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Condivivere.casa: il nuovo concetto di residenza adattiva a Milano

Un nuovo concetto di abitare nato durante la pandemia per migliorare la qualità del vivere in città, creando una condizione abitativa dignitosa, edificante e aperta alla famiglia, attraverso una residenza basata sull'incontro, sulla socialità collaborativa e multi-generazionale. L'intervista agli autori del progetto che descrivono le caratteristiche principali.

Condivivere.casa, il nuovo concetto di residenza adattiva

Il nuovo progetto immobiliare Condivivere.casa, basato sul concetto di residenza adattiva ideato dall'arch. Joseph di Paquale è stato oggetto di una campagna di crowdfunding per il finanziamento finita da poco con un grande successo.

Un edificio pensato come una micro-comunità urbana di prossimità, dove la disposizione e la gestione degli spazi sono concepiti e disegnati per non ostacolare le potenzialità relazionali; Condivivere.casa nasce infatti dall’idea di un edificio che possa cambiare nel tempo adattandosi alle necessità e ai comportamenti abitativi di famiglie e singoli.

Il Progetto che sorgerà in via Soffredini n.75 (Milano) prevede la demolizione e la ricostruzione di un immobile preesistente per dare vita a un edifico di sette piani per un totale complessivo di quindici appartamenti, di cui cinque “adattivi”, riconfigurabili e riorganizzabili internamente senza necessità di opere murarie grazie ad un disimpegno mobile brevettato.

Il disegno del nuovo edificio include, inoltre, la realizzazione di spazi “collabor-attivi” adibiti al coworking e al tempo libero a disposizione dei residenti e dei loro ospiti, in conformità all’idea di una casa disegnata per incentivare alla socialità, assecondando i nuovi bisogni degli inquilini e adattandosi ai cambiamenti della loro vita.

“Poter disporre nelle grandi città di una casa adattiva, e cioè che si modifica, si estende, si riduce, si riorganizza seguendo le necessità che cambiano nel tempo, consentendo ad esempio alle giovani coppie di poter immaginare di crescere senza l’ostacolo di dover cambiare casa, quartiere e abitudini, oppure ad una coppia senior di riorganizzare la propria casa riducendola per mettere a reddito lo spazio non più utilizzato, penso sia un contributo importante per la qualità abitativa, per incentivare la natalità e l’integrazione multi generazionale, e per il radicarsi delle relazioni di prossimità nella vita di quartiere.”- afferma l'arch. Joseph di Pasquale.

 

Render esterno_Joseph di Pasquale studio.
Render esterno_Joseph di Pasquale studio.

  

Il Progetto Condivivere.casa: caratteristiche e peculiarità

Condivivere.casa nasce durante la pandemia precisamente nel 2020 da un team di professionisti e imprenditori in un contesto di completa mancanza di socialità urbana e all'interno di città desolate.

Il progetto nasce dalla volontà di innovare profondamente la qualità abitativa delle città rendendola permeabile a valori umani positivi, di una condizione abitativa dignitosa, edificante e aperta alla famiglia, della residenzialità come possibilità di incontro, di una socialità collaborativa e multi-generazionale, capace di riattivare un rapporto identitario con lo spazio urbano di prossimità e con la vita di quartiere per bambini, famiglie ed anziani. 

 

Area Casa, zona soggiorno.
Area Casa, zona soggiorno, Joseph di Pasquale studio.

 

Di seguito alcune domande poste agli autori che spiegano gli aspetti salienti del progetto.

-1. Condivivere.casa, come e perché è nato questo progetto?

JOSEPH DI PASQUALE: Condivivere.casa è una iniziativa che prende vita nel 2020 durante la pandemia, con le città deserte e la socialità urbana completamente annullata, da un gruppo di imprenditori e professionisti animati dalla volontà di rigenerare un immaginario positivo ed attraente all’abitare urbano in senso relazionale, con un modello abitativo innovativo che superasse la rigidità dei prodotti attuali, diventano dinamico e adattabile alle mutevoli esigenze della vita di singoli e famiglie, in un’ottica collaborativa e multi-generazionale, capace di riattivare un rapporto identitario e relazionale più stabile con lo spazio urbano di prossimità e con la vita di quartiere per bambini, famiglie, singoli ed anziani.

