Comportamento ciclico di pilastri in c.a. rinforzati con camicie in HPFRC
Articolo presentato all'Italian Concrete Days
Una delle principali cause di preoccupazione per le strutture in calcestruzzo armato consiste nella riduzione di durabilità a causa dei possibili fenomeni di corrosione delle barre di armatura.
Localizzazioni di deformazioni, variazioni di resistenza e capacità rotazionale possono inoltre influenzarne significativamente la capacità portante in caso di evento sismico. Una tecnica innovativa di riparazione e rinforzo di pilastri in c.a. danneggiati consiste nell’adozione di camicie in HPFRC.
Lo scopo dello studio è quello di investigare il comportamento di elementi rinforzati, non danneggiati o corrosi, soggetti a carichi ciclici, attraverso l’esecuzione di analisi numeriche non lineari.
Il fenomeno corrosivo è stato simulato attraverso una variazione delle proprietà meccaniche delle barre di armatura. Un confronto con i risultati delle prove sperimentali in scala reale effettuate presso i laboratori dell’Università di Bergamo ha permesso di mettere in luce la validità del modello realizzato e di rimarcare l’efficacia della tecnica di rinforzo analizzata.
Il problema della durabilità dei pilastri in Calcestruzzo Armato: introduzione
La riduzione di vita utile dovuta a fenomeni di corrosione delle barre di armatura è causa di preoccupazione per numerose strutture in cemento armato, soprattutto se realizzate con calcestruzzi di scarsa qualità.
Gli effetti strutturali della corrosione sono molteplici e ben noti. Possono verificarsi una riduzione di sezione resistente delle barre d’armatura e una significativa riduzione di duttilità delle barre (Cairns et al. 2005; Imperatore & Rinaldi 2008), e quindi di duttilità locale dell’elemento. La corrosione può inoltre causare fessurazione, localizzazioni di tensioni ed influenzare il comportamento d’aderenza (Almusallam et al., 1996; Coronelli, 2002; Prieto et al., 2011, Coccia et al., 2016).
Di conseguenza, il comportamento sismico di una struttura degradata può essere ben diverso da quanto atteso, poiché, a causa della corrosione, possono generarsi pericolosi fenomeni di localizzazione delle deformazioni, tali da indurre variazioni delle modalità di rottura (Meda et al. 2014a; Meda et al. 2014b; Di Carlo et al. 2015).
Interventi di riparazione si rendono quindi necessari per queste strutture, con lo scopo di ripristinare la capacità portante originaria e di assicurare una adeguata durabilità. Numerose ricerche sono state condotte negli ultimi anni per investigare la possibilità di utilizzare calcestruzzi fibrorinforzati ad alte prestazioni (HPFRC) per il rinforzo di strutture in c.a. (Marini & Meda 2009; Martinola et al. 2007, Martinola et al. 2010; Preti & Meda 2013; Kobayashi & Rokugo 2013; Massicotte & Boucher-Proulx 2013; Meda et al. 2014).
L’efficacia dell’applicazione di camicie in HPFRC per la riparazione di pilastri e travi d’angolo esistenti viene mostrata in Beschi et al. (2011) ed in Beschi et al. (2015). La possibilità di utilizzare la tecnica in esame su pilastri in c.a. corrosi è stata affrontata in Meda et al. (2015). Per questo tipo di strutture, infatti, la riduzione della capacità portante a causa dell’uso di materiali di scarsa qualità e della corrosione delle barre di armature può comportare seria preoccupazione.
Scopo del lavoro è la valutazione del comportamento strutturale di pilastri in c.a., non danneggiati o corrosi (denominati nel seguito UC e CC), rinforzati con tale tecnica innovativa e soggetti a carichi ciclici, adottando un approccio di tipo numerico. Una notevole attenzione è posta nella definizione del modello tridimensionale e nella simulazione della corrosione delle barre di armatura, attraverso una variazione del legame costitutivo dell’acciaio (Imperatore & Rinaldi 2008; Imperatore et al. 2016).
Il modello numerico è sviluppato e validato con esplicito riferimento ai risultati di prove sperimentali cicliche in scala reale effettuate presso l’Università di Bergamo su pilastri soggetti artificialmente a corrosione delle armature e successivamente riparati con l’utilizzo di una camicia in calcestruzzo fibrorinforzato ad alte prestazioni (Meda et al. 2015).
