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Condono edilizio: no alla realizzazione di opere aggiuntive in pendenza di sanatoria

La normativa sul condono richiede la permanenza dell'immobile da regolarizzare e non ammette, in pendenza del procedimento di condono, la realizzazione di opere aggiuntive venendo meno l'attuale riconoscibilità del manufatto originario oggetto dell'istanza di sanatoria.

Di condoni e sanatorie sono piene le pagine della giustizia amministrativa, ma la sentenza 13859/2023 del 18 settembre del Tar Roma contiene alcuni riferimenti particolari interessanti, che vanno a intersecare anche le regole che, negli anni, si sono susseguite con la pubblicazione delle leggi dedicate ai condoni (1986, 1994, 2003).

Condono edilizio story

Si dibatte sull'istanza di di condono respinta, da parte del comune, inerente delle opere realizzate su degli immobili ricadenti in un'area sottoposta a vincolo paesaggistico.

Questo l'excursus temporale dei fatti:

  • i genitori dei ricorrenti odierni avevano presentato domanda di condono edilizio ai sensi della legge 47/1985 (Primo condono edilizio);
  • in seguito sul predetto immobile furono realizzati dei lavori di ampliamento in assenza di titolo edilizio (sopraelevazione dell’immobile per due livelli per una superficie complessiva pari a mq. 218,12);
  • in relazione ai lavori realizzati, i genitori dei ricorrenti presentarono alcune domande di condono edilizio ai sensi del DL 296/2003 (Terzo condono edilizio).

Il comune respingeva quindi le istanze di condono edilizio ex DL 296/2003, applicando quanto disposto dall’art. 32, comma 27), lett. d), del DL 269/2003, e dall’art. 3 della l.r. n. 12/2004, in quanto il lotto su cui le opere erano state realizzate ricade in un’area sottoposta vincolata per la tutela del paesaggio ambientale in virtù del d.m. 07.09.1962 e inoltre perché le opere non risultavano conformi alle vigenti NTA del Piano particolareggiato del Nucleo di Vermicino con riguardo all’“eccesso di cubatura, distacchi e altezze”.

I ricorrenti lamentano la violazione delle garanzie procedimentali per non essere stati messi al concorrente dell’avvio del procedimento di diniego dopo venticinque anni dall'avvio del procedimento, oltre al difetto di motivazione in ordine alle ragioni che avrebbero giustificato il ritardo nell’adozione del provvedimento.

Secondo loro, l'area su cui sorge il manufatto sarebbe completamente edificata e urbanizzata e quindi si contesta l’irragionevolezza della motivazione posta a fondamento del diniego, senza indicare le “disposizioni edilizie che ostacolerebbero il rilascio della sanatoria”.

Inoltre, denunciano la violazione degli artt. 31, 33, della legge 47/1985, in quanto l’opera sarebbe stata realizzata nel 1964 ed insiste su di un’area soggetto ad un vincolo che non importa l’inedificabilità assoluta.

Il divieto di condono per abusi maggiori su area già vincolata

Il ricorso viene respinto, col TAR che parte da un presupposto preciso: il provvedimento impugnato si fonda su di una motivazione plurima in quanto richiama il divieto di sanatoria per le opere realizzate su area già vincolata ai sensi dell’art. 32, comma 27, lett. d), del DL 269/2003.

Tale disposizione prevede un vincolo di inedificabilità assoluta per le aree soggette a vincolo paesaggistico come quella in cui insiste il manufatto dei ricorrenti.

Del resto l'effettiva natura degli abusi - consistenti nella realizzazione di ampliamenti di superficie e nuovi volumi di due unità immobiliari - depone per la loro sussumibilità nell'alveo di quelli contemplati all’art. 32, D.L. 269/2003, tipologia 1 (abusi maggiori), e sappiamo che sono condonabili, in area vincolata, solo gli abusi cd. 'minori'.

Allo stesso modo - continua il TAR - l'amministrazione ha correttamente respinto la domanda di condono edilizio presentata sempre nel 2004 presentata con riferimento all’altro immobile, vertendosi in ogni caso in ipotesi di aumento di superficie e nuova cubatura e da qualificarsi come nuova costruzione.

Tra primo e terzo condono edilizio, occhio ai vincoli: quando l'abuso non prende la sanatoria

Consiglio di Stato: la sanatoria straordinaria ex art.32 del DL 269/2003 è applicabile esclusivamente agli interventi di minore rilevanza indicati ai numeri 4, 5 e 6 dell'allegato 1 del citato decreto (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria).


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In pendenza di condono non si possono modificare o aggiungere le opere

La seconda parte della sentenza è interessante perché spiega che, nei procedimenti di condono edilizio, la domanda di condono è soggetta alla disciplina di favore vigente al momento della presentazione della domanda e tale disciplina trova applicazione laddove risulti in concreto inverata la fattispecie astratta da essa prevista.

Inoltre, la normativa sul condono postula la permanenza dell'immobile da regolarizzare e non ammette, in pendenza del procedimento di condono, la realizzazione di opere aggiuntive venendo meno l'attuale riconoscibilità del manufatto originario oggetto dell'istanza di condono, sicché i manufatti oggetto della richiesta, fino al momento dell'eventuale concessione della sanatoria, restano comunque abusivi al pari degli ulteriori interventi realizzati sugli stessi.

Il Comune ha quindi correttamente agito in quanto con riferimento al diniego del condono del 1986 perché, una volta presentata la domanda di condono, l'interessato non può modificare lo stato dei luoghi esistente al momento della presentazione della domanda e in relazione ai quali l'Amministrazione è chiamata a definire il procedimento attivato.

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Allegati

Abuso Edilizio

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