Conoscere i compositi per impieghi strutturali: certificazioni, caratteristiche e campi d’impiego
Tutto ciò che c’è da sapere sui principali sistemi innovativi per il rinforzo strutturale tipo FRP, CRM, FRCM, ecc.
Nonostante la progressiva diffusione dei materiali compositi nel campo del rinforzo strutturale, tra progettisti, imprese, direzioni lavori ed enti pubblici permangono ancora tanti dubbi e incertezze. In questo articolo tante risposte alle domande più frequenti di chi progetta e di chi opera in cantiere per offrire una panoramica completa sui sistemi compositi, sulle loro peculiarità e sul loro corretto impiego.
Perche i materiali compositi sono oggi così utilizzati nel rinforzo strutturale
I materiali compositi impiegati nel settore edile per interventi di rinforzo strutturale stanno trovando in Italia una diffusione sempre maggiore. Considerati come tecnologie “innovative” perché di più recente introduzione rispetto ai più classici materiali da costruzione, i compositi rappresentano un'opzione ormai imprescindibile per chi progetta interventi di consolidamento strutturale.
I motivi di tale diffusione e l’importanza assunta oggi dai compositi in edilizia vanno ricercati in più direzioni: oltre a essere aumentate le conoscenze generali da parte di chi progetta, in virtù di un intenso lavoro di ricerca scientifica e di divulgazione tecnica promosse dalle università e dai produttori, sono aumentate nel tempo le situazioni in cui testare le differenti tecnologie proposte dal mercato; il susseguirsi degli eventi sismici che hanno coinvolto negli ultimi decenni larga parte del nostro Paese hanno accelerato infatti il ricorso ai compositi in tutte le loro declinazioni e contribuito ad alimentare un bacino di esperienze che difficilmente si sarebbe ottenuto in altre condizioni. Ulteriore e decisivo impulso alla loro diffusione è stato dato infine dal Legislatore che, con l’obiettivo di mettere ordine e dare regole comuni nella progettazione e nell’impiego dei compositi, ha emanato una serie di Linee Guida per l’identificazione, la qualificazione e il controllo di accettazione dei compositi: da quelle pubblicate nel 2015 per i compositi fibrorinforzati a matrice polimerica (FRP), a quelle emanate più di recente per le altre tipologie di sistemi.
La diffusione progressiva dei compositi e il complesso quadro normativo creatosi negli ultimi anni hanno portato nel settore indubbi vantaggi e, come detto, un miglioramento generale delle conoscenze da parte dei professionisti, eppure, ancora tanti sono i dubbi e le domande di coloro ai quali è richiesto un costante sforzo di aggiornamento tecnico e normativo: progettisti, imprese, direzioni lavori ed enti pubblici. Da qui l’approccio: ponendoci nella prospettiva dei professionisti del settore abbiamo dato risposta alle domande più frequenti di chi progetta e di chi opera in cantiere per offrire una panoramica completa sui sistemi compositi, sulle loro peculiarità e sul loro corretto impiego.
Come si differenziano le varie tipologie di sistemi compositi?
È frequente imbattersi in sigle differenti per descrivere specifiche tipologie di sistemi compositi: FRP, FRCM, CRM e FRC. Per le aziende fornitrici tali sigle hanno un significato ormai noto ma per chi progetta il discorso può essere ben diverso. Per questo è importante spiegare cosa stanno ad indicare e soprattutto conoscerne le caratteristiche per poter così individuarne i campi d’utilizzo.
Innanzitutto la caratteristica che li accomuna è che tutti i sistemi compositi utilizzano due differenti materiali in combinazione: una fase fibrosa per la resistenza a trazione e una fase matrice per l’adesione e l’impregnazione. Il loro funzionamento, seppur con le necessarie differenziazioni, è assimilabile a quello del cemento armato, dove si ha un materiale in grado di resistere sia a trazione che a compressione, grazie alla collaborazione delle barre di acciaio e del conglomerato cementizio.
Fatta questa premessa, definiamo i vari sistemi sulla base delle indicazioni riportate nelle rispettive Linee Guida ministeriali.
