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COMPETENTE a chi?! Trattazione semiseria sulle competenze professionali

Le categorie professionali su questo punto sono state come leoni che mirano ad una stessa preda: per anni le hanno girato attorno senza affondare mai il colpo decisivo; adesso la preda è morta di vecchiaia ed i leoni sono affamati. E in tempo di crisi ci si batte anche per le carcasse… Se non partiamo da una diversa visione del problema, non potremo mai risolvere la diatriba.

Riportiamo qui un estratto dell'articolo dell'ing. Barocci, che facendo seguito alla ormai famosa sentenza sulla progettazione di strutture in cemento armato. L'articolo in forma completa è leggibile in allegato.

... Fino agli inizi del 1900, nessuno si era preoccupato di differenziare le responsabilità nell’edilizia, soprattutto per costruzioni correnti: le case erano letteralmente quattro muri e un unico elemento (il paramento murario) fungeva da isolamento visivo, struttura, isolamento termico, isolamento acustico. Il tutto era realizzato con le regole dell’arte, tramandate da secoli di esperienza (e, in qualche modo, ancora “travasate” nelle moderne NTC sotto la definizione di “edificio semplice in muratura”). Gli impianti erano minimali.

Poi, all’inizio del XX secolo, fa la sua comparsa questo materiale innovativo, quasi rivoluzionario, chiamato “Cemento Armato”, che scompiglia tutte le carte in tavola. Inizia a diffondersi in maniera intensiva per via della sua facilità di esecuzione, ma è da subito evidente che “si parla di qualcos’altro”: il c.a. si prende carico della sola parte strutturale.
A questo punto alcune competenze professionali cominciano ad essere inadeguate, ed è necessario provare a definirle; viene emanato il R.D. 274/1929 che, nel suo articolo 16, tra le cose che posso fare i Geometri riporta: progetto, direzione, sorveglianza e liquidazione di costruzioni rurali e di edifici per uso d’industrie agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone.
Questi ultimi aspetti sono stati poi ripresi e meglio specificati nel R.D. 2229/1939: “Ogni opera di conglomerato cementizio semplice od armato, la cui stabilità possa comunque interessare l'incolumità delle persone, deve essere costruita in base ad un progetto esecutivo firmato da un ingegnere, ovvero da un architetto iscritto all'albo”.

Attenzione, nota importante: qui il progettista e direttore lavori è ancora unico, non esistono strutturisti, impiantisti, certificatori, ecc… La restrizione del Regio Decreto è quindi sacrosanta: visto che tu, come progettista, ti occupi di tutti gli aspetti inclusi quelli strutturali, se per questi ultimi (in special modo quelli innovativi come il c.a.) non hai le competenze allora non puoi progettare. Mi sembra che la ratio dell’allora normatore fosse chiara.

Inizia quindi una serie di contenziosi, sentenze, livelli di giudizio che si trascinano fino ad oggi; in ciascuno di essi si fa riferimento al R.D. del ’29 ed a quello del ’39, oltre che all’utopistica possibilità di definire le parole “di limitata importanza”.
Ogni atto giudiziario, ogni sentenza, è diversa dai precedenti, anche in maniera diametralmente opposta e, in funzione del responso viene acclamata come vittoria (o bisbigliata in sordina come sconfitta) da Geometri, Architetti o Ingegneri; di solito, in queste vicende, Architetti e Ingegneri sono coalizzati.

Mi ripeto: parliamo di contenziosi basati su leggi di quasi 90 anni fa; nel frattempo il c.a., che allora era innovativo ed è stato la miccia nella polveriera, è ordinario e sono comparsi altri materiali e sistemi costruttivi (parimenti "innovativi"). Le categorie professionali su questo punto sono state come leoni che mirano ad una stessa preda: per anni le hanno girato attorno senza affondare mai il colpo decisivo; adesso la preda è morta di vecchiaia ed i leoni sono affamati. E in tempo di crisi ci si batte anche per le carcasse…

Se non partiamo da una diversa visione del problema, non potremo mai risolvere la diatriba.

 

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