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Completamento opere in pendenza di condono: cosa si può fare?

Qualsiasi intervento edilizio (anche minore) eseguito su manufatti abusivi al di fuori delle procedure ex art. 35 legge 47/1985 ripete comunque le caratteristiche di illegittimità dell'opera principale ed è quindi abusivo.

Quali tipi di lavori si possono eseguire su un abuso edilizio per il quale è stato richiesto il condono edilizio? In pratica: come ci si può 'muovere' in pendenza di sanatoria?

Un bel riassunto delle regole ce lo propone il TAR Lazio con la sentenza 15293/2024 dello scorso 26 luglio, relativa al ricorso contro il diniego parziale di condono edilizio emesso dal comune in relazione ad un'istanza di condono trasmessa in data 1° aprile 1986.

 

Gli interventi edilizi in pendenza di condono

L'stanza di condono aveva ad oggetto la realizzazione di una porzione di fabbricato composta da un piano terra adibito a garage e un primo piano.

Nelle more del procedimento di condono, il locale ubicato al piano terra aveva subito un cambio di destinazione d’uso (da garage a residenziale). Risultava infatti creata (in data successiva rispetto alla data del 1° aprile 1986 di trasmissione dell'istanza di condono) una “suddivisione in 7 ambienti di cui due rifiniti a bagno, tre stanze da letto, un soggiorno ed un disimpegno”.

Per il comune si trattava di opere abusive in pendenza di condono, mentre il ricorrente lamenta che il provvedimento gravato sarebbe stato adottato in spregio del silenzio-assenso precedentemente formatosi sull’istanza di condono del 1° aprile 1986; silenzio-assenso perfezionatosi grazie all’inutile decorso del decorso del termine di 24 mesi previsto dall’art. 35, comma 17, della legge 47/1985.

 

Opere edilizie in attesa di sanatoria: quando sono abusive

Il TAR richiama il consolidato insegnamento della giurisprudenza amministrativa a rigore del quale “in presenza di manufatti abusivi non sanati né condonati, gli interventi ulteriori (sia pure riconducibili, nella loro oggettività, alle categorie della manutenzione straordinaria del restauro e/o del risanamento conservativo, della ristrutturazione, della realizzazione di opere costituenti pertinenze urbanistiche), ripetono le caratteristiche di illegittimità dell’opera principale alla quale ineriscono strutturalmente, sicché non può ammettersi la prosecuzione dei lavori abusivi a completamento di opere che, fino al momento di eventuali sanatorie, devono ritenersi comunque abusive, con conseguente obbligo del Comune di ordinarne la demolizione; ciò non significa negare in assoluto la possibilità di intervenire su immobili rispetto ai quali pende istanza di condono, ma solo affermare che, a pena di assoggettamento alla medesima sanzione prevista per l’immobile abusivo cui ineriscono, ciò deve avvenire nel rispetto delle procedure di legge, ovvero segnatamente dell’art. 35, l. n. 47 del 1985, ancora applicabile per effetto dei rinvii operati dalla successiva legislazione condonistica (Consiglio di Stato sez. II, 05/12/2019, n.8314)” (Cons. St., sez. VII, 12 giugno 2023, n. 5754).

 

Quando si possono completare le opere? Le regole del Primo condono edilizio

Il TAR precisa che, se da un lato è vero che in pendenza dell’istanza di condono edilizio il soggetto istante ben può intervenire sull’immobile di cui ha chiesto la sanatoria, dall’altro lato è anche vero, però, che ciò può avvenire soltanto nel rispetto delle apposite previsioni contenute nell’art. 35, legge 47/1985 (cd. Primo condono edilizio), il cui comma 14 stabilisce quanto segue: “Decorsi centoventi giorni dalla presentazione della domanda e, comunque, dopo il versamento della seconda rata dell’oblazione, il presentatore dell’istanza di concessione o autorizzazione in sanatoria può completare sotto la propria responsabilità le opere di cui all’art. 31 non comprese tra quelle indicate dall’art. 33. A tal fine l’interessato notifica al comune il proprio intendimento, allegando perizia giurata ovvero documentazione avente data certa in ordine allo stato dei lavori abusivi, ed inizia i lavori non prima di trenta giorni dalla data della notificazione. L’avvenuto versamento della prima e della seconda rata, seguito da garanzia fideiussoria per il residuo, abilita gli istituti di credito a concedere mutui fondiari ed edilizi. I lavori per il completamento delle opere di cui all’art. 32 possono essere eseguiti solo dopo che siano stati espressi i pareri delle competenti Amministrazioni. I lavori per il completamento delle opere di cui al quarto comma dell’art. 32 possono essere eseguiti solo dopo che sia stata dichiarata la disponibilità dell’ente proprietario a concedere l’uso del suolo”.

Si tratta quindi di una procedura speciale per consentire il completamento delle opere abusive in attesa di sanatoria.

