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Copertura fotovoltaica policroma per una palazzina storica: perfetto equilibrio tra esigenze funzionali e qualità estetiche

L'intervista all'ingegner Antonio Trimboli che ha progettato una copertura fotovoltaica policroma per una palazzina storica, combinando funzionalità energetica ed estetica. Ispirato dai modelli storici e innovatori come Eiffel e Freyssinet, Trimboli ha realizzato un tetto che utilizza tegole fotovoltaiche integrate con una progettazione visivamente ispirata alla modernità catalana e al passato architettonico.

Intervista all'Ing. Antonio Trimboli: copertura di edificio storico, dal policromo al fotovoltaico

L’ingegner Antonio Trimboli ci ha raccontato come il suo disegno di una copertura fotovoltaica policroma, per il tetto di una palazzina d’epoca, sia riuscito a creare un perfetto equilibrio tra esigenze funzionali e qualità estetiche.

È la passione, il motore di tutte le ispirazioni. È la passione, a guidare l’ingegner Antonio Trimboli nella sua professione

E si vede lontano un miglio. Da come racconta della sua idea di realizzare un tetto di una palazzina residenziale d’epoca con un disegno particolare che gioca con i colori e utilizza il fotovoltaico senza rinunciare alla qualità estetica. E citando Eiffel, l’ingegnere autore della torre simbolo di Parigi, Trimboli riafferma il principio che l’essere ingegneri non comporta la rinuncia alla bellezza delle costruzioni da realizzare in favore esclusivamente di solidità, funzionalità e durevolezza della struttura.

 

Progettare: obiettivo di tentare di migliorare il mondo costruito artificialmente

Iniziamo con una curiosità personale, tu sei un ingegnere civile dedicato alle strutture, come mai ti sei cimentato in un disegno progettuale che riguardava questioni energetiche ed estetiche?

 

Ingegner Antonio Trimboli

Hai centrato il punto, progettare richiede un vero e proprio cimento continuo, e non a caso deriva dal latino tardo “projectare“, vale a dire gettare in avanti. E dobbiamo chiederci cos’è che bisogna gettare in avanti. Certamente la nostra mente, che è l’organo che può muovere ogni cosa, in un senso o in quello opposto secondo una legge variabile della natura, con l’obiettivo di tentare di migliorare il mondo costruito artificialmente. E poi, sarebbe ora di abbandonare l’annoso e fuorviante malinteso che l’essere ingegnere non si sposi con l’essere architetto, e ripensare all’ingegnere come a un professionista al quale stia a cuore anche l’aspetto estetico di un’opera. E, viceversa, all’architetto come a qualcuno abile a proporzionare le forme per renderle stabili.

Del resto, già un po’ di tempo fa, l’ingegner Gustave Eiffel fu pronto a rispondere pubblicamente ai tanti personaggi famosi, tra i quali anche Guy de Maupassant, che si erano subito scagliati contro la sua torre parigina, denigrandolo anche perché concepita da ingegneri (Maurice Koechlin e Emile Nouguier, oltre Eiffel stesso). Eiffel spiegò che non è perché siamo ingegneri allora bisogna credere che non ci interessi la bellezza delle costruzioni e siamo preoccupati soltanto di farle solide e durevoli, senza sforzarci di farle eleganti. E ancora, Paul Sejourné, ingegnere, anch’egli appartenente a quella generazione di architetti e ingegneri figlia dell’Illuminismo, autore di ponti mirabili e innovatore riconosciuto in tale campo, amava sentenziare in modo lapidario che “non è permesso fare cose brutte“.

 

Va bene, ma ora siamo nel 2024 e il ruolo dell’ingegnere e quello dell’architetto sembrano appartenere a fasi distinte della progettazione, per non parlare delle diverse discipline dell’ingegneria… ma quanto vale ancora il messaggio del passato, ad esempio in questo progetto?

 

Ingegner Antonio Trimboli

Tantissimo, per non dire tutto. Ogni progetto deriva dal grado di conoscenze che maturiamo negli anni, conoscenze legate ai viaggi e alle letture. E più progettiamo e viviamo il cantiere, più sviluppiamo una capacità di osservazione affinata. Nel pensare questa copertura i modelli del passato sono stati molto presenti.

 

Spiegaci meglio...

 

Ingegner Antonio Trimboli

Hai ragione, partiamo dal requisito progettuale, che era quello di dotare di un impianto fotovoltaico il sottotetto della palazzina in modo da rispettare le disposizioni normative per il recupero dei sottotetti ai fini abitativi.

