Condono edilizio, ci risiamo! Data di completamento dell'opera, doppia conformità, sospensione della demolizione
Cassazione: il giudice dell'esecuzione ha il potere-dovere di verificare la legittimità e l'efficacia del titolo abilitativo, sotto il profilo del rispetto dei presupposti e dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio
Dopo esserci già soffermati, di recente, sul doppio accertamento di conformità e sulla data di realizzazione delle opere in relazione alla legge sul 'giusto' condono, oggi ci imbattiamo in un'altra pronuncia interessante in materia di condono edilizio, forse più specifica ma non per questo meno interessante.
Il caso all'esame della Cassazione (sentenza 11637/2021 del 26 marzo) riguarda un'istanza di condono richiesta oltre i termini previsti dalla legge 724/1994 (secondo condono). Ancor prima dell'emissione dell'ordinanza di demolizione, l'istante aveva richiesto e ottenuto una concessione edilizia in sanatoria e un'autorizzazione per la regolarizzazione delle opere e delle strutture successivamente realizzate.
Ma attenzione: concessione edilizia in sanatoria e autorizzazione alla regolarizzazione, però, sarebbero illegittime perché la prima non era rilasciabile, in quanto le opere abusive non erano state ultimate alla data del primo accertamento, mentre la seconda non ha alcun valore perché per l'intervento in questione era necessario il permesso di costruire e non la mera autorizzazione, stante la non trascurabile tipologia delle opere de quibus.
Data di realizzazione opera e valutazione sulla legittimità dei titoli edilizi
Il fulcro della sentenza sta proprio nella corretta determinazione della data di realizzazione dell'opera, intesa come 'completamento' della stessa.
Da un sopralluogo comunale del 10 febbraio 1995 era emerso che non era stato eseguito il rustico e non era stato completato il solaio di copertura, per cui non sarebbe mai stato possibile ottenere il permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell'art. 39 della legge 724/1994 che richiede a tal fine che le opere siano state ultimate entro il termine del 31 dicembre 1993.
La Cassazione, inoltre, conferma un assunto ormai pacifico nella giurisprudenza di ogni ordine e grado, per cui in materia edilizia, il giudice dell'esecuzione, investito dell'istanza di revoca o sospensione dell'ordine di demolizione conseguente a condanna per costruzione abusiva, ha il potere-dovere di verificare la legittimità e l'efficacia del titolo abilitativo, sotto il profilo del rispetto dei presupposti e dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio.
Dunque, la valutazione circa la legittimità dei titoli abilitativi in sanatoria deve ritenersi senz'altro consentita anche in sede esecutiva, non potendosi stabilire alcuna automaticità tra l'eventuale rilascio del provvedimento di sanatoria e la revoca dell'ordine, laddove, come avvenuto nel caso di specie, si delinei in modo palese la carenza dei presupposti per il conseguimento del condono edilizio, stante l'assenza del requisito della tempestiva ultimazione delle opere.
Doppia conformità e vincolo paesaggistico
Non solo. I giudici supremi evidenziano che in questo caso l'immobile in questione ricade in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, il che parimenti esclude la sanabilità delle opere anche ai sensi della disciplina legislativa del 2013 sul condono, avendo la giurisprudenza di legittimità chiarito (cfr. Sez. 3, n. 16471 del 17/02/2010, Rv. 246759) che la costruzione in assenza di permesso di costruire non è suscettibile di sanatoria ai sensi dell'art. 32 del DL 269/2003, escludendo tale norma del tutto l'applicazione del condono per gli abusi edilizi maggiori (nuove costruzioni o ristrutturazioni edilizie), mentre per quelli minori lo consente a condizione che questi ultimi siano conformi alle norme urbanistiche ovvero alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, il che nel caso di specie non è stato comprovato, difettando comunque il requisito della cd. "doppia conformità" delle opere al tempo della realizzazione del manufatto e della presentazione della domanda di sanatoria, e ciò anche alla luce dell'esito illegittimo della stessa.
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