PAOLO PODDI: Il progetto è nato dall’idea di un gruppo di amici di innovare il mondo dello sviluppo immobiliare creando un modello abitativo più stabile, dove si creino delle vere comunità. Tutto questo si pensa possa essere raggiunto attraverso l’appartamento adattivo, che permette alla famiglia di non dover cambiare casa al modificarsi delle esigenze.

-2. Quali sono i principali investitori?

PAOLO PODDI: Oltre i sei soci fondatori, altri sei soci si sono aggiunti poco dopo, tutti amici e parenti che condividono l’idea.

 

Sviluppo del concetto di residenza adattiva

-3. Cosa si intende con il concetto di “residenza adattiva”?

JOSEPH DI PASQUALE: Con la residenza adattiva si è voluto immaginare e realizzare una proposta abitativa che si adatti oltre che alla varietà di comportamenti abitativi che sono presenti in un contesto urbano metropolitano come può essere quello di Milano, ma che anche e soprattutto sia adattabile al modificarsi nel tempo delle esigenze di spazio dei singoli e delle famiglie, eliminando la necessità di spostamenti e traslochi, con l’obiettivo quindi di promuovere il radicamento delle relazioni di prossimità, eliminare un ostacolo alla natalità per le famiglie, e migliorare la qualità della vita di quartiere.

L’idea progettuale che è conseguita da queste premesse è molto semplice ma allo stesso tempo estremamente efficace. In sostanza è stata superata la rigidità dei tagli tradizionali (bilocale, trilocale, etc.) concependo un unico appartamento di grandi dimensioni come un “perimetro domestico” in grado modulare dinamicamente l’uso interno a più utenti, a seconda delle loro esigenze di spazio grazie ad un “disimpegno mobile” brevettato.

L’ “appartamento adattivo” così concepito può ad esempio consentire ad un’utenza permanente come quella di un nucleo familiare di utilizzare inizialmente solo una parte del “perimetro domestico” consentendo ad altre utenze di tipo temporaneo (studenti, giovani professionisti, etc.) di usare lo spazio non utilizzato. Col crescere delle esigenze di spazio della famiglia e grazie alla natura temporanea delle altre utenze, l’appartamento adattivo può riconfigurarsi estendendo lo spazio a disposizione del nucleo famigliare.

Allo stesso modo nel momento in cui la famiglia decresce, ad esempio quando i figli escono di casa, il procedimento può essere fatto al contrario tornando a poter condividere con altri utenti parte dello spazio non più necessario. Il disimpegno mobile consente di attuare queste riconfigurazioni senza necessità di opere murarie.

 

-4. Vi siete ispirati a un modello specifico per questo progetto? Sono già esistenti delle realtà dove è stata applicata questa tipologia di residenza o esempi di progetti similari in funzione in Europa o nel mondo?

JOSEPH DI PASQUALE: A livello globale esistono attualmente molte soluzioni che più che “adattive” potremmo definire come “additive” cioè basate sull’addizione fisica di spazio aggiuntivo. Per loro natura sono di solito riferite ad edifici extra urbani e unifamiliari a cui ad esempio a seconda delle necessità possono venire montati dei “moduli” corrispondenti a delle camere aggiuntive che vengono fisicamente aggregati all’edificio.

Questo modello presenta alcune rigidità che ne rendono impossibile l’applicazione in contesti urbani: prima di tutto la necessità di disporre di spazio fisico disponibile dove poter collocare i moduli aggiuntivi. In secondo luogo esiste un problema dal punto di vista normativo. Aggiungere volumetria implicherebbe la possibilità di disporre di capacità edificatoria residua e di una procedura autorizzativa per ogni aggiunta da effettuare.

