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Costruzioni in zona sismica: il carattere temporaneo va provato dal costruttore, altrimenti scatta l'abuso

Cassazione sul mancato permesso di costruire in zona sismica: nel caso in cui si deduca a propria discolpa il carattere esclusivamente temporaneo di un manufatto, la prova deve essere data da parte di chi lo invoca, altrimenti esso viene ritenuto di carattere stabile

Zona sismica: quando si costruisce bisogna provare il carattere temporaneo

Attenzione, molta attenzione, quando si tratta di manufatti o costruzioni, anche temporanee e/o precarie, in zona sismica: la normativa antisismica prevede infatti una ben precisa responsabilità penale, nel caso in cui venga realizzato un manufatto in una zona connotata da frequenti eventi tellurici, escludendola nella sola ipotesi in cui sia stata concessa un apposita autorizzazione da parte dell'amministrazione, che ne consenta il compimento o la sua modifica.

Di fatto, quindi, il principio ribadito dalla Corte di Cassazione nell'ordinanza 8626/2019 dello scorso 27 febbraio è che nel caso in cui si deduca a propria discolpa il carattere esclusivamente temporaneo di un manufatto, la prova deve essere data da parte di chi lo invoca, altrimenti esso viene ritenuto di carattere stabile. E, ovviamente, scatta l'abuso edilizio e la responsabilità penale.

Carattere temporaneo in zona sismica: i paletti

La prouncia è davvero molto importante e significativa. Ripercorriamone i passi salienti:

  1. la Corte di appello di Palermo ha confermato la decisione di primo grado che aveva condannato un costruttore alla pena di giorni 40 di arresto ed 10.200 euro di ammenda, relativamente ai reati edilizi e violazioni della legislazione antisismica contestati e accertati il 10 ottobre 2013;
  2. l'imputato ricorre quindi in Cassazione, con distinti motivi di ricorso: mancata classificazione dell'opera come precaria, violazione di legge (art. 20 legge Regione Sicilia n. 4/2003 e d.P.R. 380/2001) e vizio di motivazione sul punto, in relazione ai materiali utilizzati; omessa valutazione della perizia di parte; prescrizione dei reati al momento della sentenza impugnat;
  3. il ricorso risulta inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi, e per genericità, articolato in fatto, senza critiche di legittimità alla decisione impugnata.

Nel caso di specie quindi il costruttore rappresentava come la sua attività avesse dato luogo alla realizzazione di un opera che presentava un carattere meramente temporaneo ed una funzione semplicemente occasionale, provando le sue affermazioni con una perizia redatta da un consulente (che non sarebbe stata considerata dalla Corte di Appello).

Secondo la difesa, quindi, la responsabilità penale, che era dedicata ai soli manufatti stabili e che non presentavano una funzione occasionale, avrebbe dovuto essere radicalmente esclusa, con assoluzione totale del costruttore.

Secondo la Cassazione, però, la Corte di appello ha motivato in maniera adeguata (unitamente alla sentenza di primo grado in doppia conforme) su tutti gli aspetti della vicenda, senza contraddizioni e senza manifeste illogicità, rilevando come la struttura era in muratura chiusa con infissi in legno con travi portanti, senza allegazione di prove per la destinazione ad un uso temporaneo del manufatto; opera non qualificabile, quindi, come precaria (vedi sul punto Sez. 3, n. 14044 del 22/03/2005 - dep. 15/04/2005, Bentivoglio, Rv. 23152201). Per gli ermellini sono accertamenti di fatto insindacabili in sede di legittimità.

Omessa valutazione della perizia di parte: bisogna fornirla subito al giudice

Il travisamento della prova per omessa valutazione - evidenzia la Cassazione - non risulta un motivo di appello e, quindi, lo stesso è inammissibile in sede di legittimità: "Il travisamento della prova, se ritenuto commesso dal giudice di primo grado, deve essere dedotto al giudice dell'appello, pena la sua preclusione nel giudizio di legittimità, non potendo essere dedotto con ricorso per Cassazione il vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il giudice di secondo grado se il travisamento non gli era stato rappresentato" (Sez. 5, n. 48703 del 24/09/2014 - dep. 24/11/2014, Biondetti, Rv. 26143801).

E' da sottolineare quindi la definizione delle modalità tramite le quali il costruttore viene ammesso a discolparsi dalla responsabilità nel caso di contestazioni di tale tipo. Dal virgolettato di cui sopra si evince e si ricava un preciso criterio, circa la parte sulla quale incomba la prova della sua durata temporanea.

Infatti, è il costruttore che la invoca a proprio favore a doverla fornire al magistrato procedente, in caso contrario - come accade qui - ed in assenza di tale prova, qualora non emergano dall'esame della situazione elementi tali da potere evincerne la sua natura occasionale, essa debba, giocoforza venire considerata di carattere stabile e duraturo nel tempo, derivandone la conseguente responsabilità penale per il soggetto che ne abbia compiuto l' edificazione.

Nel caso inoltre che la natura della costruzione emerga da una perizia idonea a documentare la sua breve durata temporale è onere della parte che la invoca produrla e fornirla al giudice, il quale solo in tale caso può valutarla ai fini della discolpa del costruttore,non potendola in caso di mancata allegazione considerarla.

La prescrizione dell'abuso edilizio

Sulla prescrizione, relativamente alla conclusione dei lavori in data antecedente all'accertamento del reato, la Corte di Appello rileva come in atti non ci sono elementi che possano far ritenere la fine dei lavori in data precedente al 10 ottobre 2013. Con il ricorso per cassazione si ribadiscono i motivi di appello senza confrontarsi con la deduzione della Corte di appello e senza indicare elementi certi, desunti dagli atti del processo, sulla fine dei lavori (conclusione totale) in data antecedente. Quindi, al momento della sentenza i reati non erano prescritti. Il ricorso, pertanto, è inammissibile.

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