Con il PNRR il rapporto tra PA e imprese diventerà più semplice e sostenibile?
Per avviare un processo di sostenibilità e digitalizzazione, PA e imprese devono costruire un percorso condiviso: l'intervista a Giacomo Calzoni dell'Associazione Infrastrutture Sostenibili (AIS).
Per avviare un processo di sostenibilità e digitalizzazione PA e imprese devono costruire un percorso condiviso.
Intervista a Giacomo Calzoni, Presidente della Calzoni SPA, Impresa storica di costruzioni con sede a Perugia che si occupa di appalti pubblici in materia di infrastruttura di rete in particolare viarie, acquedottistiche e fognarie.
PNRR: un'opportunità per le imprese
Presidente Calzoni, che valore ha per una impresa di costruzioni come la sua il Piano Nazionale di Ripresa e resilienza del Governo?
«Il PNRR è uno strumento fondamentale per la ripresa del mondo delle costruzioni dopo anni di crisi. Ci troviamo di fronte a investimenti di consistente portata che condizioneranno gli anni a venire e tutti i soggetti coinvolti in questo processo si dovranno necessariamente organizzare, acquisendo capacità utili allo scopo e investendo le risorse necessarie. Si tratta di un'occasione attesa che si concretizza e le imprese devono necessariamente fare di tutto per adeguarsi agli standard richiesti».
PA e imprese un sodalizio fondato sul confronto
Come definirebbe oggi il rapporto tra le imprese e la Pubblica Amministrazione?
«È un rapporto molto importante, in cui diventa fondamentale la comprensione e il dialogo, proprio come nei migliori matrimoni. Purtroppo, storicamente la PA fa fatica ad entrare nel meccanismo del cambiamento, delle novità. In questo sono le imprese che devono un po’ “guidare”. Io faccio parte di una associazione, AIS, che si occupa di promuovere la sostenibilità delle infrastrutture e con i soci abbiamo affrontato diversi temi per cercare di individuare criticità e soluzioni. Uno di questi riguarda proprio l’aumento dei livelli di efficienza della PA, per il quale abbiamo isolato già i nodi focali: in primis l’implementazione degli standard organizzativi, di digitalizzazione e managerialità. Alcune proposte riguardano le competenze professionali e la parte gestionale: bisognerebbe eliminare le piccole committenze male organizzate per aggregarle in centrali specializzate con personale esperto e molto qualificato e con un alto grado di alfabetizzazione digitale, magari costituite da giovani professionisti. Su tutti questi temi il Piano del Governo dovrebbe intervenire».
Gli strumenti a favore del rilancio
Quali potrebbero essere gli strumenti da adottare subito per accelerare questo processo?
«In questo scenario l’innovazione dovrebbe svolgere un ruolo cruciale nel rilancio dell’economia. È quanto si ritrova nelle Direttive europee del 2014, in cui si evidenzia l’importanza di un uso strategico degli appalti pubblici e dove si auspica la valorizzazione del fattore innovazione come “motore per il rilancio dell’economia e per un progresso sostenibile sotto il profilo ambientale e sociale”. Un indirizzo che poggia su una pluralità di procedure caratterizzate da un elevato grado di discrezionalità e flessibilità. Tra queste si annoverano il dialogo competitivo, la procedura competitiva con negoziazione, il partenariato per l’innovazione. In AIS stiamo lavorando molto anche su questo aspetto, per proporre al Governo soluzioni immediatamente applicabili. Lo strumento che maggiormente risponderebbe a questa esigenza, contemplato dal Codice dei contratti pubblici, è il partenariato di innovazione descritto e regolamentato nell’articolo 45. Il fatto è che nel nostro paese né il legislatore né le amministrazioni pubbliche ne hanno favorito il ricorso, limitandosi a recepirlo insieme ad altri istituti senza tuttavia promuoverlo, ad esempio, con le “linee guida” dell’ANAC. Non sarà un cambiamento facile ma credo che tutto questo potrebbe innescare negli operatori economici una diversa sensibilità nelle logiche di esecuzione dei lavori e anche nei rapporti con le stazioni appaltanti».
Il futuro dei RUP
Come vede la figura del RUP? Secondo lei andrebbe ripensata?
«Al fine di evitare il fenomeno dello “sciopero delle firme” è essenziale che i RUP debbano diventare dei veri e propri manager con adeguate competenze multi-disciplinari, la giusta autonomia decisionale e particolare attenzione a obiettivi di sostenibilità che sono legittimati e obbligati a perseguire. A questo proposito l’AIS intende favorire uno strumento già presente nel codice appalti: il contratto di innovazione. Un sistema in grado di instaurare un dialogo costruttivo tra stazioni appaltanti e operatori economici, mediante test di mercato, procedure con elevato grado di discrezionalità e flessibilità in rapporto alle proposte di innovazione che vengono fatte dalle imprese».
La sostenibilità, obiettivo di crescita per PA e imprese
Come la PA e le imprese potranno crescere insieme adottando un approccio più sostenibile?
«La sinergia tra le stazioni appaltanti e le imprese si verrà a creare solo quando entrambe intraprenderanno tutte quelle soluzioni che potranno generare sostenibilità, grazie a un nuovo approccio green degli appalti infrastrutturali, puntando su dinamiche glocal atte a favorire l’economia locale. Come? Ottimizzando la logistica e i trasporti di approvvigionamento, accelerando i processi di digitalizzazione per sburocratizzare e snellire i controlli e i processi normativi che esasperano le commesse, sia prima sia durante la gestione. In particolare, penso alla problematica delle terre e rocce da scavo che ha anche risvolti di tipo penale sugli amministratori delle imprese, che andrebbe affrontata nella maniera corretta. Tra le soluzioni sostenibili anche l’adottare un sistema premiale riguardo ai criteri di scelta dei contraenti che, per incentivare chi adotta soluzioni innovative per ridurre gli impatti ambientali e sociali. Penso inoltre che sia fondamentale ridurre il consumo di suolo e i costi di manutenzione e utilizzo di materie prime in tutto il ciclo di vita delle opere, compreso lo smaltimento e il fine vita delle infrastrutture, promuovere la scelta di materiali innovativi, che può generare anche vantaggi esecutivi e incrementare l’utile dell’impresa. Infine, promuovere il riutilizzo delle materie di scarto, come la rigenerazione del fresato, del cemento».
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Un nuovo percorso per le gare d’appalto
Tra quanto tempo e come, secondo lei, si arriverà ad una gestione soddisfacente del percorso d’appalto?
«Quando le imprese si confronteranno con una controparte organizzata e con dei meccanismi di affidamento che richiedono competenze specifiche e di alto livello, allora saranno incentivate ad adattarsi e formarsi in un continuum virtuoso. Credo che questo processo sia fisiologico e corrisponda alle logiche di mercato già in atto e a una domanda sempre più presente nei confronti dell’adozione di logiche di sostenibilità. Questo meccanismo lo stiamo vivendo nel mercato immobiliare, nel quale abbiamo visto come il mutamento della domanda verso orizzonti più green ha innescato un immediato adattamento dell’offerta nella progettazione e costruzione di soluzioni abitative attente alla qualità dei materiali, all’isolamento termico e acustico, che ora vengono vendute a prezzi molto vantaggiosi per il costruttore perché richiesti direttamente dal mercato».