Il passaggio in più rispetto a quanto esiste attualmente a livello globale che il modello dell’appartamento adattivo di condivivere.casa aggiunge, è proprio quello di risolvere queste criticità consentendo l’esperienza dell’estendibilità dello spazio domestico anche in un edificio multipiano e in un contesto urbano.

PAOLO PODDI: Non ci siamo ispirati specificamente ad altri esempi, ma ognuno di noi ha tratto ispirazione dalla propria esperienza, mettendola in comune con gli altri soci, io in particolare sono stato consigliere di amministrazione di Copernico e l’esperienza maturata nello sviluppo e gestione di business center in cui la relazione fra le persone era al centro dell’esperienza che si voleva trasmettere ai clienti mi ha fornito molti spunti interessanti. Inoltre, aver collaborato su progetti di co-housing mi ha fornito ulteriore esperienza.

 

- 5. Cosa si intende con il termine “appartamento adattivo” e in che modo si supera la rigidità dei tagli fissi degli appartamenti, mantenendosi sempre conformi alle dimensioni e alle superfici minime, secondo normativa italiana (requisiti igienico-sanitari, DM 5 luglio 1975)?

PAOLO PODDI: L’appartamento adattivo soddisfa ampiamente il regime dei minimi dal momento che è un appartamento unico di grandi dimensioni (circa 90/100 mq) che permette di disimpegnare alcune stanze con servizi (POD così da consentirne la messa a reddito nel regime di “stanze di appartamento” garantendo però un livello accettabile di privacy. Non si creano quindi in nessun modo delle differenti unita residenziali.

 

- 6. Qual è il procedimento per trasformare e inserire le stanze POD (appartamento dinamico) negli appartamenti fissi?

JOSEPH DI PASQUALE: Quelli che noi chiamiamo POD (acronimo di POstazione Domestica) non vengono né aggiunti né inseriti ma sono semplicemente l’evoluzione progettuale delle “stanze di appartamento” che vengono già oggi utilizzate nelle migliaia di appartamenti in condivisione sia privati che gestiti da società di co-living, a Milano come in tutte le città del mondo.

I POD, vale a dire le stanze dell’appartamento adattivo, non vengono né “inseriti” né “aggiunti” ma semplicemente integrati o meno all’uso e all’accesso dell’area casa grazie al disimpegno mobile, una particolare porta interna di cui abbiamo già illustrato le caratteristiche.

 

- 7. Come si inseriscono i TECNO MODULI all’interno della struttura madre dell’edificio?

JOSEPH DI PASQUALE: I tecno moduli sono un’innovazione di tipo costruttivo edilizio che non riguardano direttamente la dinamica dell’appartamento adattivo. I tecno moduli sono il risultato di un altro brevetto sviluppato in un dottorato di ricerca insieme al Politecnico di Milano ma che intendiamo implementare in futuro nella fase di replicazione su larga scala del modello che vorremo attuare successivamente al primo prototipo attualmente in fase di realizzazione, muovendoci nella direzione della prefabbricazione avanzata e dell’industrializzazione del processo costruttivo.

 

Il concetto di privacy nella residenza

-8. Come è gestita la privacy all’interno di questa tipologia di residenza?

PAOLO PODDI: Abbiamo progettato e stiamo brevettando un disimpegno mobile che divide la parte fissa dell’abitazione (l’area casa) da quella dinamica (l’area POD) consentendo di disimpegnarle e garantire così la privacy nei flussi di accesso pur all’interno del medesimo appartamento. Per ragioni di riservatezza non possiamo entrare in dettagli ulteriori del suo funzionamento.

 

- 9. Quali sono i presidi di sicurezza applicati nell’area Daily, dal momento che rimane “aperta” anche al quartiere, onde evitare l’ingresso di estranei al corpo scala, che conduce agli appartamenti ai piani superiori?

