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Cosa dovrà accadere per ridare Valore alla filiera del Calcestruzzo ? riflessioni

La produzione del calcestruzzo preconfezionato in Italia con l’inizio della crisi è crollata dai quasi 80 milioni di mc del 2007 ai 25 di oggi, che purtroppo caleranno ulteriormente e - probabilmente - in modo pesante a causa del rallentamento che si è avuto con la pubblicazione del nuovo Codice degli Appalti. Lo tsunami si è ovviamente abbattuto sull’intera filiera, ossia sui produttori come sui fornitori di prodotti, macchinari e servizi.

La preziosa analisi fatta dall’ing. Marco Borroni durante l’evento di maggio di ATECAP ha però fornito una chiave di lettura di cui pochi ancora hanno tenuto conto: il volume di calcestruzzo/pro capite raggiunto oggi in Italia è allineato con quello dei principali paesi industrializzati. Difficilmente quindi possiamo pensare che la situazione possa cambiare grazie a un ritorno dei volumi di 7/8 anni fa.

La prima domanda da porci è come ha reagito il mercato a questa riduzione così forte. Da un punto di vista della struttura dell’offerta non ci sono stati cambiamenti così radicali come ci si sarebbe potuto aspettare. Solo i gruppi di medio/grande dimensione hanno avviato una ottimizzazione della rete produttiva. Il numero odi aziende operanti sul mercato è calato di una percentuale a una cifra, gli impianti produttivi delle piccole/medie aziende sono rimasti praticamente tutti attivi, in alcuni casi con un cambio di ragione sociale (chiusure più o meno drastica dell’azienda iniziale, e conseguente cessione del marchio e continuazione dell’attività). A fronte quindi di un crollo complessivo che potrà arrivare al 70/75% dei volumi di produzione c’è stata una riduzione della capacità produttiva dell’ordine del 25/30%.

Quale la conseguenza di questa sproporzione: calo dei prezzi, calo dei fatturati per impianto produttivo, oltre che per azienda, riduzione dei margini, “chiusura temporanea” di aziende con effetti devastanti a catena su tutti i fornitori, riduzione del parco macchine e della forza lavoro, minori investimenti in tecnologia e sviluppo, riduzione dell’attività di manutenzione. Esistono oggi sul territorio impianti in cui l’unico autista rimasto fa anche da impiantista.

C’è una dato da notare su tutti, forse quello che fa più riflettere, che il meccanismo dell’economia di scala non sia stato sufficiente per poter superare questa crisi numerica. Le performance di bilancio dei grandi gruppi presentano nel 2015 ancora dei numeri negativi molto elevati. 

Viene quindi da chiedersi quali siano le soluzioni efficaci che si possono adottare per cambiare un mercato in cui i volumi sono radicalmente cambiati, la capacità produttiva non ha dato segnali di adeguata ristrutturazione, i prezzi applicati spesso non coprono neppure i costi diretti del materiale, e l’economia di scala non funziona.

Devo dire che a volte ho l’impressione che il pensiero più diffuso sia quello della speranza in un miracolo, ossia che il mercato tutto d’un tratto torni a crescere, indipendentemente dalle scelte della filiera. Ne vedo i segni in alcune scelte strategiche, caratterizzate dalla logica prevalente del presidio del territorio.

La soluzione che sembra invece più seriamente auspicata è quella di un intervento dall’alto. Una normativa più stringente che renda il 30/40% degli impianti/strutture esistenti non utilizzabili ed economicamente non adeguabili e quindi costringa di fatto il settore a ridisegnarsi: introduzione dell’obbligo del mescolatore, oppure di una struttura con un minimo di risorte umane, … sono tutte prescrizioni per potrebbero portare a questa ristrutturazione del settore. Ho la sensazione che però sia una strada di difficile attuazione.

La terza via è quella interna: che si avvii una riorganizzazione radicale della struttura del settore, basata su un cambio di strategie industriali.

