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Condono edilizio: la prova dell'ultimazione delle opere va fornita dal privato

L'onere della prova circa l'ultimazione delle opere abusive in data utile per fruire del condono edilizio spetta al privato richiedente e non all'amministrazione, poiché soltanto l'interessato può fornire inconfutabili documenti che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell'epoca di realizzazione dell'abuso.

Per ottenere uno dei tre condoni edilizi che si sono succeduti in Italia bisogna rispettare delle precise regole: nel caso del Terzo condono del 2003, poi, il perimetro è molto ristretto in particolare in zona vincolata.

Ma non è tutto: un aspetto fondamentale è il momento di ultimazione delle opere, se avvenuto prima o dopo l'apposizione del vincolo, che fa la differenza tra la possibilità - o meno - di ottenere la sanatoria straordinaria.

Nella sentenza 7169/2024 del 19 agosto del Consiglio di Stato si affronta proprio questo tema, e non solo.

 

Terzo condono edilizio: non si possono realizzare nuovi volumi

Si dibatte su un manufatto realizzato nel 1998 sul lastrico solare di un immobile, per il quale è stata negata la richiesta di condono e impartita un'ordinanza di demolizione dell'abuso edilizio.

Secondo la prospettiva del ricorrente, al caso concreto non potrebbe applicarsi l’art. 32, comma 27, lett. d), l. 326/2003, in quanto il manufatto abusivo sarebbe stato realizzato in epoca antecedente rispetto all’imposizione dei vincoli di zona, inoltre la disposizione normativa si riferirebbe ai soli vincoli di inedificabilità assoluta e non anche a quelli di inedificabilità relativa.

Non è così per Palazzo Spada, visto che "l’intero territorio del Comune di Pozzuoli è stato sottoposto a vincolo paesaggistico con D.M. del 1957 con il quale la zona è stata dichiarata di notevole interesse pubblico ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497. Sebbene l’immobile sia stato realizzato in epoca antecedente rispetto all’imposizione del vincolo discendente dal PTP, quest’ultimo era già stato emanato al momento della proposizione della domanda di condono e, pertanto, sottoposto al particolare rigore della relativa disciplina, secondo i principi espressi dal Consiglio di Stato nella Ad. pl., 22 luglio 1999, n. 20. Per gli immobili abusivi realizzati su aree vincolate, sottoposte a vincolo, il rilascio del condono, ai sensi dell'art. 32 l. n. 47/1985, come modificato dall'art.32, comma 43, della l. n. 326/2003, è subordinato al previo parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. V, 29 maggio 2006). L’art. 32, 32, comma 27, lett. d), d.l. 30 settembre 2003 n. 269, conv. in l. 24 novembre 2003 n. 326 dispone che non possono essere sottoposte a condono le opere edilizie che abbiano determinato la realizzazione di nuovi volumi e che siano state realizzate successivamente alla imposizione del vincolo, sia esso di natura assoluta che relativa. Consiglio di Stato, sez. IV, 27 aprile 2017, n. 1935) Orbene, il ricorrente non dimostra che le opere oggetto di demolizione siano state edificate in data antecedente alla apposizione del vincolo paesaggistico per effetto del D.M."

 

Condono edilizio: come si prova la preesistenza al vincolo dell'abuso edilizio?

L’appellante ha sostenuto la preesistenza del manufatto rispetto all’imposizione dei vincoli di zona, senza tuttavia provare detta circostanza.

In particolare non è in alcun modo provato che l’intervento edilizio sia stato ultimato precedentemente ai vincoli imposto dal decreto ministeriale del 12 settembre 1957, non trattandosi di un vincolo generico e limitato, a differenza di quanto sostenuto dall’appellante, essendo, infatti, ivi previsto che «L’intero territorio del comune di Pozzuoli ha notevole interesse pubblico, ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497, ed è, quindi, sottoposto a tutte le disposizioni contenute nella legge stessa», essendo incluso «nell’elenco delle cose da sottoporre a tutela paesistica» e che «il vincolo non significa divieto assoluto di costruire, ma impone soltanto l’obbligo di presentare al competente soprintendente, per preventiva approvazione, qualsiasi progetto di costruzione che si intenda erigere nella zona».