Accanto al requisito progettuale normativo, sentivo anche l’esigenza di realizzare una copertura di una certa valenza estetica, evitando di introdurre grandi pannelli fotovoltaici, anche perché l’edificio in questione si trova in un quartiere nato nei primi del Novecento, in una città, Cosenza, dove all’epoca ci fu una certa sperimentazione urbanistica, grazie a personaggi del calibro di Giovanni Battista Milani, architetto e ingegnere, il quale operò proprio nel quartiere dove si trova l’immobile.

Nel mio caso, volendo evitare pannelli sovrastanti il manto di tegole, ho pensato di ricorrere a tegole di laterizio dotate di un proprio pannello fotovoltaico di piccole dimensioni e tra loro connesse all’intradosso. Queste tegole fotovoltaiche sono il frutto di una attività di ricerca di una azienda veneta (Industrie Cotto Possagno) che vanta già oltre tre secoli di attività nel settore delle coperture in laterizio. Non ero però soddisfatto della soluzione più immediata di accostare tante tegole fotovoltaiche l’una all’altra – in laterizio rosso e ciascuna con il proprio pannellino fotovoltaico –, mi sembrava più interessante studiare altre disposizioni.

E se il ricorso alle tegole fotovoltaiche risolve un aspetto tecnologico connesso alla produzione di energia da fonti rinnovabili, la questione del disegno, invece, mi è stata suggerita dalle coperture policrome di fine Ottocento presenti in alcune costruzioni di Barcellona, vale a dire il mercato del Born, quello della Concepció, o ancora la Iglesia de Sant Francesc de Sales.

Possiamo pertanto già dire che i modelli storici di riferimento sono stati gli architetti Antoni Rovira i Trias, José Fontseré, e Joan Martorell, ovvero coloro che progettarono rispettivamente le opere sopraddette, e quindi in definitiva la scuola modernista catalana che mi ha offerto un’esplicita suggestione nel pensare a come disegnare questo tetto usando le tegole fotovoltaiche.

Guardando alle coperture catalane è stato davvero naturale ricorrere a tegole rosse non fotovoltaiche accostate a tegole ardesiate con pannello fotovoltaico secondo schemi noti, ottenendo un disegno policromatico ben marcato.

  

Stiamo parlando quindi di modelli fisici reali, insomma di opere esistenti…

Sì, e ancor più importanti sono i modelli legati al modo di pensare di quegli architetti e ingegneri del passato, autori di rivoluzioni epocali modificando semplicemente il punto di vista, ribaltando il credo comune. Perché è il modo di pensare che ci spinge a osare, prima ancora del modello fisico.

Jacques-Ignace Hitthorf, architetto progettista franco-tedesco, attivo a Parigi a metà XVII secolo (Gare du Nord, Place de la Concorde) fondò la sua formazione professionale viaggiando in Sicilia e dando un contributo significativo alla lettura dell’architettura greca, intuendone la policromia, traendo spunto da frammenti di stucco colorato nel sito dei templi di Selinunte, e capovolgendo la visione dell’epoca di un neoclassicismo monocromatico.

Allo stesso modo, nel campo delle strutture, Eugene Freyssinet introdusse una innovazione rivoluzionaria nella tecnica del cemento armato inventando il cemento armato precompresso per sfruttare in misura ottimale le proprietà dell’acciaio e del calcestruzzo, e questa rivoluzione, brevettata, era basata semplicemente modificando le modalità di messa in opera dei materiali, quindi cambiando la consuetudine.

Queste storie, come altre simili, ci insegnano che a volte dobbiamo provare ad avere una visione capovolta delle conoscenze ereditate.

  

 

Ciò che stai descrivendo sembra un po’ un gioco a rincorrere i miti dal presente all’antichità…

 

Ingegner Antonio Trimboli

Esatto, sollecitata da queste figure, lungo il cammino verso la soluzione della copertura, la mente saltella dal periodo modernista catalano a cavallo del 1900 fino ad approdare all’epoca dei viaggiatori del 1800. E in fondo questo percorso di ricerca, è esattamente quello tracciato proprio da questi personaggi.

Pensiamo sempre a Hitthorf che appena arrivato in Sicilia inizia a rilevare e disegnare chiese, monumenti e addirittura templi di duemila anni fa, traendo successivamente ispirazione proprio dall’architettura antica per la sua produzione da architetto a Parigi, su tutto la Chiesa di San Vincenzo de’ Paoli.