JOSEPH DI PASQUALE: Più che di privacy preferiamo parlare di dare ad ogni individuo il proprio spazio abitativo “intimo” insieme all’accesso agli spazi “collaborativi” a diversi livelli di socialità: a livello di perimetro domestico lo spazio giorno dell’appartamento, e a livello di edificio quelli che abbiamo chiamato spazi “collabor-attivi” dell’area Daily, specificatamente dedicati al co-working e all’area ospiti per invitare gli amici. Nel modello gestionale che intenderemmo progressivamente implementare, questi spazi sono gestiti e presidiati da una società di servizi che nella nostra visione dovrebbe costituire l’evoluzione del “condominio” così come lo conosciamo, muovendosi verso un’ottica di membership. I residenti quindi avranno delle condizioni privilegiate rispetto ad eventuali utenti esterni, ma dovranno comunque pagare l’utilizzo di questi spazi in base al proprio effettivo utilizzo.

PAOLO PODDI: L’idea, infatti, è di lavorare con un controllo accessi attraverso una applicazione da scaricare sul palmare.

 

- 10. La possibilità di configurare gli elementi fissi del proprio appartamento s’intende sia per l’Area Casa che per l’Area Pod?

JOSEPH DI PASQUALE: La riconfigurazione è attuata da un unico elemento: il disimpegno mobile che è però di fatto un serramento interno, cioè una particolare porta interna posta tra area casa e area POD. Nessuna struttura “fissa”, cioè muraria, dell’edificio subisce quindi modifiche o trasformazioni. (vedi anche risposte precedenti).

 

Soluzioni tecnologiche ed energetiche usate nel progetto

- 11. Come sono progettate le stratigrafie delle pareti condivise tra le due aree dell’appartamento (area Casa e Area POD) in modo da garantire il corretto isolamento acustico tra gli ambienti vissuti dai diversi inquilini?

JOSEPH DI PASQUALE: Le prestazioni delle pareti di ogni POD cioè delle camere interne dell’appartamento adattivo, soddisfano standard elevati sia di tipo sia acustico che termico. L’idea che sottende queste necessità apparentemente eccessive se consideriamo che stiamo parlando di divisioni interne ad un unico appartamento, ha anche a che vedere naturalmente con il possibile utilizzo da parte di più utenti. Questo risponde ai più comuni disagi rilevati dagli attuali utenti degli appartamenti in condivisione che scontano il fatto che nella stragrande maggioranza dei casi gli appartamenti in condivisione non sono stati progettati per un uso “condiviso” appunto: mancanza di privacy anche acustica, differenti sensibilità termiche, criticità nella suddivisione dei consumi energetici, etc. Ma anche considerando la condizione in cui l’appartamento adattivo viene utilizzato da un unico nucleo familiare un particolare isolamento acustico consente comunque di ottenere nella propria camera un elevato livello di intimità, come pure la possibilità di dividere in sezioni termiche interne il riscaldamento corrisponde ad una logica di sostenibilità con la possibilità di riscaldare in modo differenziato le aree della casa maggiormente utilizzate nell’arco della giornata o in base all’effettivo utilizzo o alle diverse sensibilità termiche dei vari componenti della famiglia.

 

- 12. Che tipologia di impianti sono presenti negli appartamenti e oltre al controllo dei consumi energetici l’app permette di svolgere e tenere monitorate altre funzioni?

PAOLO PODDI: Si potrà operare da remoto sia per il controllo accessi e per la regolazione del microclima interno. Il nostro obiettivo e rendere green oltre che l’edificio anche l’esperienza abitativa.

 

- 13. Quali saranno i prossimi passi per portare avanti il progetto?

PAOLO PODDI: Stiamo lavorando alla creazione di una pipeline di operazioni, in differenti parti della città di Milano per poi iniziare ad esportare il modello in altre città e speriamo in altre nazioni.

 

Area Pod configurazione di notte.
Area Pod (POstazione Domestica), configurazione di notte, Joseph di Pasquale studio.

Immagini

Area Pod (POstazione Domestica), configurazione di giorno, Joseph di Pasquale studio.

Area Casa, zona soggiorno, Joseph di Pasquale studio.

Render esterno_Joseph di Pasquale studio

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