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Consolidamento terreni: finalità, strutture ed esempi di opere di ingegneria naturalistica

Dalle finalità e i principi alla descrizione delle tipologie di interventi dell'ingegneria naturalistica attuate per consolidare i terreni e per rispondere ai fenomeni di erosione.

Ingegneria naturalistica: finalità e strutture delle opere

Per definizione l’ingegneria naturalistica è una disciplina multisettoriale che abbraccia diverse materie di studio dove nessuna di essa assume ruoli di primaria importanza. L’ingegnere naturalista è un professionista multidisciplinare con competenze in diversi campi. Nei versanti collinari o montagnosi, per problematiche relative all’ecosistema o per l’impossibilità a raggiungere i luoghi con mezzi meccanici, è preferibile utilizzare metodiche di consolidamento che attingono a procedure tecnico-scientifiche proprie dell’ingegneria naturalistica.

Queste procedure dovrebbero privilegiare l’utilizzo di piante specifiche, erbacee, arbustive o arboree, associate a strutture meccaniche contenitive (palizzate, reti, ecc.).

La ricerca naturalistica nella scelta di queste specie vegetali, unita con alla ricerca tecnica e scientifica della loro effettiva partecipazione alla stabilità e al consolidamento del versante, ha raggiunto livelli interessanti che giustificano appieno il loro utilizzo (teoria del rinforzo delle terre, modelli teorici del rinforzo radicale del suolo, modelli di studio della resistenza a trazione delle radici, ecc.).

Le due anime dell'ingegneria naturalistica

Passeggiando per i sentieri di montagna, non è raro imbattersi in quello che a prima vista sembrano staccionate in legno, dove il legno in alcune opere si intravede a stendo tra cespugli di arbusti che sembrano fuoriuscire in mezzo a quei tronchi che corrono longitudinalmente, anche per diversi metri di lunghezza.

L’ingegneria naturalistica è proprio questo. Una disciplina di sistemazione del paesaggio naturale con materiali diversi utilizzati insieme per poter gli uni e gli altri poter usufruire dei rispettivi vantaggi. Per tale motivo, l’ingegneria naturalistica è un insieme di tecniche che si dovrebbero utilizzare come prima scelta nella conservazione o nel ripristino del paesaggio e della sua naturalità.

Se consideriamo la componente tecnica come comunque necessaria alla definizione funzionale e costruttiva dell’opera e diciamo che tutto questo è demandato a nozioni ingegneristiche, verosimilmente l’altra componente dell’opera è l’insieme di nozioni naturalistiche che è meglio definire come nozioni ecologiche. Questo concetto è importante.

L’ingegneria naturalistica cambia nome e casacca e si reinventa a tutti gli effetti come scienza dell’ecologia applicata a nozioni di ingegneria. Stiamo parlando di ingecologia. La disciplina che coniuga l’ingegneria e l’ecologia e che sfrutta le potenzialità di queste scienze per la progettazione integrata di un’opera nel e sul territorio inteso (ecco la grande novità) come nicchia ecologica o ecosistema.

Le opere di ingegneria naturalistica sono opere di ingecologia naturalistica.
Da quanto brevemente detto l’ingecologo nell’intendo di progettare e costruire un’opera di ingegneria naturalistica deve necessariamente pensare alle due anime di questa scienza: quella strutturale e quella molto più difficile e complicata dovuta alla sua parte viva che se non ben definita in tutte le sue molteplici variabili, potrebbe causare problemi anche seri.

Finalità e principi

Quattro sono gli interventi di ingegneria naturalistica. La tabella Tab. 2.1 elaborata da Cornelini e Sauli ne elenca i principi e le finalità.

TAB. 2.1 – Principi e finalità degli interventi di ingegneria naturalistica.
TAB. 2.1 – Principi e finalità degli interventi di ingegneria naturalistica.

Le opere di ingegneria naturalistica possono essere impiegate in tre macrosettori di intervento:

Interventi antierosivi

  • Semina
  • Idrosemina
  • Idrosemina a spessore
  • Biostuoie
  • Stuoie sintetiche
    Ecc.

Sono interventi atti alla mitigazione dei fenomeni di erosione dovuti all’azione aggressiva delle acque meteoriche, del vento e anche delle oscillazioni termiche soprattutto nei terreni denudati.

La semina e l’idrosemina sono tecniche molto utilizzate per il controllo dell’erosione superficiale che permettono il ripristino o la creazione di condizioni di stabilità che sono indispensabili alla crescita di nuova vegetazione.

L’idrosemina è una particolare tecnica che effettuata con mezzi meccanici permette di ricoprire un’ampia superficie in tempi relativamente brevi. Il miscuglio asperso meccanicamente sul versante è composto da acqua, sementi, concimi e collante.

Esistono diverse varianti di idrosemina. Alcune di queste possono essere utilizzate anche su versanti che presentano un’inclinazione del pendio fino a 60° con terreni a struttura fine e molto poveri di sostanza organica.


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Pietro Martino

Dottore in Scienza della Natura in Ingegneria Civile e in Ingegneria Gestionale dei sistemi energetici

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