Pertanto si tratta di un vincolo di tipo paesistico relativo ben perimetrato e che non ammette deroghe, stante il riferimento a qualsivoglia nuova opera.

Non è stato neppure provato che l'opera sia preesistente alle approvazioni del piano territoriale paesistico e del piano regolatore generale, avvenute rispettivamente nel 2002 e nel 1999, con cui sono stati univocamente e recisamente esclusi incrementi volumetrici nella zona d’insistenza del manufatto.

 

Condono edilizio: l'onere della prova sull'effettiva ultimazione delle opere è del privato

In materia di condono edilizio, sul richiedente grava l'onere di provare "appieno" la data di ultimazione delle opere, in modo da non lasciare alcun dubbio al riguardo, trattandosi di elemento essenziale per l'ammissibilità dell'istanza di condono.


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Prove dell'ultimazione delle opere abusive: chi le deve fornire e come devono essere

Il Consiglio di Stato precisa che l'onere della prova circa l’ultimazione delle opere abusive in data utile per fruire del condono edilizio spetta al privato richiedente e non all’amministrazione, poiché soltanto l'interessato può fornire inconfutabili documenti che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell’epoca di realizzazione dell’abuso.

Inoltre, tale prova deve essere rigorosa, richiedendosi una documentazione certa ed univoca (non essendo, ad esempio, sufficienti dichiarazioni sostitutive di atto notorio), sull’evidente presupposto che colui che ha realizzato l’opera è il soggetto che meglio di ogni altro può fornire elementi oggettivi sulla data di realizzazione dell’abuso (cfr. Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 5 gennaio 2015, n. 6; Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 10 giugno 2014, n. 2960), cosicché, in difetto di tale prova, l’amministrazione ha il dovere di negare la sanatoria dell’abuso (cfr. Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 15 giugno 2016, n. 2626).

Ne deriva l’inconferenza con il caso di specie dei precedenti giurisprudenziali richiamati dall’appellante attesta del tutto inconferente, rispetto alla fattispecie in esame, la giurisprudenza richiamata dalla controparte, essendo inerente alla differente ipotesi in cui è provata la preesistenza degli abusi rispetto all’imposizione dei vincoli.

 

Sanatoria per abusi ralizzati su aree vincolate: le regole del Terzo condono

Inoltre la dedotta possibilità di condono di abusi realizzati in aree gravate da vincoli di inedificabilità relativa non è attinente con la fattispecie in esame, in quanto nell’ambito del condono recato dal decreto legge n. 269/2003 convertito in legge n. 326/2003 2003 la preesistenza del vincolo esclude la sanatoria di opere non conformi alle prescrizioni urbanistiche e nella fattispecie in esame i vincoli sono precedenti alla realizzazione del manufatto (non essendo stato assolto dall’interessato l’onere probatorio circa la preesistenza dell’opera) e l’intervento non è conforme al piano regolatore generale e al piano territoriale paesistico (stante l’indubbio aumento di carico urbanistico conseguente alla non consentita creazione di un nuovo volume).

Il condono non è pertanto ottenibile.


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Allegati

Abuso Edilizio

L'abuso edilizio rappresenta la realizzazione di opere senza permessi o in contrasto con le concessioni esistenti, spaziando da costruzioni non autorizzate ad ampliamenti e modifiche illegali. Questo comporta rischi di sanzioni e demolizioni, oltre a compromettere la sicurezza e l’ordine urbano. Regolarizzare tali abusi richiede conformità alle normative urbanistiche, essenziale per la legalità e il valore immobiliare.

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