Gli FRP (Fiber Reinforced Polymers)
Gli FRP (Fiber Reinforced Polymers) nascono dall’accoppiamento di fibre di varia natura ossia in carbonio, vetro o aramide, con matrici organiche, ovvero le resine epossidiche. Hanno un comportamento elastico lineare a trazione con rottura fragile. Non resistono invece a compressione e lavorano in adesione a supporti in calcestruzzo, muratura, legno e acciaio.
I compositi FRP si suddividono in due categorie:
- i sistemi impregnati in situ
- e i sistemi preformati.
I primi sono costituiti da tessuti secchi che gli applicatori devono saper incollare e impregnare tramite opportune resine facenti parte del medesimo sistema certificato; i secondi si presentano invece sotto forma di lamine pre-impregnate tramite processo industriale di pultrusione. Le lamine in cantiere devono essere semplicemente tagliate con appositi strumenti secondo le misure richieste dal progetto e collocate sul supporto da rinforzare tramite la sola resina d’incollaggio.
Gli FRCM (Fiber Reinforced Cementitious Matrix)
Gli FRCM (Fiber Reinforced Cementitious Matrix) sono sistemi costituiti da reti in fibra di vario tipo (vetro alcali-resistente, basalto, carbonio, ecc.) o da fasce con trefoli in acciaio a elevata resistenza, inglobati all’interno di matrici inorganiche, quindi malte a base di calce o cementizie.
Particolare attenzione nel caso degli FRCM va posta alle misure: devono essere realizzati in spessori massimi di malta di 15 mm; nel caso dell’utilizzo di reti poi la spaziatura massima delle maglie non deve essere superiore a 30 x 30 mm.
Il comportamento meccanico di tali sistemi risente della fessurazione della malta nelle fasi di deformazione per trazione; una volta superata si considera la sola deformazione della rete. Anche gli FRCM lavorano in adesione al supporto e le modalità di rottura possono essere molteplici: si va dalla rottura per trazione della rete al distacco dal supporto da rinforzare, includendo pure fenomeni di interazione e scorrimento reciproco tra rete e malta.
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I sistemi CRM (Composite Reinforced Mortars)
I sistemi CRM (Composite Reinforced Mortars) sono costituiti da reti di rinforzo, con spaziatura di maglia maggiore di 30 x 30 mm, inglobate all’interno di intonaci di spessore compreso tra i 30 e i 50 mm. In tali sistemi il collegamento è garantito da connessioni trasversali passanti in modo da realizzare un vero e proprio placcaggio meccanico delle murature. La loro funzione è quella di rinforzare la muratura sfruttando la resistenza a trazione dell’armatura realizzata dalle singole barre di FRP costituenti la rete, pertanto il criterio di utilizzo è assimilabile a quello degli intonaci armati.
LEGGI ANCHE Linea Guida per la identificazione, la qualificazione e il controllo di accettazione dei sistemi a rete preformata in materiali compositi fibrorinforzati a matrice polimerica da utilizzarsi per il consolidamento strutturale di costruzioni esistenti con la tecnica dell’intonaco armato CRM (Composite Reinforced Mortar)
I sistemi FRC (Fiber Reinforced Concrete)
I sistemi FRC (Fiber Reinforced Concrete) sono compositi fibrorinforzati con matrice cementizia e fibre di rinforzo organiche o metalliche, che conferiscono duttilità al calcestruzzo, conferendogli un comportamento plastico incrudente o degradante. Sono conosciuti come calcestruzzi a elevata duttilità perché come tali sono in grado di resistere a trazione anche in seguito alla formazione di fessure nel calcestruzzo. Gli FRC trovano impiego negli interventi di rinforzo degli elementi strutturali in cemento armato (incamiciatura di travi e pilastri) e nel consolidamento estradossale di solai, potendo realizzare con essi delle solette non necessariamente armate.
Cos’è il CVT e quali di questi sistemi compositi ne è in possesso?
