Conseguenze dell’emanazione del parere della Soprintendenza oltre i termini, cosa accade
L'autorizzazione paesaggistica è un documento fondamentale per modificare immobili in aree di interesse paesaggistico, regolata dall'art. 146 del Codice dei Beni Culturali. La sentenza del Tar Lazio n. 17201/2024 ha confermato che un parere negativo emesso oltre i termini non è vincolante, evidenziando l'importanza di rispettare le tempistiche nelle pratiche di autorizzazione.
L’autorizzazione paesaggistica, le tempistiche secondo il Codice dei Beni Culturali
L'autorizzazione paesaggistica è rilasciata dalla Regione, che può delegare anche ad enti locali come Province o Comuni e questo processo prevede una valutazione collaborativa con il Ministero dei beni culturali, attraverso le Soprintendenze territoriali.
L’autorizzazione paesaggistica è regolamentata dall’art. 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, il quale al comma 1 chiarisce che “i proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili ed aree di interesse paesaggistico, tutelati dalla legge, a termini dell'articolo 142, o in base alla legge, a termini degli articoli 136, 143, comma 1, lettera d), e 157, non possono distruggerli, né introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione.”
Per ottenere l'autorizzazione paesaggistica è necessario seguire un iter ben preciso:
- l’amministrazione competente esegue una prima valutazione, se questa risulta positiva la domanda verrà trasmessa alla Soprintendenza pertinente;
- la seconda valutazione verrà eseguita dalla Soprintendenza esprimendo un parere favorevole obbligatorio entro 45 giorni dalla ricezione degli atti, e scaduto questo termine, l'amministrazione può procedere indipendentemente.
A questo punto lo scenario del parere della Soprintendenza paesaggistica si delinea diversamente a seconda di due possibili tempistiche:
- il parere è vincolante se viene espresso entro i primi 45 giorni e in tal caso l'amministrazione non può discordarsi;
- il parere perde il suo carattere vincolante e può essere valutato o ignorato superati i 45 giorni e l'amministrazione (richiedente il parere) può decidere di procedere sulla domanda senza tener conto del parere della Soprintendenza.
Secondo il comma 9 dell’art. 146 DLGS 42/2004, modificato da L. 164/2014, si osserva che, “decorsi inutilmente sessanta giorni dalla ricezione degli atti da parte del soprintendente senza che questi abbia reso il prescritto parere, l'amministrazione competente provvede comunque sulla domanda di autorizzazione (…)”.
A chiarire la perdita del valore vincolante della Soprintendenza è la sentenza del Tar del Lazio n. 17201/2024.
Rigetto del ricorso sulla compatibilità paesaggistica
Il Tar per il Lazio ha emesso la sentenza n. 17201/2024 riguardante il ricorso presentato dal ricorrente contro il Ministero della Cultura, per annullare la nota della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del 12 settembre 2017, che esprimeva un parere negativo sulla compatibilità paesaggistica di un manufatto realizzato in blocchetti di tufo ricadente in zona con vincolo paesaggistico.
Il ricorrente è proprietario di un immobile realizzato nel 1978 oggetto di diverse modifiche nel corso degli anni, incluse opere non autorizzate. Nel 2012 ha richiesto la compatibilità paesaggistica per interventi nel rispetto della normativa vigente. Il proprietario, rendendosi conto che le tavole progettuali allegate alla richiesta di condono non rispecchiavano la reale situazione dei luoghi e le difformità soggette a sanatoria, presentava al Comune di Velletri, in data 9 dicembre 2014, “un’istanza di rettifica/aggiornamento dell'elaborato grafico allegato alla C.E. in sanatoria n. 80/2003 del 10.02.2003 (P.E. n. 12647)”, inoltrando la richiesta anche alla Regione Lazio.
Successivamente, il Comune di Velletri adottava in data 15 febbraio 2017 un atto di integrazione al permesso di costruire in sanatoria, il quale veniva trasmesso alla Regione Lazio per il necessario seguito riguardante la domanda di compatibilità paesaggistica, con nota del 24 marzo 2017. La Regione, a sua volta, trasmetteva in data 10 aprile 2017 l’istanza e la documentazione correlata alla Soprintendenza competente per ottenere un “parere vincolante sulla compatibilità delle opere”.
Tuttavia, nel 2017, la Soprintendenza ha fornito un parere negativo per il manufatto in tufo, motivando che questo costituiva un volume che non rispettava le norme previste dal Codice dei Beni Culturali.
Il ricorrente ha contestato il parere della Soprintendenza, sostenendo che il parere è stato rilasciato oltre i termini previsti dalla legge, generando di fatto un silenzio assenso e che il manufatto in questione non impatta negativamente sul paesaggio circostante.
Il Tribunale ha dichiarato inammissibile il ricorso, affermando che il parere della Soprintendenza non aveva natura provvedimentale, ricordando che un parere espresso oltre il termine stabilito perde la sua valenza vincolante, riducendosi a una mera opinione consultiva, e non sarebbe quindi impugnabile, poiché non lesivo per il ricorrente, rimandando esclusivamente all'Amministrazione comunale, l'unica competente nella decisione. Di conseguenza il Tar Lazio rigetta il ricorso con il pronunciamento definitivo in favore dell'amministrazione.
La decisione del Tar è di notevole interesse in quanto il ritardo nell’emanazione del parere da parte della Soprintendenza è un caso molto ricorrente in tutta Italia e a tal proposito la sentenza n. 17201/2024 fa da giurisprudenza su tale questione, concludendo il ricorso ad un parere negativo successivo alla scadenza è da considerarsi inammissibile poiché il parere della Soprintendenza ha perso il suo carattere vincolante a causa della sua emissione tardiva, non generando quindi effetti lesivi immediati.
LA SENTENZA DEL TAR LAZIO È SCARICABILE IN ALLEGATO.
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