Nel caso di specie, è pacifico che l’intervento edilizio contestato (realizzato dopo la data di presentazione dell’istanza di condono) non è stato eseguito nel rispetto del procedimento previsto dal surrichiamato art. 35, legge 47/1985.

Ne consegue che esso era in radice vietato alla luce del surrichiamato insegnamento giurisprudenziale, secondo cui qualsiasi intervento edilizio (anche minore) eseguito su manufatti abusivi al di fuori delle procedure ex art. 35 legge 47/1985 – ancorchè riconducibile alle categorie della manutenzione straordinaria, del restauro e/o del risanamento conservativo, della ristrutturazione e della realizzazione di opere costituenti mere pertinenze urbanistiche – ripete comunque le caratteristiche di illegittimità dell’opera principale.

Tra l'altro, nel caso di specie il particolare intervento edilizio contestato (consistente nel cambio di destinazione d’uso del piano terra) – lungi dal configurarsi come un mero intervento “minore” di manutenzione straordinaria o restauro/risanamento conservativo – ha determinato un complessivo stravolgimento del piano terra (trasformato da garage ad abitazione residenziale).

In ogni caso, l'effettuazione di ulteriori lavori sulla porzione immobiliare abusiva interessata dalla domanda di condono – tanto più se di così rilevante impatto – è preclusa a priori (e quindi non condonabile), in quanto non è avvenuta nel rispetto dei limiti procedimentali stabiliti dall’art. 35, c. 14, l. n. 47 del 1985.

Ciò in coerenza con la consolidata giurisprudenza secondo cui la trasformazione in assenza di titolo abilitativo del manufatto sottoposto a sanatoria vale a giustificare il diniego di condono, impedendo all'amministrazione di verificare l’effettiva corrispondenza tra le opere abusivamente realizzate e quelle descritte nella domanda di sanatoria.

 

Domanda di condono e completamento dell'abuso edilizio: quando, nell'attesa, si può completare l'opera?

La presentazione della domanda di condono non autorizza l'interessato a completare né tantomeno a trasformare o ampliare i manufatti oggetto della richiesta i quali, fino al momento dell'eventuale concessione della sanatoria, restano comunque abusivi.


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E il silenzio assenso? Le regole

Sedondo le regole dell'art. 35 della già citata legge 47/1985, la domanda di condono si intende accolta in presenza delle seguenti condizioni:

  • (i) ultimazione delle opere abusive entro il 1° ottobre 1983;
  • (ii) decorso del termine perentorio prefissato per una pronuncia espressa dell’amministrazione comunale;
  • (iii) pagamento dell’oblazione e degli oneri concessori dovuti;
  • (iv) produzione della documentazione e delle denunce richieste.

Inoltre, la mancata definizione della sanatoria da parte dell’amministrazione comunale entro il termine perentorio all’uopo prefissato non determina ope legis la regolarizzazione dell’abuso in applicazione dell’istituto del silenzio assenso, qualora manchino i presupposti di fatto e di diritto normativamente richiesti, tra cui, segnatamente:

  • quello del completamento delle opere abusive entro la data del 1° ottobre 1983, senza che ovviamente esse possano essere ultimate e/o modificate ex post in pendenza della domanda di condono;
  • quello dell’integrale produzione documentale richiesta a corredo di quest’ultima;
  • quello dell’assenza di qualsiasi rappresentazione della realtà dei luoghi dolosamente infedele.

Ne deriva che il titolo abilitativo tacito si può dire formato soltanto se la domanda di sanatoria è conforme al relativo modello legale e, quindi, se è in grado di comprovare che ricorrono tutte le condizioni previste per il suo accoglimento, ivi compresa la non avvenuta trasformazione dell’opera abusiva e la completezza della documentazione richiesta a suo corredo, la mancanza di taluna di esse impedendo in radice che possa avviarsi (e concludersi) il procedimento di condono, in cui il decorso del tempo è mero coelemento costitutivo della fattispecie autorizzativa.

Nel 'nostro' caso, la comprovata modificazione ex post dell’opera abusiva (ovverossia la trasformazione in senso residenziale del piano terra originariamente adibito a garage) impedisce il rilascio del provvedimento di sanatoria edilizia, a nulla rilevando il fatto che tale modificazione sia intervenuta soltanto in data successiva rispetto alla decorrenza del termine di 24 mesi utile ai fini del perfezionamento del silenzio assenso.


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Allegati

Abuso Edilizio

L'abuso edilizio rappresenta la realizzazione di opere senza permessi o in contrasto con le concessioni esistenti, spaziando da costruzioni non autorizzate ad ampliamenti e modifiche illegali. Questo comporta rischi di sanzioni e demolizioni, oltre a compromettere la sicurezza e l’ordine urbano. Regolarizzare tali abusi richiede conformità alle normative urbanistiche, essenziale per la legalità e il valore immobiliare.

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