All’interno della filiera del cemento armato le strategie in genere fino ad oggi attuate sono state all’insegna della PIPELINE di PRODOTTO: riduzione dei costi fissi, rafforzamento delle barriere di ingresso, standardizzazione dell’offerta, difesa dei propri confini … Michael Porter  aveva ben chiarito quali fossero le forse competitive di un modello PIPELINE: la minaccia di nuovi prodotti entranti e prodotti e servizi sostitutivi, il potere negoziale del client e fornitori, l’intensità della rivalità competitiva.

Vorrei fare qualche esempio a sostegno dell’analisi che seguirà.

  • Il primo riguarda le materie prime: l’uso delle fly ash e il diverso approccio dell’industria americana ed europea su questo prodotto “di scarto”. Fin dagli anni ’80, grazie in particolare agli studi di Metta (Collepardi in Italia) le ceneri furono considerate negli Stati Uniti una soluzione per la filiera per abbattere la Carbon Food Print (e risolvere alcune problematiche di settore) e quindi competere con altri materiali concorrenti, e furono quindi utilizzate come elemento intrinseco della catena del valore nella pipeline del calcestruzzo. In Europa sono state viste come potenziale sostituto del cemento e quindi ne è stato contrastato l’uso.
  • Il secondo riguarda i prodotti: gli interventi di rinforzo strutturale su opere in c.a. si possono fare con più tecniche: la spinta dei fornitori di tecnologie in Italia ha spinto su soluzioni che prediligono l’uso delle malte rinforzate, mentre negli Stati Uniti si è data maggiore attenzione all’uso di SCC (quindi calcestruzzi) fibrorinforzati, conquistando una interessante fetta del mercato.
  • Il terzo riguarda l’organizzazione, in cui il principio attuato è stato quello della copertura aziendale del territorio. Salvo rare eccezione (vedi CALBRE a Brescia) il modello adottato da l’intera filiera è stato quello di impianti/regno praticamente autonomi nella ricezione degli ordini, la programmazione delle forniture, la copertura commerciale del territorio assegnato, l’organizzazione del trasporto.  L’obiettivo era quello di rafforzare in ogni territorio il singolo regno, limitando le ottimizzazioni di gruppo solo ad alcuni aspetti, e comunque sempre in una logica interna: il laboratorio, per esempio, pur essendo trasversale su più impianti, era comunque interno.

Queste scelte furono fatte perchè nell’economia basata sulla pipeline e sull’offerta le aziende acquisiscono maggiore potere commerciale controllando tutte le risorse, aumentando spietatamente l’efficienza e prevenendo i problemi che potrebbero creare le suddescritte forze di Porter. In questo ambiente l’obiettivo della strategia è scavare intorno all’azienda un fossato che la protegge dalla concorrenza e incanala la competizione verso altre aziende.
Proseguiamo con altri esempi.

  • Il quarto esempio riguarda l’offerta. I modelli di proposta commerciale del settore sono di fatto tutti uguali. Si prevede la proposta di prodotti che si caratterizzano, di fatto, per una unica variabile: la prestazione meccanica a 28 giorni. Un’indicazione che peraltro è prevista da un soggetto terzo, il progettista. Certo si aggiunge in fase di trattativa il tema del servizio, ma se andiamo a vedere le diverse tipologie di offerta - i produttori hanno pompe simili tra loro, parchi mezzi simili, …. - questo non è un elemento di sufficiente distinzione. Oltre al rapporto personale e al brand non ci sono quindi veri strumenti di differenziazione di offerta fra i vari interlocutori se non l’affidamento finanziario, quindi i tempi di pagamento, e soprattutto il prezzo. Il prezzo governa difatto l’offerta.
  • Il quinto esempio riguarda i materiali concorrenti. Dopo il sisma dell’Emilia nella ricostruzione dei capannoni si è assistito spesso alla sostituzione di edifici in cemento armato, per lo più prefabbricato, con strutture miste acciaio legno. Quali le motivazioni principali: costo totale (e non delle singolo materiale) della struttura (compreso opere di fondazione), noleggio di attrezzature di cantiere, …),  tempi di realizzazione e modularità delle soluzioni proposte. Di fronte a valutazioni di questo tipo nessuna filiera può pensare di vincere la sfida ragionando per comparti singoli. La filiera del cemento non si è posta sul mercato come “filiera”  ma h continuato ad agire per comparti.