Il "Certificato di Valutazione Tecnica all'impiego", meglio conosciuto come "CVT" e prima ancora con la sigla “CIT” è una specifica qualificazione per l’utilizzo di sistemi e materiali da costruzione rilasciato dal Servizio Tecnico Centrale del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, come previsto dalla “Linea Guida per la identificazione, la qualificazione ed il controllo di accettazione di compositi fibrorinforzati a matrice polimerica (FRP) da utilizzarsi per il consolidamento strutturale di costruzioni esistenti”.
Le Norme Tecniche per le Costruzioni prevedono che i sistemi compositi menzionati in precedenza, in accordo con quanto indicato al punto 11 parte c) delle norme stesse, per essere impiegati debbano essere in possesso di una specifica certificazione ottenuta attraverso una tra queste due strade:
- il Certificato di Valutazione Tecnica rilasciato dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici,
- oppure la marcatura CE perseguita a seguito del rilascio di un ETA (European Technical Assessment) richiesto dal produttore per un dato sistema.
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Sebbene per i sistemi FRP sia stato possibile l’ottenimento del CVT da parte dei produttori in virtù dell’emanazione nel 2015 delle Linee Guida per la qualificazione, per gli altri sistemi sopracitati il percorso di qualifica non si è ancora concluso. I sistemi FRCM, CRM e FRC infatti, data la più recente emanazione delle rispettive Linee Guida, non hanno ancora terminato il processo di qualificazione, per cui c’è ancora tempo prima che i produttori possano ottenere le prime certificazioni.
L’ottenimento delle certificazioni permette non solo di rispondere alle richieste del capitolo 11 delle Norme Tecniche, ma lascia anche al progettista ampi margini di scelta tra le varie soluzioni, in relazione alle relative prestazioni meccaniche e al loro comportamento al variare del supporto sulle quali trovano impiego. Infatti, il processo di qualificazione dei compositi prevede, tra le varie fasi, la valutazione dell’interazione del sistema di rinforzo con differenti tipologie di supporto, al fine di certificarne l’impiego al variare dei materiali da rinforzare.
Diversa dal processo di qualificazione dei sistemi compositi per il rilascio del CVT è la strada prevista per l’ottenimento di un ETA. Mentre per i CVT è necessaria l’emanazione di una Linea Guida da parte del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, per l’ottenimento dell’ETA deve essere invece il produttore a redigere insieme all’ente certificatore una norma di riferimento EAD (European Assessment Document) contenente le procedure di qualificazione del sistema. Per tale ragione viene anche definita con il nome di “certificazione volontaria”.
Prima della pubblicazione delle Norme Tecniche 2018, i sistemi compositi di tipo FRP per essere impiegati dovevano ottenere il Certificato di Idoneità Tecnica (CIT) in base alla Linea Guida ministeriale del 2015. Oggi invece si parla di CVT. Cosa è cambiato?
Le Norme Tecniche per le costruzioni in vigore fino al 2018, al capitolo 11, menzionavano la necessità per i materiali composti di ottenere un “Certificato di Idoneità Tecnica”, rilasciato dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici sulla base di linee guida emanate dal Servizio Tecnico Centrale. Con l’uscita delle nuove Norme Tecniche per le Costruzioni invece, è stato introdotto il termine “CVT”. In pratica si è sostituito il concetto di “idoneità” con quello di “valutazione” ma la sostanza, a parte poche differenze, non è cambiata.
Il CIT ottenuto dai produttori prima dell’uscita delle Norme Tecniche 2018 è dunque ancora valido?
La modifica terminologica introdotta con le NTC 2018 non ha in alcun modo intaccato la validità dei certificati ottenuti in precedenza e rilasciati dal Servizio Tecnico Centrale sulla base della Linea Guida del 2015. Pertanto i Certificati di Idoneità Tecnica (CIT) restano validi per cinque anni a partire dalla data di rilascio. Giunti poi alla loro naturale scadenza tali certificati dovranno essere adeguati alle nuove disposizioni per essere rinnovati.
Perché impiegare i compositi negli interventi di consolidamento strutturale al posto delle tecniche tradizionalmente usate in edilizia?
