioni italiane è stata eseguita senza criteri antisismici e, frequentemente, per gli edifici con non più di tre piano, senza considerare le sollecitazioni dovuta e ad azioni orizzontali (vento). Di conseguenza, sia i pilastri che le travi hanno delle carenze dimensionali in prossimità delle estremità e pure i nodi trave-pilastro non presentano dettagli costruttivi adeguati. Le estremità di travi e pilastri risultano interessate da sollecitazioni flessionali e taglianti importanti in caso di eccitazione sismica dell’edificio e queste devono essere sopportate anche dalle zone nodali, per garantire il trasferimento delle stesse fra le varie aste che convergono nel nodo.
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Nelle Figure 6a,b si evidenzia il cedimento a taglio di un nodo di estremità laterale di un telaio con formazione di un’ampia fessura diagonale; il danneggiamento è accentuato in caso di trave veletta (Figura 6b). Nella Figura 6c,d è mostrato il cedimento di un nodo trave-pilastro con trave di larghezza inferiore alla dimensione del pilastro. Si evidenzia il danneggiamento con distacco del calcestruzzo della parte di pilastro avente maggiore larghezza della trave e sbandamento delle barre longitudinali del pilastro, per mancanza di staffe all’interno della zona nodale.
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L'articolo continua con la trattazione di:
- Edifici con telai tamponati
- Edifici intelaiati con setti di controvento
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