Questi brevi esempi mi portano a sostenere quindi la terza soluzione, ossia che la fine della crisi non possa che passare attraverso una ridefinizione dei modelli di business, che considerino tutti i fattori che possono regolare di fatto il mercato, passando da una logica di linea di prodotto, ovvero il modello pipeline, a una logica di sistema, ovvero di piattaforma.

Un cambiamento che richiede delle trasformazioni innanzitutto di tipo culturale, in cui ogni possibile preconcetto possa essere superato in modo radicale.

Elenco di seguito alcuni postulati che caratterizzano l’attuale mercato e … possibili cambiamenti:

  • sull’impianto è concentrata l’attività di ricevimento ordini, organizzazione delle consegne, … l’impianto potrebbe non avere personale stabilmente presente ed essere governato a distanza
  • l’impianto produttivo deve avere una sua rete commerciale e distributiva (interna all’azienda) … la vendita a la gestione potrebbe essere affidata a un centro di servizio per altre aziende focalizzate su vendita e consegna
  • l’attività di controllo è affidata a un laboratorio interno … si potrebbe affidare a laboratori presenti sul territorio e che hanno anche una funzione formale ai sensi della legge
  • il parco mezzi è in carico a una unica azienda (dipendenti o padroncini che siano) … il parco mezzi è condiviso tra più aziende (attraverso possibili soluzioni societarie diverse): una logica di questo tipo potrebbe consentire di avere una maggiore diversificazione delle macchine presenti (autobetoniere ibride per le consegne nei centri storici, pompe con bracci importanti per cantieri complessi, …)
  • il professionista è un interlocutore esterno … si possono creare delle collaborazioni “strutturate” con studi di progettazione - in cui sia coinvolto non solo il produttore di calcestruzzo, ma anche il fornitore di fibre, di additivi e di cassaforme … - in modo che il professionista sia in grado di ottimizzare le proprie scelte e rendere le soluzioni in c.a. più competitive rispetto ad altre, creando un valore aggiunto per se stessi (opportunità di acquisizione commesse) e per la filiera del c.a.

Il cambiamento dovrà ovviamente riguardare anche l’offerta, perchè fino a quando queste saranno tutte sostanzialmente uguali, di fatto l’attenzione del cliente sarà tutta sull’aspetto economico e finanziario.

Cambiamento dell’offerta sia in termini di servizio che di prodotto. Anche in questo caso riporto alcuni esempi:

  • che l’offerta possa prevedere la fornitura completa non solo del materiale ma del sistema di armatura e di casseratura. Negli USA con questa logica il calcestruzzo armato ha recuperato molte posizioni nei confronti delle strutture in acciaio. In sostanza sono stati definiti dei modelli costruttivi che prevedono un uso di calcestruzzo SCC con alti dosaggi fibre, in modo da eliminare la presenza di armature secondarie, che soprattutto per un problema di lavorazione, rappresentavano un forte deterrente all’uso del C.A. e ridurre i costi di messa in opera.
  • che nell’offerta possa essere inserita la presenza e il servizio del laboratorio esterno che di fatto quindi andrà a certificare la qualità della fornitura oltre che ad eseguire i controlli di legge.
  • che siano valorizzate le forniture di prodotti speciali - e non semplicemente inserite nel listino - che possano portare delle prestazioni “comprensibili e misurabili” per il cliente.

