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Consolidamento di una frana con pali di grande diametro in c.a. liberi in sommità, adottando nella modellazione il metodo di Fukuoka

L'articolo descrive l'intervento di consolidamento di una frana che ha danneggiato un complesso monumentale, causata da uno scavo per un edificio a valle. Sono stati eseguiti 101 pali in cemento armato di grande diametro per contrastare il movimento della frana e impedire l'aggravio dei danni sugli edifici interessati. La modellazione del sistema strutturale di contrasto adottata è stata quella di Fukuoka (1977), studiata anche in Italia da Fortunato e Moffa (1977) e da Viggiani (1981), in Inghilterra da Chandler e Skempton (fine anni ‘70 dello scorso secolo), in Germania da Gudehus e Swarz (1986).

L'intervento riguarda il dissesto che ha interessato il Complesso di San Francesco al Prato a Perugia (figura 1) che si è innescato conseguentemente alla realizzazione di uno scavo, sormontato da una paratia di pali in c.a. rivelatosi inefficace, per la costruzione di un fabbricato a valle del monumento (figura 2).

 

Figura 1 – Complesso monumentale di San Francesco al Prato. Oratorio di San Bernardino (Perugia).
Figura 1 – Complesso monumentale di San Francesco al Prato. Oratorio di San Bernardino (Perugia). (@Massimo Mariani)

  

Figura 2  – Scavo e paratia di pali in c.a. a valle del Complesso monumentale.
Figura 2 – Scavo e paratia di pali in c.a. a valle del Complesso monumentale. (@Massimo Mariani)

   

Il fenomeno è stato di natura traslazionale ed ha dissestato le strutture della porzione occidentale del Complesso causando lesioni diffuse sui tre piani dell'edificio (figura 3).

  

Figura 3 – Rilievo del dissesto strutturale del Complesso monumentale.
Figura 3 – Rilievo del dissesto strutturale del Complesso monumentale. (@Massimo Mariani)

  

La fase diagnostica è consistita in:

  • rilevamento e monitoraggio topografico di precisione preliminare durante i lavori e successivo agli stessi, che ha evidenziato le deformazioni in superficie dei punti esterni più significativi, le loro intensità e le direttrici degli spostamenti;
  • rilevamento e monitoraggio delle strutture per mezzo di trasduttori (fessurimetri) che hanno continuato a manifestare l'ampliarsi delle lesioni causate nella prima fase del dissesto;
  • prove penetrometriche e sondaggi geognostici hanno individuato episodi "coesivi" presenti nella successione fluvio-deltizia, alternati a conglomerati;
  • letture inclinometriche hanno permesso di intercettare due zone significative (a m 5.60 e m 14.00 dal piano campagna) con fasi di dinamismo in corrispondenza dei periodi di piovosità (figura 4).

  

Figura 4 – Indagini geognostiche e rilevamento delle superfici di rottura del terreno generate dallo scavo antistante l'edificio.
Figura 4 – Indagini geognostiche e rilevamento delle superfici di rottura del terreno generate dallo scavo antistante l'edificio. (@Massimo Mariani)

  

   

Le opere eseguite, che per il momento hanno riguardato la sola messa in sicurezza dell'edificio del Complesso, sono consistite in 101 pali di calcestruzzo di cemento armato del diametro di cm 120, di lunghezza pari a 24,80 m eseguiti a ridosso dell'edificio sul terrapieno ad esso antistante (figura 5).

 

Figura 5 – Intervento di consolidamento del Complesso monumentale con pali in c.a. a ridosso dell'edificio
Figura 5 – Intervento di consolidamento del Complesso monumentale con pali in c.a. a ridosso dell'edificio (@Massimo Mariani)

    

I pali non sono collegati tra di loro ed hanno la funzione di contrastare il cuneo di frana sulla quale insiste la parte dell'intera struttura lesionata. L'intervento è stato molto semplice dal punto di vista esecutivo perché monotematico.

L'armatura del singolo palo è costituita da 30 24 e da un rinforzo, che occupa 14 m di palo, posto in corrispondenza della superficie di scorrimento, ottenuto con un’intensificazione dell'armatura longitudinale di 31 24 e con un lamierino tubolare d'acciaio dello spessore di 3 mm (figure 6 e 7).

Figura 6 – Pali in c.a. eseguiti per il consolidamento al piede del Complesso monumentale.
Figura 6 – Pali in c.a. eseguiti per il consolidamento al piede del Complesso monumentale. (@Massimo Mariani)

 

Figura 7 – Particolare costruttivo di pali in c.a. eseguiti per il consolidamento del Complesso monumentale
Figura 7 – Particolare costruttivo di pali in c.a. eseguiti per il consolidamento del Complesso monumentale. (@Massimo Mariani)

    

La teoria adottata nella modellazione del sistema strutturale di contrasto (figura 8) è stata quella di Fukuoka (1977) (Giappone), studiata anche in Italia da Fortunato e Moffa (1977) e da Viggiani (1981), in Inghilterra da Chandler e Skempton (fine anni ‘70 dello scorso secolo), in Germania da Gudehus e Swarz (1986).

 

Figura 8 – Teoria di Fukuoka, 1977 per il progetto dei singoli pali in c.a. costituenti la struttura di contenimento dell'edificio monumentale. Diagramma dei momenti flettenti e degli sforzi taglianti.
Figura 8 – Teoria di Fukuoka, 1977 per il progetto dei singoli pali in c.a. costituenti la struttura di contenimento dell'edificio monumentale. Diagramma dei momenti flettenti e degli sforzi taglianti. (@Massimo Mariani)

  

“Applicai questa modellazione che mi permise di bloccare il sistema in movimento, quindi il degrado in atto sugli edifici monumentali, senza collegare in sommità i pali. In altre parole, usai i pali come “chiodi”, sollecitati prevalentemente a taglio. I Geotecnici inglesi, in particolare, usavano questo metodo di “chiodatura“ nelle frane di piccolo spessore battendo pali di acciaio (profilati semplici) nel terreno. A metà degli anni ‘90 incontrai R. J. Chandler a Perugia, invitato dall’allora CNR, che trattò proprio questo metodo di consolidamento delle frane…ma di minore spessore di quella da me consolidata. Scelsi la soluzione con il metodo di Fukuoka perché non ho voluto collegare i pali in testa con uno spesso solettone in c.a., come si fa con le tradizionali paratie: avevo la necessità di fermare il dinamismo in tempi rapidi, il degrado sull’edificio continuava ad aumentare e perché non volevo “intestarmi” sotto di esso con un’opera che sarebbe stata alquanto complessa e alterante la struttura aggravando forse il processo di degrado in atto, trattandosi peraltro di un edificio medievale. Inoltre fu un lavoro di tipo monotematico, quindi celere ottenuto con 101 pali in c.a. (con calcestruzzo additivato per ridurre i tempi di maturazione) di grande diametro, tutti uguali.”
Massimo Mariani


Articolo elaborato con riferimento al testo pubblicato sul libro “TRATTATO SUL CONSOLIDAMENTO E RESTAURO DEGLI EDIFICI IN MURATURA” di Massimo Mariani - Edito da DEI Tipografia del Genio Civile - Roma.

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