Questo gioco diventa un esercizio utilissimo, potendo così finalmente comprendere come gettarsi in avanti non abbia niente a che fare con il cercare ossessivamente soluzioni nuove che sbalordiscano, ma riguarda invece coniugare le nuove istanze sociali con la lezione del passato, senza rinnegarlo. Ecco, questo significa innovare. Ed è poi un esercizio da applicare in molti campi dell’arte creativa, ad esempio cinema e letteratura.

Pensiamo a Midnight in Paris dove Woody Allen prima fa viaggiare nel tempo Gil, il suo protagonista aspirante romanziere, catapultandolo dai nostri tempi direttamente nella Parigi degli anni Venti del secolo scorso per fargli incontrare i suoi miti, Ernest Hemingway, Cole Porter, Francis Scott Fitzgerald, Josephine Baker, Pablo Picasso e quel circolo di artisti della Generazione Perduta, e conoscendo pure Adriana di cui si invaghisce. Ma Gil non fa in tempo ad ambientarsi negli anni Venti che Adriana lo spinge ancora più indietro fino alla Belle Epoque dicendogli che la vera età dell’oro era quella e non gli anni venti, e così conosce Toulouse-Lautrec e Paul Gauguin. Finalmente, Gil intuisce che idealizzare un glorioso passato ormai perduto è qualcosa di frequente per chiunque, e ritorna nel presente con negli occhi l’esperienza di quei viaggi spazio-temporali.

Ecco, guardando ai nostri modelli di riferimento nell’ambito dell’architettura, il trucco è non cadere nella tentazione di pensare con nostalgia che il passato sia migliore del presente, anche perché non è vero, e il futuro possiamo modellarlo ancora, utilizzando quei messaggi che ciascuno di noi può cogliere dalle generazioni di progettisti che ci hanno preceduto.

 

L'approccio alla progettazione: la ricerca delle fonti, analisi critica oggettiva e la concezione delle forme di ciò che vogliamo realizzare

Insomma, pensavamo di parlare di un tetto fotovoltaico e invece stiamo ascoltando di cinema e di viaggi nel tempo…

 

Ingegner Antonio Trimboli

Stiamo parlando di approccio alla progettazione, che è un qualcosa che vale in qualsiasi disciplina ci misuriamo.
Un approccio che prevede tre fasi distinte:

  • la ricerca delle fonti, 
  • l’analisi critica oggettiva e
  • la concezione delle forme di ciò che vogliamo realizzare.

La ricerca delle fonti è una fase investigativa che ci permette di comprendere come un determinato problema è stato affrontato prima di noi. E siamo noi a scegliere da quale tempo partire nella ricerca dei modelli fisici di riferimento; naturalmente questa fase può essere più agevole maggiore è l’esperienza che abbiamo accumulato.

Nel caso specifico di interventi di rinforzo su strutture esistenti, la ricerca delle fonti è quella che viene chiamata analisi storico-critica, richiesta dalle stesse norme tecniche, e già il nome fa capire che l’approccio è proprio quello descritto.

Il secondo passo è quello di mettere in discussione dentro di noi i modelli fisici tramandati, e capire se per caso esiste una strada migliorativa per risolvere quel dato problema tecnico. In questo passaggio appare importante riferirsi a dei modelli di pensiero, guardando a quelle figure che hanno contribuito a piccole e grandi innovazioni.

Se riusciamo a compiere i passi precedenti, allora la soluzione apparirà subito in modo naturale e chiara ai nostri occhi, potendo pervenire alla concezione finale della nostra opera, sia essa architettonica, strutturale o energetica.

E c’è di più. Spesso, inconsapevolmente, abbiamo raggiunto un grado di conoscenza di un determinato aspetto tecnico che contiene un piccolo perfezionamento dello stato dell’arte di partenza. Il nostro patrimonio di conoscenze è di fatto un contenitore di innovazioni, le quali possono sfociare in un brevetto per invenzione o, quantomeno, per modello di utilità.

Ed è importante pure comprendere che il percorso sopra descritto risulta agevole quando si opera in un gruppo di architetti e ingegneri che si completino nelle competenze e siano ben in sintonia.

Proprio l’esperienza della copertura con tegole fotovoltaiche ha permesso di ideare una soluzione migliorativa, brevettata come modello industriale insieme all’architetto Paolo Anzuini, professionista di riconosciuta esperienza nell’ambito dei brevetti.

 

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Articolo estratto dalla rivista A&B n.2/2024 dell'Ordine degli Ingegneri della Liguria

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