Su questo ultimo punto vorrei soffermarmi con maggiore attenzione. In tutto il mondo la ricerca sui materiali cementizi si sta concentrando sopratutto su queste problematiche:

  • i calcestruzzi impermeabili ad alte prestazioni
  • i self healing concrete
  • i calcestruzzi SCC fibrorinforzati
  • i calcestruzzi drenanti
  • la stampa 3D

Escludiamo per un momento l’ultimo di questi punti, la stampa 3D, che riguarda sicuramente il futuro ma non il presente e pensiamo alla capacità delle tecnologie suddette di poter penetrare il mercato.

Si pensi per esempio alle problematiche delle strutture esposte all’acqua di mare o ai terreni aggressivi. Incrociando una logica di innovazione di prodotto con calcestruzzi fortemente impermeabili al modello di piattaforma, è possibile organizzare dei mercati in cui ogni stake holder avrà un suo guadagno e diventerà di fatto un elemento fondamentale per il successo dell’offerta. I-PHONE ha distrutto il mercato di NOKIA quando ha aperto il suo sistema e creato l’APP STORE dove ogni tecnico poteva inserire la sua APP e venderla. Se la filiera vuoi conquistare nuovi mercati deve uscire dalla logica  del Captive e del fossato, e creare delle piattaforme di business aperto in cui ogni partecipante è portatore di valore. In questo caso la piattaforma potrebbe essere costituita da un’associazione culturale tematica che ha l’obiettivo di creare una community di tecnici, imprese e fornitori che operano nel campo specifico. Si pensi all’esperienza positiva della SIG (Società Italiana Gallerie) ed esportiamola ad altri campi di applicazione. Non sempre è necessario creare nuove community, si possono utilizzare quelle esistenti, e ha volta è necessario sostituire delle community esistenti perchè ormai secche, con altre supportate dall’uso dei nuovi strumenti di socializzazione. Per esempio non si è pensato di costruire una community su FaceBOOK, governata dalla filiera, dedicata al tema del cemento armato.  

Il “modello a piattaforma” potrebbe essere estremamente funzionale per lanciare l’uso dei calcestruzzi drenanti. Negli USA una community di consumatori ha convinto l’amministrazione ad intervenire sulle strade creando un’APP con cui ogni cittadino poteva segnalare una buca sulla strada. Sempre negli USA, per convincere il governo a investire in infrastrutture è stata creata un’APP con cui ogni cittadino può segnalare quando ha un disagio lavorativo a causa delle strade intasate. In Italia, per far capire il problema della manutenzione delle strade, e dell’uso di materiali facilmente degradabili, si potrebbe fare una cosa del genere in cui si possa segnalare le code in autostrada a causa dei lavori di ripavimentazione.

E il modello a piattaforma, essendo aperto, consente a ogni partecipante di poter essere un portatore di business. Si sono software house del settore dei video game (che fa fatturati mostruosi) che scelgono di utilizzare sistemi open proprio per consentire al pubblico di poter creare delle varianti ai giochi e quindi renderli più interessanti per il pubblico.

E con un modello a piattaforma sarà possibile - coinvolgendoli in modo diverso - convincere quale imprenditore a chiudere il proprio impianto obsoleto e non redditizio per partecipare al business in modo diverso, più redditizio per lui, più redditizio per gli altri.

Ho messo molta carne sul fuoco. Ho parlato di modelli di business, ho fatto esempi di piattaforme di processi, di piattaforme commerciali, di paittaforme di relazione. Spero che siano uno stimolo utile.

In conclusione quindi, se vogliamo uscire dalla crisi che sta demolendo giorno per giorno il settore, non possiamo pensare di farlo continuando a fare le stesse cose che abbiamo sempre fatto. E’ necessario imboccare la via del cambiamento, e il cambiamento dovrà essere talmente radicale, da superare ogni nostro preconcetto e pregiudizio.