PROVE SPERIMENTALI
La valutazione sperimentale del comportamento ciclico di un pilastro in scala reale con armatura corrosa, riparato con una camicia in HPFRC, è stata eseguita presso l’Università di Bergamo e descritta in Meda et al. (2015). In particolare è stato realizzato un pilastro di altezza pari a 1.80 m, con sezione quadrata di lato 300 mm, armato con 4 barre Æ16 mm e staffe Æ8 mm poste ad interasse pari a 300 mm (Fig. 1). Nella zona di applicazione del carico orizzontale, ad una quota di 1.50 m dall’estradosso della fondazione, l’interasse delle staffe è ridotto a 100 mm. L’elemento è realizzato su una fondazione di dimensioni pari a 1.3 m x 0.6 m x 0.5 m, armata simmetricamente con 4 barre Ø20. La gabbia di armatura completa è mostrata in Figura 1.
Sono stati adottati un calcestruzzo avente resistenza cubica media pari a 20 MPa, tipico delle costruzioni anni ’60-’70 in Italia ed un acciaio classificabile come B500C, con resistenze medie di snervamento e ultima pari rispettivamente a 520 MPa e 620 MPa. Le barre longitudinali sono state quindi sottoposte ad una corrosione artificiale al fine di ottenere una perdita di massa pari a circa il 20%.
L’armatura trasversale, opportunamente protetta, non è stata soggetta a corrosione. Ulteriori dettagli sulla modalità di conferimento della corrosione possono essere trovati in Meda et al. (2015).
Successivamente, sono state eseguite una serie di operazioni necessarie per l’applicazione della camicia in HPFRC al pilastro in c.a. Lo spessore di copriferro deteriorato in corrispondenza delle quattro barre longitudinali è stato rimosso e le armature sono state pulite manualmente al fine di eliminare i prodotti della corrosione. Per garantire una idonea connessione della camicia con la fondazione è stata realizzata una tasca di 80 mm.
Una sabbiatura della superficie laterale del pilastro è stata quindi eseguita per assicurare una adeguata adesione tra il calcestruzzo del supporto e la camicia in HPFRC. Infine è stata realizzata una camicia di spessore 40 mm con un calcestruzzo fibrorinforzato ad alte prestazioni caratterizzato da una resistenza cubica media a compressione pari a 130 MPa e da una resistenza monoassiale a trazione di circa 6 MPa.
Il carico flessionale misurato su travette è pari a circa 42 kN (tensione nominale 12.6 MPa). Le fibre utilizzate sono di tipo rettilineo in acciaio, con una lunghezza di 15 mm, un diametro di 0.175 mm ed un contenuto in volume dell’1.2%.
Il set-up di prova è rappresentato in Figura 2, insieme alla storia di carico ciclico assegnata.
Una forza orizzontale è stata impressa al pilastro, ad una quota pari a 1.50 m dallo spiccato di fondazione, attraverso un martinetto elettromeccanico da 500 kN, in presenza di un carico assiale costante pari a 400 kN.
Gli spostamenti sono misurati con un sistema di trasduttori e di LVDTs.
I risultati ottenuti sono mostrati in Figura 3 attraverso un diagramma carico (F) - drift (d/h), essendo d lo spostamento del punto di applicazione del carico orizzontale e h l’altezza del pilastro. Il massimo carico positivo registrato è pari a circa 86 kN per un drift dello 0.75%, mentre il carico massimo negativo è pari a circa 100 kN per un drift dell’1%.
Nei cicli successivi si evidenzia una significativa riduzione della resistenza dell’elemento. A partire da un valore di drift pari allo 0.75% sono stati registrati una stabilizzazione dello sviluppo delle fessure nella camicia esterna e l’innesco di un danneggiamento locale della camicia in HPFRC nella sezione di interfaccia tra pilastro ed estradosso fondazione.
In particolare, si è verificato un graduale distacco della camicia in calcestruzzo fibrorinforzato dalla base della fondazione, nel caso di drift positivo, con un conseguente pinching dei cicli carico-spostamento per valori del drift maggiori dell’1.5%.
3 MODELLO NUMERICO
Il comportamento ciclico dell’elemento, non corroso o corroso, rinforzato con la camicia in HPFRC è stato indagato tramite analisi numeriche non lineari, mediante il software agli elementi finiti TNO Diana (2005). La geometria del campione, le condizioni di vincolo, le proprietà dei materiali e gli schemi di carico sono stati assunti in accordo con Meda et al. (2015), Di Carlo et. al (2015 e 2016), al fine di calibrare e validare la risposta dell’elemento.