Il rinforzo di elementi strutturali si rende necessario nel momento in cui si verifichino incrementi dei carichi agenti oppure nei casi ove si debbano effettuare interventi volti al miglioramento o all’adeguamento delle strutture esistenti. Per riportare la resistenza dell'elemento strutturale alle caratteristiche originarie, oppure superiori, si possono impiegare tecniche differenti: da quelle più classiche, a quelle che fanno ricorso ai sistemi innovativi, i compositi appunto. Le tecniche tradizionali consentono di rinforzare le strutture producendo un incremento di resistenza e irrigidendo il telaio strutturale; le innovative invece, fatte con materiali più leggeri, permettono di ottenere lo stesso risultato senza però modificare la rigidezza degli elementi.
Tecniche tradizionali e tecnologie innovative possono integrarsi tra loro?
Le tecniche classiche e quelle più recenti possono essere integrate all’interno della stessa opera di consolidamento. Ciò è possibile soprattutto se si pensa alla necessità di preparazione e regolarizzazione delle superfici su cui impiegare le tecnologie innovative, per le quali è fondamentale l’interazione tra il supporto e il composito di rinforzo. È proprio sulle superfici adeguatamente preparate che, attraverso l’adesione della matrice, avviene nel modo corretto il reciproco trasferimento degli sforzi tra l’elemento strutturale e le fibre di rinforzo. Per fare alcuni esempi, sulle opere in muratura, prima di posare i tessuti di rinforzo o le reti in fibra di vetro, è bene eseguire un intervento di preconsolidamento tramite iniezioni di miscele leganti, realizzare le stilature dei giunti e applicare un intonaco di regolarizzazione. Per quanto riguarda invece elementi in calcestruzzo è necessario eseguire un preventivo intervento di ripristino e risanamento delle superfici degradate.
Quali sono i vantaggi pratici legati all’uso dei compositi?
I sistemi compositi possono garantire notevoli benefici in termini di miglioramento delle capacità portanti delle strutture, ma non solo. L’innovazione e il progresso tecnologico hanno portato a un miglioramento delle tecniche di lavorazione, permettendo di ridurre i tempi di posa in opera e i costi di lavorazione. I compositi inoltre sono preferibili ad altre soluzioni per la minore invasività., elemento di cui tenere conto quando si opera con particolari vincoli architettonici e in tutti quei casi in cui si abbia la necessità di intervenire con il minor impatto possibile sulle strutture.
In quali tipologie d’intervento possono essere utilizzati i sistemi compositi?
I sistemi compositi vengono impiegati negli interventi di consolidamento strutturale, sia nei casi in cui si abbia la necessità di eseguire adeguamenti e miglioramenti strutturali, sia ove si debbano realizzare interventi locali e operazioni di messa in sicurezza.
In base alla tipologia d’intervento da mettere in atto è necessario valutare in fase progettuale quale sistema sia più appropriato al caso, in relazione alle caratteristiche e ai materiali con cui è realizzata la struttura su cui intervenire e alle proprietà dei compositi stessi.
Per le murature, per esempio, è possibile impiegare sistemi di rinforzo di varia natura, ovvero quelli a matrice organica (FRP) che a matrice inorganica (FRCM e CRM) apportando un contributo adeguato alle resistenze offerte dal supporto. Invece, nel caso di strutture il cemento armato e in particolare nel caso di opere infrastrutturali, in cui i, dove sono presenti elevate sollecitazioni e le proprietà meccaniche dei materiali sono più rilevanti, trovano un maggiore impiego i compositi a matrice organica di tipo FRP.
Queste le altre domande a cui troverete le risposte all'interno dell'articolo integrale
- Dove trovano impiego i sistemi compositi FRP per il rinforzo strutturale?
- Quali sono i campi d’impiego dei sistemi FRCM?
- Quali sono gli impieghi e i vantaggi dei sistemi CRM?
- Quali soluzioni si possono impiegare per aumentare la resistenza di un pannello in muratura?
- Come intervenire su volte e cupole?
- Come rinforzare un solaio all’estradosso?
- Come aumentare la resistenza a taglio di travi e pilastri in c.a.?
- Sfondellamento dei solai: come evitare la caduta di elementi non strutturali?
- Come intervenire per aumentare la durabilità degli interventi di rinforzo eseguiti?
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