3.1 Mesh, condizioni di vincolo e di carico
La geometria del modello numerico, con riferimento agli elementi di calcestruzzo e all’armatura longitudinale e trasversale, è rappresentata in Figura 4. La struttura è stata modellata con elementi solidi di tipo brick a otto nodi (HX24L), mentre l’armatura è definita come elemento monodimensionale a due nodi. La mesh utilizzata per la discretizzazione del pilastro è cubica di lato pari a 5 cm. Per la struttura di fondazione è stata scelta una mesh meno fitta, di tipo parallelepipedo, con dimensione caratteristica pari a 10 cm.
Particolare attenzione è stata posta nella riproduzione dello schema di vincolo sperimentale.
Con riferimento al sistema x-y-z mostrato in Figura 5 i seguenti spostamenti sono stati impediti: gli spostamenti lungo la direzione z di tutti i nodi della base; gli spostamenti lungo y di tutti i nodi del piano y = 0 ; gli spostamenti lungo x dei nodi delle due linee verticali centrali delle sezioni di estremità della fondazione. Infine, a tutti i nodi della sezione trasversale posta alla quota di applicazione del carico orizzontale è stata assegnata una proprietà di piano rigido, imponendo l’uguaglianza degli spostamenti lungo la direzione x, attraverso una relazione di tipo master-slave (Fig. 5).
L’analisi è stata condotta in controllo di spostamento. In una prima fase è stato applicato il peso proprio dell’elemento strutturale e l’azione assiale presente nella sezione di sommità del pilastro, pari a 400 kN, attraverso quattro step di carico. Successivamente è stata imposta a tutti i punti posti a quota 1.50 m la storia temporale ciclica di spostamenti orizzontali, di ampiezza crescente fino a rottura, applicata sperimentalmente (Fig. 2).
3.2 Legame costitutivo del calcestruzzo
Il calcestruzzo è stato modellato con un legame costitutivo “Total strain rotating crack model”. Il comportamento in compressione è stato simulato con
il modello proposto da Mander et al. (1988), con parametri definiti in accordo ai risultati sperimentali.
In particolare, il modulo elastico di Young e la resistenza a compressione sono stati rispettivamente assunti pari a 25250 MPa e 19 MPa. Per il ramo in trazione è stata adottata la funzione di softening proposta da (Hordijk 1986; Cornelissen et al. 1991), basata sui valori di resistenza a trazione e dell’energia di frattura, posti rispettivamente pari a 1.49 MPa e 0.124 MPa, in accordo alle indicazioni del Fib Model Code 2010 (2013).
3.3 Legame costitutivo del calcestruzzo fibrorinforzato ad alte prestazioni
Il calcestruzzo fibrorinforzato ad alte prestazioni è stato modellato con un legame costitutivo “Total strain rotating crack model”. Per il ramo in compressione è stata implementata una legge multilineare caratterizzata da un modulo di Young pari a 45078 MPa e da una resistenza di picco pari a 109 MPa. Il comportamento a trazione è stato modellato con una legge multilineare, definita in accordo con i risultati delle prove di trazione monoassiale eseguite (Meda et al. 2015), come mostrato in Figura 6.
3.4 Legame costitutivo dell’acciaio
Le barre di armatura sono state modellate con elementi di tipo “embedded reinforcement”, utilizzando il legame costitutivo ciclico proposto da Monti & Nuti (1992). In particolare è stata implementata una legge di incrudimento di tipo misto cinematico e isotropo, caratterizzata dai seguenti parametri: modulo elastico E; tensione di snervamento iniziale sy o; pendenza del ramo di primo incrudimento bo; parametro di curvatura iniziale Ro; due costanti del materiale A1 e A2; coefficiente di peso P. Il comportamento delle barre longitudinali corrose è stato simulato come proposto in (Imperatore & Rinaldi 2008; Imperatore et al. 2016), attraverso variazione del legame costitutivo dell’acciaio in funzione della percentuale di corrosione, mantenendo la sezione nominale della barra stessa.
Nel presente lavoro, in accordo con Monti & Nuti (1992) e Dhakal & Maekawa (2002), il peso P è stato assunto pari a 0.9, la curvatura iniziale Ro pari a 20 ed i coefficienti A1 e A2 pari rispettivamente a 18.5 e 1e-5. Riguardo i valori della tensione di snervamento iniziale sy o e della pendenza del ramo di primo incrudimento bo, sono stati utilizzati i valori misurati, essendo disponibili i risultati delle prove sperimentali di trazione effettuate sulle barre non corrose UC e corrose CC (Fig. 7 e Tab. 1).
Appare opportuno ricordare che le staffe non presentano degrado da corrosione (essendo state trattate con vernici antiruggine) e sono state modellate con riferimento alle proprietà meccaniche misurate sperimentalmente per le barre non corrose.
... continua
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